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Vaccini e paesi poveri un problema di civiltà


L’avvio di campagne profilattiche e’ sempre preceduto da valutazioni di tipo economico. iniziative p

Mario Valpreda STRUMENTO indispensabile per il controllo e l'eradicazione delle malattie infettive dell'uomo e degli animali, i vaccini hanno scandito varie tappe della medicina moderna. Una storia con molte luci e poche ombre sotto il profilo dei vantaggi ma che, nell'era del mercato globale, richiede un'attenzione particolare da parte dei responsabili della sanità pubblica. Infatti nemmeno i vaccini sfuggono al nodo della relazione imperfetta, propria di tutto il settore farmaceutico, che si instaura quando una tecnologia prodotta industrialmente con obiettivi di profitto, viene utilizzata per uno scopo di utilità collettiva: la tutela della salute pubblica. E’ una dialettica complessa, con vaste implicazioni scientifiche, etiche, sociali ed economiche. La prima riflessione, che riguarda obiettivi e strategie della vaccinazione, è strettamente legata alla tipologia dei vaccini, distinguibili in due categorie generali: i vaccini protettivi e i vaccini di controllo. I vaccini protettivi sono quelli usati per proteggere singoli individui contro conseguenze e complicazioni di una malattia, senza interferire con la presenza e la diffusione del morbo nella popolazione. Paradigmatico in questo senso è il vaccino contro l'influenza, una patologia provocata da un virus caratterizzato da una grande variabilità. Ad ogni stagione epidemica il virus cambia la propria identità e il vaccino antinfluenzale contiene il virus isolato l'anno precedente. Per questo la corrispondenza tra virus circolante e vaccino disponibile non è mai totale e sono possibili insuccessi vaccinali, legati anche alla presenza di una miriade di altri virus che provocano sintomi indistinguibili da quelli dell'influenza. Verso di essi il vaccino antinfluenzale ovviamente non protegge. Poiché pensare di eradicare una malattia con le caratteristiche dell'influenza con un vaccino è impossibile, si è deciso di vaccinare le persone a maggior rischio di complicazioni, cercando di limitare i danni dell'epidemia (morti, ricoveri ospedalieri, complicazioni gravi, spese farmaceutiche).
Il numero di persone vaccinate non ha praticamente effetti sulla circolazione del virus e sulla diffusione dell'influenza, ma quante più persone a rischio sono vaccinate, tanto maggiori saranno i vantaggi collettivi. Vaccini di controllo sono invece quelli usati per impedire la comparsa di una malattia in un’area e tentare di eradicarla. Esempi classici sono i vaccini contro il vaiolo (già eradicato), la poliomielite (in fase di eliminazione), il morbillo. In quest'ultimo caso non si è ancora riusciti a raggiungere un livello di copertura sufficiente a impedire la circolazione virale, con due conseguenze, entrambe negative: la comparsa periodica di nuove epidemie e l'innalzamento dell'età dei casi di malattia, con possibilità di gravi complicazioni. Per questo prima di iniziare una campagna vaccinale ai fini di controllo si devono valutare con attenzione diversi fattori: la presenza di servizi sanitari organizzati su tutto il territorio, di operatori preparati e motivati, di campagne di comunicazione che richiamino la popolazione a rispettare l'obbligo. Ma, attualmente, agli aspetti tecnici e organizzativi dell'uso dei vaccini si è aggiunta anche la questione del rapporto tra sanità pubblica e industrie produttrici. Negli ultimi anni è avvenuto un imponente processo di concentrazione di grandi industrie farmaceutiche che controllano oltre il 70% del mercato mondiale. Anche il giro di affari è aumentato (da 1 a 5 miliardi di dollari/anno) ma, visto con gli occhi di una multinazionale del farmaco, produrre un nuovo vaccino è sempre un rischio. Si calcola infatti che con le nuove tecniche di ingegneria genetica, coniugazione e combinazione, lo sviluppo di un nuovo vaccino richieda investimenti di 500 milioni di dollari e 12-15 anni di lavoro. Il risultato è una licenza di vendita esclusiva per vent'anni. Poi il vaccino potrà essere prodotto liberamente. Quindi l'interesse dei produttori è sviluppare nuovi vaccini da vendere a prezzo elevato ai paesi ricchi. Di contro si osserva un progressivo abbandono dei vaccini tradizionali, meno remunerativi e con un mercato più incerto per le difficoltà economiche dei paesi poveri e per l’inadeguatezza degli aiuti internazionali. Questa situazione allarma l'OMS, che già nel rapporto 2002 ha denunciato lo scandalo di milioni di bambini lasciati senza protezione dai governi nazionali che, non avendo soldi per comperare il vaccino, possono solo attendere che il prezzo si riduca allo scadere del brevetto. Sempre l'OMS ha segnalato il rischio che si interrompano i processi di ricerca e sviluppo in corso sui vaccini contro AIDS, tubercolosi e malaria, infezioni che mietono ogni anno milioni di vittime. I motivi sono sempre gli stessi: sono vaccini che hanno il loro mercato prevalente nei paesi poveri, non in grado di acquistarli. Una colossale iniquità a cui si cerca di rimediare con iniziative tipo quella denominata GAVI (Global alliance for vaccines and immunisation) patrocinata, tra gli altri, da OMS, UNICEF e Banca Mondiale. La GAVI si propone di correggere le distorsioni di mercato favorendo il sorgere di industrie locali. E’ una battaglia di alta civiltà ma difficile in un'epoca in cui i valori etici e solidaristici devono troppo spesso inchinarsi alla logica del profitto ad ogni costo.

Fonte: TuttoScienze (25/03/2004)
Pubblicato in Medicina e Salute
Tag: vaccin, pover
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