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In America primo sì a carne e latte "clonati"


E’ la svolta attesa dalle aziende alimentari. Entro un anno potrebbe arrivare la decisione definitiv

A cena una bistecchina di clone di vitello, a colazione un bel cappuccino con latte di mucca clonata, per merenda magari un formaggio di pecora proveniente dai proponipoti di Dolly.

La possibilità che sulle nostre tavole, sugli scaffali dei nostri supermercati e sui banconi dei macellai arrivino carni e latticini provenienti da animali clonati si sta avvicinando a grandi passi.

La prestigiosissima Food and drug administartion (Fda), l'agenzia governativa americana che controlla il mercato alimentare e farmaceutico, è giunta alla conclusione che «latte e carni provenienti da cloni sani non pongono alcun rischio per la salute».

Ma perchè l'opinione della Fda - che ha già promesso nuovi studi, approfondimenti e dibattiti con il pubblico - divenga autorizzazione ufficiale, ci vorrà comunque all'incirca quasi un altro anno. La strada però, come si auguravano le aziende alimnetari, è stata aperta e, secondo molti, è ormai segnata.

Quello che solo sette anni fa, ai tempi della clonazione della povera pecora Dolly - peraltro morta di recente dopo aver sviluppato nel tempo una serie di anomalie - appariva ancora fantascienza sta diventando realtà.

Le reazioni delle associazioni dei consumatori Usa all'annuncio dell'Agenzia federale sono state contraddistinte dalla preoccupazione.
Per questo hanno chiesto ulteriori indagini e approfondimenti

L'opinione della Fda - contenuta in un breve sommario di 11 pagine - è basata sul rapporto presentato dall'altrettanto prestigioso Consiglio Nazionale delle Ricerche Usa. Il Cnr ha concluso che i cibi provenienti da animali-fotocopia sono sicuri per la salute.

La Fda ha assicurato che nei prossimi mesi lavorerà per rispondere a due quesiti fondamentali. Verificare cioè che gli animali clonati siano sani e che i loro prodotti contengano valori nutrizionali identici a quelli presenti negli alimenti derivati dalle bestie "originali".

Eppure sulla base dei risultati preliminari, Stephen Sundlof, direttore del dipartimento di veterinaria dell' Agenzia, non ha avuto peli sulla lingua nel sostenere «ci sembrano essere pochissime, ammesso che ne ce ne siano, preoccupazioni per la sicurezza di questi prodotti». E se il consuimo sarà autorizzato - ha aggiunto «il ruolo della Fda sarebbe minimo, come per il cibo tradizionale». Il che segnificherebbe niente etichette speciali ad indicare ai consumatori che stanno per mettere sotto i denti un po' di prosciutto di clone.

Quanto ai rischi che gli animali clonati - come avviene ancora nella maggior parte dei tentativi - presentino deformità o difetti alla nascita ed il cibo da loro derivato sia in qualche modo pericoloso, la Fda ha promesso che analizzerà la questione.

Per ora l'Agenzia americana ha invece evitato di occuparsi di un altro tema scottante: quello delle possibili "varianti" ai cloni veri e propri che vengono create in molti laboratori, sulla scia degli alimenti Ogm che hanno scatenato un contenzioso tra Usa ed Europa.

Per ora però per allevatori e produttori mandare sul mercato carni di un bovino clonato sarebbe una totale perdita - una mucca fotocopia costa almeno 20mila dollari ed un suo hamburger 100 dollari - ma l'industria si prepara al grande assalto studiando clonazioni a catena.

Fonte: Il Gazzettino (01/11/2003)
Pubblicato in Percezione e problemi biotech
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