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In Italia il record dei test genetici


In un anno 230 mila esami sui cromosomi e 164 mila sul Dna. «Troppi e usati male»

ROMA - Scoprono di essere in dolce attesa e corrono a cercare certezze in laboratorio. Hanno un unico, comprensibile, desiderio: assicurarsi che il bambino sia sano. E per non trascorrere la gravidanza tra mille ansie si affidano a un test che è sulla bocca di tutte le mamme, l’amniocentesi. Un’analisi super abusata e inutile per il 20% delle donne. «Un neonato su cinque in Italia è monitorizzato prima di nascere con questa tecnica invasiva - denuncia il genetista Bruno Dallapiccola -. Troppe pazienti si sottopongono al prelievo del liquido amniotico quando non ci sono indicazioni di età, quindi prima dei 35 anni, né precedenti di malattie cromosomiche in famiglia. È uno scandalo». L’altra faccia della medaglia. All’amniocentesi sfuggono, per motivi mai investigati, il 25% delle future mamme che invece ne avrebbero bisogno. Questo esame prenatale è solo uno dei tanti esempi di uso errato dei test genetici.

BOOM - Fenomeno in preoccupante crescita in Italia dove, nel 2002, sono state compiute la bellezza di 230 mila indagini cromosomiche, il 31,5% in più rispetto al 2000. Si aggiungono le 164 mila diagnosi molecolari o geniche. Quelle che ci dicono se siamo portatori di mutazioni nel Dna tali da determinare malattie o di esporci al rischio di svilupparle. L’aumento della domanda è del 42 per cento. Il censimento, unico nel suo genere in Europa, è stato curato dall’Istituto Mendel e dalla Sigu, la Società italiana di genetica umana.
Il problema più grave collegato alla lievitazione di test che possono rivelare se avrai un bimbo con la sindrome di Down, se sei portatore di fibrosi cistica o se sei a rischio di ammalarti di cancro, cuore o diabete (in quest’ultimo caso si parla di test predittivi), è che raramente le diagnosi vengono accompagnate dalla consulenza di uno specialista. Accade che il malcapitato viva col magone dell’infarto solo perché gli è stata trovata una mutazione comune. Molto spesso nei centri manca chi guida verso un uso ragionato del test e chiarisca il significato della risposta al paziente, risparmiandogli paure o tranquillità ingiustificate.
CROMOSOMI - I test citogenetici, sul cromosoma, nel 2002 sono stati 230.040. Circa 100.000 le amniocentesi, raccomandate solo dopo i 35 anni, ma molto popolari tra le giovani. Alla donna spesso non vengono date le informazioni necessarie: «Non sanno che il rischio zero non esiste, neppure per una ventenne, e che comunque resta il 3% di possibilità che il feto abbia un’anomalia - spiega il genetista dell’Istituto Mendel -. Oltretutto si tratta di tecniche invasive, che mettono a repentaglio la sopravvivenza del piccolo e non aggiungono quasi nulla a livello predittivo. A 20 anni il rischio di fare figli con handicap è di uno su 1.500. Mentre la possibilità di procurare un aborto con l’amniocentesi è una su 200». Pochi però si soffermano su questi particolari che invece dovrebbero guidare la donna «non attempata» verso una scelta consapevole. Il censimento ha messo in luce una nuova tendenza. Sessantadue coppie, clienti di centri di fecondazione artificiale, hanno voluto accertarsi della salute del bambino prima che l’embrione venisse impiantato. Tecniche definite da Dallapiccola «sperimentali e con ampio margine di errore».

GENI - Le indagini sui geni attraversano una fase di fortuna. La diagnostica molecolare prenatale è addirittura raddoppiata. I genitori vogliono sapere se il bimbo in arrivo avrà la fibrosi cistica, ritardi mentali, sordità, distrofia muscolare anche se non ci sono i presupposti per sospettare la presenza di difetti genici. I centri offrono pacchetti completi per accontentare chi vuole farsi predire il futuro del bambino con un sistema spesso impreciso e fuorviante. Sono capitati casi in cui il nascituro è stato dato per sano e invece è nato con gravi malformazioni. E viceversa. Infine, la proliferazione dei centri. In Italia ce ne sono un numero impressionante, 373, contro i 10 della Svezia, il doppio della Francia. Si nota una forte concentrazione al Nord. Un affare che, evidentemente rende, perché i kit sono cari e i clienti alla ricerca di predizioni abboccano facilmente.

Fonte: Corriere della Sera (03/11/2003)
Pubblicato in Biotecnologie
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