«Una Grande Milano del biotech»

Così la ricerca può creare un’area di eccellenza:«Rinunciamo ai particolarismi e pensiamo a una stra

Anche se in Italia pare quasi impossibile mettersi d’accordo, almeno su una questione nessuno sembra più avanzare dubbi: se vogliamo rimanere un Paese di punta e provare a recuperare almeno parte della competitività che stiamo perdendo, dobbiamo investire massicciamente in ricerca e innovazione. Sulle ricette la discussione è accesa, ma la necessità di una svolta ormai nessuno osa negarla. A questo proposito la Giornata Nazionale contro i Tumori ha messo in evidenza una preziosa opportunità, segnalata da Giuseppe Remuzzi sul Corriere di domenica 16 novembre: «Milano è la città ideale per lanciare un grande progetto lombardo sulla ricerca».
Concordo con Remuzzi, e se possibile andrei anche oltre: dall’eccellenza dei nostri laboratori può venire anche una risposta ai timori di crisi del sistema milanese. Provo a spiegarmi. Milano, tuttora traino economico ed emblema della modernità in Italia, non può valorizzare le sue eccellenze solo nel campo della moda o del design; deve sapere essere guida anche in campo scientifico e tecnologico, a partire dalla sua notevolissima concentrazione di talenti.

Proprio nel settore biomedico, Milano sta esprimendo una grande vitalità, testimoniata non solo dall'incredibile attivismo di Umberto Veronesi ma anche dal lavoro di migliaia di ricercatori attivi nei laboratori ospedalieri, universitari (Statale e Bicocca ma anche delle altre accademie lombarde, come Pavia e Insubria) e dei molti enti di ricerca pubblici e privati ricordati nei giorni scorsi.
E’ un patrimonio straordinario a cui va sommato quello dell’industria biotecnologica, che comincia ad attirare capitali anche in Italia, come dimostra l’interesse manifestato da Francesco Micheli e da molte società di venture capital italiane e straniere. Nell’area milanese nascono nuove imprese che prendono il posto delle vecchie aziende farmaceutiche in declino. In Lombardia è concentrato il 50% delle aziende biotecnologiche italiane, sono attive molte iniziative di sostegno come Biopolo e Bioiniziativa, stanno per vedere la luce nuovi importanti progetti.
Un momento fortunato, che andrebbe accompagnato da politiche pubbliche in grado di favorirne lo sviluppo e di fare definitivamente dell’area metropolitana milanese un’area di eccellenza a livello mondiale. All’estero sono molte le città che hanno fatto della ricerca biomedica un punto di forza, di identità e di attrazione di investimenti esteri. Lione, all’eterna ricerca di rivalsa nei confronti di Parigi, ne è un esempio eclatante.
Dovremmo provarci anche noi. Le condizioni oggettive perché la nostra metropoli diventi un’area di eccellenza nella ricerca biomedica ci sono tutte. Vanno invece sperimentate quelle soggettive, ovvero la volontà di rinunciare ai soliti particolarismi e di far sedere tutti i protagonisti attorno a un tavolo per elaborare una strategia comune. Le istituzioni milanesi hanno più volte dimostrato di essere naturalmente refrattarie a questa ricetta. Ma c’è da essere ottimisti: dalla ricerca biomedica potrebbe anche venire una cura per i mali di Milano.

Fonte: (30/11/2003)
Pubblicato in Analisi e Commenti

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