Antivirus, trasferimento interemisferico
Anche se l'argomento non ha molto a che vedere con i sogni, presenta un analogia con gli interventi terapeutici operata dai sogni.
UN ANTIVIRUS INFORMATICO PER INTERVENIRE SULLE MALATTIE DEGENERATIVE
L’antivirus L’idea di un antivirus informatico mi venne mentre studiavo un caso di gastrite. Il paziente era certo che il suo problema non dipendesse da cause estrinseche, in quanto seguiva un’alimentazione corretta, conduceva una vita regolare, non faceva abuso di farmaci o di altre sostanze, ecc.. Chiesi al signore di identificare un pensiero, un’esperienza vissuta, un’immagine mentale o una qualsiasi rappresentazione, anche di scarsa importanza, che poteva essere collegata al problema. Gli venne in mente la figura del dirigente aziendale che lo riprendeva con un certo tono di voce. Domandai se tale pensiero gli provocasse una intensificazione del disturbo gastrico: rispose affermativamente. Lo invitai, allora, a rimpicciolire l’immagine del dirigente e immediatamente riferì che il fastidio si era affievolito, gli suggerii allora di trasformare il tono di voce del dirigente in quello di un simpatico cartone animato: il disagio scomparve e a distanza di tempo non si ripresentò. L’episodio confermava una mia ipotesi: alcune esperienze passate, immagini mentali, rappresentazioni interne ecc. archiviate in memoria possono provocare nel tempo disturbi psicosomatici. Chiamai le strutture interiori ‘agenti causali interni ’ della malattia, ma non compresi la consistenza della loro struttura e il fattore stimolante l’affezione. Pensai che gli ‘agenti causali interni ’ dovevano possedere qualcosa di anomalo. Scoprii infatti, più tardi, che questi possedevano una o più submodalità analogiche visive o auditive insolite che facilitavano la formazione di caratteristiche alterazioni, pertanto bastava identificarle e correggere, proprio come fanno alcuni antivirus o programmi informatici, e ripristinare il sistema alterato. Le submodalità analogiche visive sono: dimensione, il colore, luminosità, distanza, film o fotografia, ecc. delle nostre immagini interne; le submodalità analogiche auditive sono: volume, tono, ritmo, ecc. dei suoni o voci prodotti internamente. Sperimentai ancora una volta la metodica su una donna affetta dalla ‘rosacea’: da tempo aveva chiazze rosse sul viso e raccontò che il problema le era comparso poco tempo dopo il verificarsi di un’esperienze sgradevole. Consigliai alla signora di rivedere mentalmente quella esperienza al contrario, proprio come quando un film è proiettato alla rovescia. Appena dopo la lei constatò che il pensiero non le dava più noia e quando si guardò allo specchio le macchie si erano alquanto dissolte e nel giro di pochi giorni scomparvero completamente. Usai la metodica su altri soggetti e la tecnica si dimostrò efficace. Alcune persone, però, non riuscivano a trovare dei collegamenti alle affezioni, allora feci scegliere loro esperienze a caso e le modificammo e il procedimento funzionò su alcuni di essi, mentre su altri si svilupparono solo dei miglioramenti. Sperimentai di conseguenza una tecnica affine, senza che il paziente partecipasse in modo attivo e i risultati furono più che incoraggianti, non facevo altro che raccontare una storia inserendo qua e là delle istruzioni antivirali di identificazione dell’agente causale interno e della sua correzione. Una volta raccontai la stessa storia con tono di voce differente e la tecnica sembrò possedere maggiore efficacia. Avevo inserito involontariamente un ‘operatore modale di necessità ’ nel tono di voce e probabilmente l’informazione era arrivata nel punto ove agiscono gli operatori modali, cioè tra la struttura di riferimento (la somma di tutte le nostre esperienze), e la struttura linguistica completa. Provai la variante su di un ragazzo affetto da epilessia e nel giro di una settimana le crisi scomparvero; poi su di un signore affetto da tumore cerebrale, dopo quindici giorni la massa tumorale si era dissolta di ¾ e dopo circa un mese era praticamente scomparsa; in questo ultimo caso poteva trattarsi di una coincidenza perché il paziente molto tempo prima del mio intervento si era sottoposto a radioterapia; alcuni suoi parenti, tuttavia, sostengono che il successo sia dipeso da me. Non è da escludere che le malattie degenerative possano essere causate da zone di memoria contenenti submodalità abnormi la cui attività può provocare nel tempo effetti patologici anche devastanti mettendo in ginocchio interi apparati organici e in crisi altri sistemi. Non ho prove che le anomalie presenti in alcuni punti della struttura di riferimento possano infettare la struttura stessa, ciò nonostante l’idea dell’antivirus è una possibilità da prendere in considerazione. Per le malattie degenerative penso che la soluzione definitiva sia quella di installare nel paziente un programma comportamentale in grado di leggere rapidamente la struttura di riferimento, d’identificare parti contenenti submodalità anomale, pulirle o metterle in quarantena e proteggerla da input esterni in grado di attivare altri siti di memoria quiescenti in essi archiviati. Si può anche pensare ad un programma che aggiorni la struttura di riferimento. E’ possibile che le esperienze vissute, rappresentazioni, ecc. della nostra prima infanzia contengano delle submodalità diverse da quelle che pensiamo di avere. L’esempio è quello di un adulto che visita la casa dove aveva vissuto la prima infanzia e nota che le dimensioni delle stanze o del giardino, ecc. sono diverse, sembrano più piccole di come le aveva registrate in memoria, e pertanto da automaticamente l’avvio all’aggiornamento del ricordo. Per quanto riguarda la progettazione bisognerebbe codificare le istruzioni antivirali in un programma comportamentale (strategia) e installarle in un paziente. L’istallazione dovrebbe avvenire tra la struttura di riferimento e la struttura linguistica completa, ove agiscono gli operatori modali. Probabilmente la struttura di riferimento, cioè la somma di tutte le nostre esperienze, produce il linguaggio, capacità, convinzioni, creatività, ecc. e da un lato, talvolta, restrizioni o blocchi psicologici, spesso traducibili in limitazioni psicofisiche. Per la progettazione e installazione delle strategie (seguenze di sistemi rappresentazionali) vedi ‘Programmazione neurolingiustica di Richard B. & company, Astrolabio, 1982 Roma’ o mediante le modalità di programmazione vedi ‘Neuro-programmazione digitale, Terapie istantanee, Pitagora Editrice, 2004 Bologna. L’idea dell’antivirus possiede qualche analogia col metodo del reimprinting di Robert Dilts (vedi Convinzioni, 1998 Astrolabio, Roma), il suo metodo consiste nel trovare l’imprinting, l’esperienza alla base della patologia, prelevare risorse dallo stato presente e immetterle nella fase d’imprinting.
TRASFERIMENTO INTEREMISFERICO DELLE INFORMAZIONI
Trasferimento interemisferico Una signora interessata al mio modello disse di avere molti problemi. Le feci scegliere il più grave e immediatamente alzò gli occhi in alto a destra, un’immagine costruita. Riferì di avere il problema da diverso tempo. Le spiegai che l’emisfero destro per memorizzare un’immagine impiega meno di un decimo di secondo e, nonostante fosse già trascorso quel tempo, il suo cervello non lo aveva ancora fatto. Probabilmente, l’immagine possedeva delle submodalità anomale che, una volta inviata nell’emisfero destro, avrebbero generato delle somatizzazioni nel tempo e perciò l’emisfero le aveva riconosciute e aveva impedito il suo trasferimento. Un problema, serio, sarebbe stato quello di un mancato riconoscimento e di un invio irregolare, anche se la cosa poteva essere risolta con un’estrazione e correzione a livello dell’emisfero dominante e di un nuovo invio nel destro. Per costruirsi il problema, in ogni modo, era costretta ad un certo dispendio d’energia: doveva ripetere in qualsiasi momento della giornata, in ogni istante, la stessa immagine, altrimenti questa sarebbe svanita, sia perché nell’emisfero sinistro ci si trova a memoria zero sia per l’entrata in azione di un correttore naturale. Si trattava di un’immagine a distanza normale, ma due elementi erano rappresentati in modo inconsueto: la sua immagine più piccola e quella di una seconda persona più grande del normale. Quando le feci allontanare l’immagine i due elementi rimasero inalterati e la cosa fu insolita perché la distanza fa diminuire le dimensioni. A quel punto le consigliai di ingrandire la sua figura e rimpicciolire l’altra persona e subito riferì di non avvertire più noie. Provai a farle allontanare nuovamente l’immagine, ma dopo aver spostato gli occhi in alto a sinistra (immagine ricordata), spiegò di non avere più problemi. La nuova immagine, arrivata in memoria, non le avrebbe causato conseguenze future, ma solo un ricordo di scarsa importanza (Tratto da Elia Tropeano, Terapie istantanee, Pitagora Editrice, 2004 Bologna, cfr. pp. 72-73). Nota: quando una persona sposta gli occhi in alto a destra sta costruendo delle immagine mentali; quando li sposta in alto e a sinistra si tratta di immagini ricordate, localizzate in memoria, cioè nell’emisfero destro del cervello. Lo schema è valido per le persone normalmente organizzate, per i mancini gli indizi di scansione oculari sono invertiti.
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