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Ogm, l’Europa non ha occhio per il futuro


Non vedevo l’ora di andare ad anuga, la maggiore fiera gastronomica del mondo che si tiene ogni due anni. Ho deciso che avrei dovuto ottenere a tutti i costi un permesso stampa per l’evento nell’istan

Non vedevo l’ora di andare ad anuga, la maggiore fiera gastronomica del mondo che si tiene ogni due anni. Ho deciso che avrei dovuto ottenere a tutti i costi un permesso stampa per l’evento nell’istante esatto in cui ho visto il logo di questa edizione: una bocca femminile con rossetto fuoco che divora la Terra, con l’azzeccatissimo slogan: «Assaggia il futuro». Aggirandomi nel luminoso Koelnmesse Convention Center di Colonia, in Germania, mi sembra di nuotare in un mare di stand di generi alimentari: 168 mila, per l’esattezza, provenienti da 150 nazioni. Questi “crociati del cibo” sono qui riuniti per decidere quali generi e prelibatezze domineranno sugli scaffali di domani. Gli scettici pensano che si tratti di un’esposizione di sciocchezze, dalla vodka ucraina aromatizzata al miele e pepe al vino austriaco impreziosito da particelle di oro puro.

La crociata tedesca anti-Ogm
Il commercio di generi alimentari si sta globalizzando, e la fiera di Anuga svolge in questa dinamica un ruolo cruciale. Perché organizzarla proprio in Germania? Semplice: perché qualsiasi cosa riscuota l’approvazione dei pignoli e schizzinosi tedeschi non può incontrare nessun ostacolo nei mercati in via di sviluppo, come l’India e la Cina. Il futuro a cui accenna lo slogan – probabilmente un domani ancora lontano che rivoluzionerà profondamente le abitudini alimentari globali – finisce per risolversi in un ammasso di stravaganti novità (per esempio alcolici racchiusi in ridicole confezioni a forma di sturalavandino ipodermico!). Eppure il futuro del cibo è tutt’altro: è in corso una vera e propria battaglia culturale. Renate Kunast, ministro tedesco dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, ha inaugurato la fiera con un acceso intervento sulla necessità di etichettatura degli alimenti geneticamente modificati.
È lei a guidare, in Germania, una campagna governativa meticolosa e determinata contro l’imperialismo Ogm americano.

Gli opuscoli distribuiti alla fiera dalla Kunast puntano a costruire una vera e propria fortezza intorno a quella che i tedeschi definiscono l’alimentazione biologica. I prodotti presentati sono puri tentativi di far passare per chic e sofisticato qualcosa che non lo è affatto: snack riscaldabili al microonde, cocktail fatti di Juniper Green Organic London Dry Gin. La parola d’ordine è “organico”: sono cibi sani, non manipolati, dichiaratamente senza fertilizzanti, pesticidi e, soprattutto, intervento genetico, protagonisti di un boom indiscusso e inevitabile. I 139 casi di mucca pazza registrati in Europa dal 1995 a oggi ci hanno resi irremovibili sull’integrità di ciò che mangiamo. E come darci torto? L’iniziativa pro-alimentazione biologica della Kunast è l’alternativa socialista al prione spacca-cervello in tavola, per non parlare delle catastrofi inimmaginabili che la Monsanto e altre aziende del genere hanno in serbo per noi.

Una promessa a cui nessuno crede
Eppure i potenziali vantaggi degli Ogm dovrebbero essere chiari a tutti. Si tratta di una tecnologia miracolosa che – se correttamente gestita da una società matura, onesta e consapevole – potrebbe permetterci di ottenere raccolti incredibili, dovunque, anche in aree marginali. Le piante costruite in laboratorio potrebbero fiorire anche nel deserto, purificare i terreni, aumentare i pascoli, cancellare la malnutrizione, abolire la fame per gli oltre 10 miliardi di abitanti del pianeta di domani. Potrebbero addirittura aiutarci a rispondere ai cambiamenti climatici, un problema non da poco visto e considerato che l’estate scorsa il caldo eccessivo solo in Francia ha mietuto 15 mila vittime. L’agricoltura tedesca, in conseguenza dell’ondata di siccità del 2003, ha attraversato una crisi enorme. Negli ultimi quattro anni, i raccolti globali hanno dato il peggio. Il Wto, riunitosi a Cancun, in Messico, non è riuscito a delineare una strategia comune. E come se non bastasse, gli americani stanno esportando nei paesi in via di sviluppo il loro pericolosissimo modello di esistenza caratterizzato dall’obesità. Il biotech potrebbe cambiare tutto.

Dando retta alle indicazioni della fiera di Anuga, l’unica controstrategia possibile per il settore Ogm è quella di promuovere i propri prodotti come generi di lusso. Se i cibi Frankenstein entrano nella top ten dei gourmet, se vengono presentati come dorata alternativa a quelli convenzionali, se gli amministratori delegati delle aziende più potenti del mondo cominciano a farli mangiare ai propri figli, tutto il mondo seguirà l’esempio. Gli Ogm potrebbero essere il futuro. Ma non lo sono, e lo sanno tutti. I frutti della nostra sempre maggiore competenza in materia di ingegneria genetica vengono costantemente e irrevocabilmente condannati. Il settore ha perso universalmente di credibilità: nessuno si fida degli esperti, nemmeno gli esperti stessi. L‘immagine degli Ogm è stata minata dalla meschinità di fattori collaterali: strategie di vendita non adeguate, corruzione delle oligarchie che li controllano, guerra dei brevetti e superstizione. Anche il più affamato abitante del Mozambico rifiuterebbe alimenti del genere considerandoli un inganno del diavolo. Così stando le cose, l’unica speranza è restare senza etichettatura, e pertanto invisibili. L’Ogm è per i più qualcosa di losco, nessuno vuole cadere nella loro trappola. Avevamo una nuova Rivoluzione Verde in punta di forchetta. Peccato, sembra che abbiamo preferito soffocarla.


Fonte: Boiler (21/05/2004)
Pubblicato in Percezione e problemi biotech
Tag: ogm, europa
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