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mark
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Inserito il
06/09/2006 16:03:14
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Aggiunta
x Luka Carissimo, dopo molte e molte ricerche sono più che convinto di quello che dico. Se dovessi avere qualche problema, prima di prendere farmaci nocivi, senti il dott. Duesberg o il dottor Kremer (sono raggiungibili). Se vuoi contattarmi per parlare e approfondire, scrivimi a tarantinonew@virgilio.it CIAO
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Luka
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Inserito il
06/09/2006 00:27:24
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Forse è come dici tu, ma se cosi non fosse?
Ciao Marco, spero che quello che tu asserisci sia vero, la verità è che da 10 anni mi è stata riscontrata la positività al test dell'hiv. Ad oggi non ho manifestato alcun sintomo e vivo benissimo, ma domani?
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mark
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Inserito il
02/08/2006 17:40:54
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Intervista alla famosa ricercatrice eleni papadopulos-eleopulos
Nel 1997, sulla rivista inglese CONTINUUM, apparve questa intervista alla famosa ricercatrice Eleni Papadopulos-Eleopulos e curata dall’altrettanto famosa giornalista scientifica Christine Johnson. Si tratta di un contributo di un’estrema importanza nel campo della ricerca scientifica sull’AIDS (quella autentica che non compare nei mass media della Sanità business-spettacolo). L’intervista è stata tradotta non solo in italiano, ma anche in varie altre lingue e ripubblicata su numerose riviste controcorrente in diversi paesi europei. E’ L’HIV LA CAUSA DELL’AIDS? Un’intervista con Eleni Papadopulos-Eleopulos di Christine Johnson Traduzione di Fabio Franchi, autore di “AIDS, la grande truffa”, 1996, casa editrice SEAM, Roma Cristine Johnson: Eleni, grazie per aver accettato questa intervista. Eleni Papadopulos-Eleopulos: E’ un piacere. CJ: L’AIDS è causato dall’HIV? EPE: Non c’è la prova che l’HIV causi l’AIDS. CJ: Perché no? EPE: Per molte ragioni, ma principalmente perché non c’è nessuna prova che l’HIV esista. CJ: Questa sembra un’asserzione piuttosto azzardata ed incredibile. EPE: Suppongo che sia così ma ciononostante è lì che la mia ricerca mi porta. CJ: Non furono Montagnier e Gallo ad isolare L’HIV? Nei primi anni '80? EPE: No. Nei lavori pubblicati sulla rivista Science da quei due gruppi di ricerca non vi è nessuna prova dell’isolamento di un retrovirus da pazienti con AIDS: (1,2) CJ: Loro sostengono di aver isolato un virus. EPE: La nostra interpretazione dei dati differisce.(3-5) CJ: Forse Lei dovrebbe spiegare cosa La porta a questo punto di vista piuttosto radicale. EPE: Io penso che il modo più semplice sia quello di cominciare ponendo la domanda, “Cos’è un virus?”. La risposta è piuttosto semplice. Un virus è una particella microscopica che riproduce se stessa in una cellula... CJ: Non è quello che fanno i batteri? EPE: Loro possono farlo, ma c’è una differenza molto importante. I batteri non sono obbligati a replicarsi in una cellula. I virus devono. Vede, quando i batteri prendono cibo ed energia da una cellula o da una fonte inanimata tutto è utilizzato nella successiva generazione di batteri nell’interno della cellula batterica stessa. E’ così che anche le nostre stesse cellule si replicano. Ma i virus non possono farlo. La particella del virus in realtà non è niente di più che alcune proteine legate intorno ad un pezzo di RNA o DNA, ma senza l’apparato necessario per replicarsi. CJ: Così mentre una cellula è una fabbrica, un virus è un progetto che, per essere realizzato, deve derubare una fabbrica? EPE: Non potrei trovare migliore analogia. CJ: Come si replica un virus? EPE: Deve entrare nella cellula. Per fare questo l’involucro protettivo della particella virale si fonde con la membrana della cellula e poi la particella passa all’interno. Una volta dentro, usando l’apparato metabolico cellulare, la particella del virus si disassembla. Poi, usando lo stesso apparato, vengono sintetizzati pezzi separati di nuovo virus. Alla fine si mettono assieme tutti i componenti virali e vengono fuori le nuove particelle di virus. CJ: Fuori da dove? EPE: Il virus o distrugge la cellula e nel caso di retrovirus le particelle del virus hanno un’uscita più ordinata sporgendo fuori dalla membrana della cellula. Ma questo non è quello che accade con l’HIV. A differenza dei retrovirus, si dice che l’HIV distrugga le cellule. CJ: Bene, e per quanto riguarda le particelle dell’HIV? Sta forse suggerendo che non sono virus? EPE: Per verificare l’esistenza di un virus bisogna fare tre cose. Primo, coltivare delle cellule e trovare una particella che si pensa possa essere un virus. Evidentemente, come minimo, quella particella dovrebbe assomigliare ad un virus. Secondo, si deve concepire un metodo per ottenere quella esatta particella così si può separarla nei suoi componenti ed analizzare precisamente quello che la costituisce. E’ necessario poi verificare che la particella possa fare copie fedeli di se stessa. In altre parole che possa replicarsi. CJ: Non si può guardare semplicemente in un microscopio e dire che c’è un virus nelle colture? EPE: No, non si può. Questo è il punto centrale di porre la questione del virus. Non tutte le particelle che sembrano virus sono virus. Si deve verificare che quella particella di cui si sta parlando può far davvero copie di se stessa. Nessuna riproduzione, nessun virus. Spiacente ma questo è un punto estremamente importante. Nessuno, specialmente i virologi possono permettersi di ignorarlo. CJ: Quello che dice sembra molto sensato. Ritengo che sarebbe difficile ammalarsi infettandosi con una particella che non può fare delle copie di se stessa. EPE: Precisamente. CJ: Perciò in che cosa ha sbagliato la ricerca sull’AIDS? EPE: Sapere dove la ricerca ha sbagliato non è la questione più importante. Quella principale è che cosa si è tralasciato. Per alcuni motivi sconosciuti, non è stato seguito il metodo di isolamento retrovirale, vecchio di decenni (6/7) e sviluppato per studiare retrovirus animali. CJ: E’ meglio che spieghi meglio cosa sono i retrovirus prima di continuare. EPE: Lo faccio. Come lei probabilmente sa, l’HIV è considerato un retrovirus. I retrovirus sono particelle incredibilmente piccole, quasi sferiche che... CJ: Quanto piccole? EPE: Cento nanometri di diametro. CJ : A quanto corrisponde? EPE: A un decimillesimo di millimetro. Milioni starebbero comodamente bene sulla capocchia di uno spillo. CJ: Come si può vedere realmente qualcosa di così piccolo? EPE: E’ necessario un microscopio elettronico. E’ così che noi conosciamo la grandezza e la forma delle particelle retrovirali. Che sono quasi rotonde ed hanno un involucro esterno coperto da estroflessioni ed un cuore interno consistente in alcune proteine ed RNA. CJ: Così, se esiste, l’HIV è un virus a RNA? EPE: Sì. Un altro punto importante è che i retrovirus non usano direttamente il loro programma di RNA per fare più virus. Quello che li distingue da quasi tutti gli altri è che, secondo i retrovirologi, i retrovirus fanno prima una copia di DNA dal loro RNA. Questo DNA passa poi al nucleo della cellula dove diviene parte integrale del DNA cellulare. Questo filamento di DNA viene chiamato provirus e lì resta, ibernato, forse per anni fino a che qualche cosa attiva la cellula. CJ: Cosa accade poi? EPE: Il DNA provirale viene copiato all’indietro in RNA ed è questo RNA, non l’RNA originale, che istruisce la produzione delle proteine necessarie a fare delle nuove particelle del virus. CJ: Perché vengono chiamate retrovirus? EPE: Perché i biologi hanno creduto a lungo che la direzione del flusso delle informazioni nelle cellule di tutti gli organismi viventi fosse da DNA a RNA, e pertanto alle proteine la cui sintesi è guidata dall’RNA. Se noi diciamo che questa direzione è “in avanti” allora quello che i retrovirus fanno per prima cosa è copiare le loro informazioni all’ “indietro”. CJ: Capito. EPE: C’è un’altra cosa. Una delle proteine all’interno di una particella retrovirale è un enzima che catalizza questo processo. Non sorprendentemente, è chiamata Transcriptasi inversa. CJ: E cioè? EPE: Bè, è per questo motivo che vengono chiamati retrovirus. CJ: Lei ha menzionato il metodo di isolamento dei retrovirus - vecchio di decenni. Di quanti decenni stiamo parlando? EPE: Dagli anni '40 fino alla fine degli anni '70. Vede, i retrovirus erano fra i primi virus scoperti. Il Dott. Peyton Rous al Rockefeller Center di New York li incontrò originariamente quando stava facendo esperimenti su tumori maligni del muscolo dei polli. (8) Non che lui potesse vederli davvero. Questo avveniva nel 1911. Fu necessario arrivare all’invenzione del microscopio elettronico ed alla centrifuga ad alta velocità perché le cose cominciassero a venire fuori. CJ: Cosa venne fuori in realtà? EPE: Furono questi che portarono al metodo di identificazione e di purificazione delle particelle retrovirali. CJ: Lo stesso come isolarli? EPE: Sì. Per purificare delle particelle di qualsiasi genere uno scienziato deve sviluppare un metodo per separare le particelle che lui desidera studiare da tutto il resto. CJ: In che modo i microscopi elettronici e le centrifughe ad alta velocità hanno reso possibile la purificazione dei retrovirus? EPE: Il microscopio elettronico ha fatto sì che particelle di queste piccole dimensioni fossero visibili. L’altra parte l’ha fatta la centrifuga ad alta velocità e fu una cosa estremamente importante. Si scoprì che le particelle retrovirali hanno una proprietà fisica che le rende capaci di separarsi da altro materiale in culture cellulari. Detta proprietà è la loro “galleggiabilità” e cioè venne utilizzato per purificare le particelle con un processo chiamato centrifugazione in gradiente di densità. CJ: Sembra complicato. EPE: La tecnologia è complicata, ma il concetto è estremamente semplice. Si prepara una provetta che contiene una soluzione di saccarosio, ordinario zucchero da tavola. Ma si fa in modo che la soluzione sia più leggera sopra, ma gradualmente diventi sempre più pesante, o più densa, verso il fondo. Nel frattempo si coltiva qualsiasi tipo di cellula che si pensa possa contenere retrovirus e se si è fatto in modo giusto, le particelle retrovirali si libereranno dalle cellule e passeranno nel liquido di coltura. Quando si ritiene che tutto sia pronto, si travasa un campione di fluido di coltura e con delicatezza se ne preleva una goccia e la si pone nella provetta sopra la soluzione di zucchero. Poi si fa ruotare la provetta ad altissima velocità . Ciò genera delle forze tremende e le particelle presenti in quella goccia di fluido vengono forzate attraverso la soluzione di zucchero finché raggiungono un punto dove la loro galleggiabilità impedisce loro di penetrare più in giù. In altre parole, scivolano giù lungo il gradiente di densità fino a che raggiungono un punto in cui la loro densità è uguale a quella della soluzione di zucchero in quello stesso punto. Quando arrivano lì si fermano, tutte insieme, o per usare il gergo virologico, è lì che si separano in una banda. In seguito si può estrarre quella banda selettivamente e fotografarla con un microscopio elettronico. CJ: E le particelle retrovirali si separano ad un livello caratteristico? EPE: Sì. Nelle soluzioni di saccarosio si separano in un punto dove la densità è di 1,16 g/ml. CJ: Così, l’esame col microscopio elettronico, le dice che pesce ha preso? EPE: Non solo quello. E’ l’unico modo per sapere se si è preso un pesce. O non si è preso niente. CJ: Vero. Montagnier e Gallo non l’hanno preso? EPE: Questo è uno dei molti problemi. Montagnier e Gallo hanno usato il gradiente di densità, ma per ragioni ignote non hanno pubblicato nessuna fotografia al microscopio elettronico del materiale sedimentato a 1,16 g/ml che loro — e tutti da quel momento in poi — chiamano “HIV puro”. Questo è proprio strano perché nel 1973 l’Istituto Pasteur ospitò una riunione frequentata da scienziati, alcuni dei quali sono attualmente tra i più importanti esperti nel campo dell’HIV. Durante quella riunione venne discusso in modo approfondito il metodo di isolamento retrovirale e venne considerato assolutamente essenziale il fotografare del materiale separato alla banda 1,16 del gradiente di densità. CJ: Ma Montagnier e Gallo hanno pubblicato delle fotografie di particelle del virus. EPE: No. Montagnier e Gallo hanno pubblicato delle micrografie elettroniche di alcune particelle che loro dichiarano appartenere ad un retrovirus, anzi all’HIV. Ma le fotografie non provano che delle particelle sono un virus e non si è verificata l’esistenza dell’HIV usando il metodo presentato alla Conferenza del 1973. CJ: E quale era questo metodo? EPE: Tutti i passaggi che Le ho appena menzionato. L’unico metodo scientifico che esiste. Si coltivano delle cellule, si trova una particella, si isola la particella, la si divide nei suoi componenti, si scopre quello che c’è dentro, si prova che quelle particelle sono capaci di farne delle altre uguali con gli stessi costituenti quando vengono aggiunte a colture cellulari non infette. CJ: Così prima che l’AIDS facesse la sua comparsa c’era un metodo ben sperimentato per provare l’esistenza di un retrovirus, ma Montagnier e Gallo non hanno seguito questo metodo? EPE: Loro hanno usato alcune delle tecniche, ma non hanno eseguito ciascun passaggio compresa la prova di quali particelle sono presenti nella banda a 1,16 g/ml del gradiente di densità, la densità che definisce le particelle retrovirali. CJ: Ma cosa dire delle loro fotografie? EPE: Le micrografie di Montagnier e Gallo ed ogni altra fotografia al microscopio elettronico pubblicate fino al Marzo di quest’anno (1997) sono di colture cellulari non purificate. Non del gradiente. Prima del Marzo di quest’anno nessuno aveva mai pubblicato una fotografia di un gradiente di densità. CJ: E’ questo quello che si deve fare per provare l’isolamento di particelle retrovirali? EPE: Sì. CJ: La banda a 1,16 può contenere materiale diverso da particelle retrovirali? EPE: Sì. Quella è un’altra ragione per cui si ha bisogno di una fotografia. Per vedere tutto quello che sta succedendo. Già molto tempo prima dell’era dell’AIDS era noto che le particelle similretrovirali non sono il solo materiale che può trovare la propria strada in questa parte del gradiente di densità. Piccoli frammenti cellulari, alcuni riconoscibili come strutture interne della cellula, o solamente frammenti cellulari, possono sedimentare a 1,16 g/ml. Ed una parte di questo materiale può includere acidi nucleici e può assumere l’aspetto di particelle retrovirali. CJ: Cosa sono gli acidi nucleici? EPE: Il DNA e l’RNA. CJ: Allora sicuramente, se le particelle retrovirali si liberano dalle cellule senza distruggere le cellule, deve essere possibile evitare la contaminazione cellulare? EPE: Be’, è così e non è così. I retrovirologi animali erano certamente consapevoli di questo problema e raccomandarono vivamente di maneggiare le colture con delicatezza e di riempirle fino all’orlo con sostanze nutrienti per mantenere le cellule vive. Così non si disintegrano. Ma nel caso dell’HIV ci sono dei problemi aggiuntivi. Abbiamo detto che l’HIV è citopatico il che significa che distrugge le cellule. Così si potrebbe difficilmente affermare che le particelle putative del virus siano le sole cose verosimilmente a galleggiare attorno nei fluidi di coltura oppure a 1,16 g/ml. L’altro fatto che confonde è che in molti esperimenti di HIV le cellule vengono deliberatamente fatte a pezzi dallo sperimentatore come parte dell’esperimento. Sapendo tutto ciò, è un mistero sul perché qualsiasi ricercatore dell’HIV potrebbe avere tralasciato il passo cruciale di prendere una microscopia elettronica di un gradiente di densità. CJ: E’ forse perché la microscopia elettronica è altamente specializzata e costosa? EPE: Avrebbe potuto esserlo i primi giorni, ma non oltre. Negli ultimi vent’anni la microscopia elettronica è stata usata almeno giornalmente in molti ospedali per diagnosticare qualsiasi tipo di malattia. Vi è inoltre una grande quantità di microscopie elettroniche delle colture di HIV. E’ solo che fino a quest’anno, per delle ragioni sconosciute, non ce ne è stata nessuna del gradiente di densità. CJ: Va bene. Parliamo delle fotografie del gradiente di densità pubblicate quest’anno. Che cosa ci vediamo? EPE: Due gruppi, uno franco/tedesco (9) ed uno dell’Istituto Nazionale dei Tumori statunitense (10), hanno pubblicato delle fotografie dei gradienti di densità. Nello studio franco/tedesco le fotografie provengono dalla banda da 1,16 g/ml. E’ impossibile dire da quale densità siano prese le fotografie nello studio americano, ma supponiamo che sia la giusta densità per le particelle retrovirali da 1,16. La prima cosa da dire è che gli autori di questi studi ammettono che le loro fotografie rivelano che la maggior parte del materiale nel gradiente di densità è cellulare. Gli autori descrivono tutto questo materiale come “non virale”, oppure come ‘finto’ virus o ‘microvescicole’. CJ: Che cosa sono le microvescicole? EPE: Frammenti cellulari incapsulati. CJ: Ci sono delle particelle virali in queste fotografie? EPE: Ci sono poche particelle che i ricercatori affermano essere particelle retrovirali, infatti sostengono che queste sono particelle dell’HIV, ma non forniscono la prova del perché. CJ: Queste particelle dell’HIV sono in grande quantità? EPE: No. La banda dovrebbe contenerne bilioni e quando si prende una micrografia elettronica dovrebbe riempire l’intera fotografia. CJ: Così il materiale in bande contiene solo poche particelle di HIV e dal punto di vista delle particelle dell’HIV è piuttosto impuro? EPE: Sì. CJ: Come commentano gli esperti questo fatto? EPE: Dicono che il materiale cellulare si ‘co-purifica’ con le particelle dell’HIV. CJ: Mi dica, le poche particelle che loro dicono appartenere all’HIV, hanno l’aspetto di un retrovirus? EPE: Assomigliano solo molto vagamente a delle particelle retrovirali: per certo assomigliano di più a delle particelle retrovirali che a tutte le altre particelle ed al materiale ma anche se sembrassero identiche a delle particelle retrovirali non si potrebbe dire che sono un retrovirus. Anche Gallo ammette l’esistenza di particelle che si separano in bande a 1,16 g/ml e che hanno l’aspetto e le proprietà biochimiche dei retrovirus, ma che non sono retrovirus poiché sono incapaci di riprodursi. (11) CJ: Va bene, ma a parte questo, quale è la differenza fra queste particelle ed una vera particella retrovirale? EPE: Gallo e tutti gli altri retrovirologi, come pure Hans Gelderblom che ha effettuato molti studi dell’HIV con micrografie elettroniche, concordano che le particelle retrovirali sono quasi sferiche nella forma, hanno un diametro di 100-120 nanometri e sono coperte da estroflessioni. (12,13) Le particelle che i due gruppi affermano essere dell’HIV non sono sferiche, nessun diametro è inferiore a 120 nM, infatti molte di esse hanno diametri significativi che sono due volte più grandi di quanto sia permesso per un retrovirus. E nessuna di esse sembra avere delle estroflessioni. CJ: Ma la dimensione può essere un punto critico? Molte cose in Biologia hanno una scala di misurazione. Che cosa dire degli esseri umani? Vi è una grande quantità di esseri umani due volte la taglia di altri esseri umani. Sono sempre degli esseri umani. EPE: Ciò che è valido per gli esseri umani non lo è per i retrovirus. Per cominciare, i retrovirus non devono crescere. Sono nati adulti. Perciò il giusto paragone è fra esseri umani adulti. Non ci sono molti esseri umani di oltre tre metri. Infatti l’uomo più alto mai registrato è di 2,71 metri. Ma qui non si tratta solo di altezza. CJ: Che altro c’è? EPE: Se supponiamo che sia il gruppo franco/tedesco che quello statunitense abbiano visto delle particelle alla giusta densità retrovirale, allora le particelle trovate da ambedue i gruppi hanno la stessa densità, 1,16 g/ml. Se si misurano i diametri maggiore e minore delle particelle nelle EM, loro sostengono che sono dell’HIV e prendono i diametri medi e per il gusto di discutere, presumono che siano tutte sferiche, allora le particelle franco/tedesche sono più larghe di 1,14 volte delle vere particelle retrovirali e quelle statunitensi lo sono di 1,96 volte. Ora per tradurre ciò in volumi, dobbiamo elevare al cubo i rapporti dei diametri. Perciò se prendiamo i 120 nM come il limite più alto per il diametro di una particella retrovirale e facciamo le somme, le particelle franco/tedesche hanno un volume superiore del 50% rispetto alle particelle retrovirali e le particelle statunitensi hanno un volume superiore del 750%. E le particelle statunitensi sono cinque volte più voluminose di quelle franco/tedesche. CJ: E questo cosa ci dice? EPE: Ci dice che le particelle franco/tedesche e quelle statunitensi contengono una massa superiore del 50% oppure del 750% rispetto alle particelle retrovirali. CJ: Perché questo? EPE: Perché la densità è il rapporto fra massa ed il volume. Se il volume sale di una data quantità, per mantenere la stessa densità, la massa deve salire della stessa quantità. CJ: OK, ma qual è la Sua opinione? EPE: Il punto è che qualsiasi vera particella retrovirale contiene una quantità stabilita di RNA e proteina. Non di più, nè di meno. In questo caso allora dette particelle si compongono di molto più materiale rispetto al vero retrovirus. Il che significa che se queste particelle di dimensioni diverse sono veramente dell’HIV, allora l’HIV non può essere un retrovirus. La sola altra spiegazione possibile è che le micrografie elettroniche non siano prese dalla banda da 1,16 g/ml. In questo caso allora non abbiamo altra scelta se non quella di ridefinire i retrovirus e, cosa più importante, di non considerare la banda da 1,16 come HIV. Ma se lo facciamo, allora non si può usare tutta la ricerca fatta sull’HIV impiegando questa banda poiché questo è quello che tutti usano come HIV purificato. Ciò significherebbe per esempio che non si può usare detta banda per ottenere proteine e RNA da usare come agenti diagnostici per provare l’infezione da HIV. CJ: Lei ha accennato al fatto che le particelle hanno perso le estroflessioni. Quanto può essere seria questa credenza? EPE: Tutti gli esperti in AIDS concordano sul fatto che le estroflessioni sono assolutamente necessarie perché la particella dell’HIV si agganci ad una cellula. Come primo passo nell’infettare quella cellula. Perciò, nessun aggancio nessuna infezione. Tutti gli esperti sostengono che le estroflessioni contengono una proteina chiamata gp 120 che è il gancio nelle estroflessioni, che tenta di far presa sulla superficie della cellula che sta per infettare (14). Se le particelle dell’HIV non hanno delle estroflessioni, l’HIV come può replicarsi? CJ: Lei vuol dire che non può impadronirsi della cellula per penetrarvi? EPE: Precisamente. E se non può replicarsi, l’ HIV non è una particella infettiva. CJ: Ho l’impressione che questo sia un problema serio. Come replicano gli esperti? EPE: Lo evitano. Ed il problema delle estroflessioni non è cosa nuova. Il gruppo tedesco vi pose attenzione nei lontani anni '80 ed ancora nel 1992 (15, 16). Appena una particella dell’HIV si libera da una cellula tutte le estroflessioni scompaiono. Questo singolo fatto ha numerose ramificazioni. Per esempio, tre quarti di tutti gli emofiliaci testati risultano positivi agli anticorpi dell’HIV. E si afferma che gli emofiliaci hanno acquisito detti anticorpi come risultato dell’essersi infettati con l’HIV da infusioni di fattore VIII contaminato di cui hanno bisogno per curare la loro mancanza di coagulazione. Il problema è che il fattore VIII è prodotto da plasma. Cioè il sangue con tutte le cellule viene rimosso il che vuol dire che se vi sono delle particelle di HIV presenti nel fattore VIII le stesse devono galleggiare libere nella soluzione. Ma se l’HIV libero da cellule non ha delle estroflessioni detti HIV non hanno alcun modo di penetrare nelle cellule fresche per infettarle. CJ: E allora come spiegano gli anticorpi dell’HIV e l’AIDS negli emofiliaci? EPE: I miei colleghi ed io abbiamo pubblicato diverse relazioni che dibattono spiegazioni alternative compresa un’analisi dettagliata dell’emofilia in uno studio indotto nella speciale edizione di Genetica nel 1995 (17) dedicato alla controversia HIV/AIDS. CJ: Devo confessare che trovo molto difficile accettare il fatto che gli emofiliaci non siano stati infettati tramite concentrati coagulanti contaminati e scommetto che è così anche per gli emofiliaci. EPE: Sfortunatamente è vero, ma forse posso persuaderla con una spiegazione semplice e veloce. Se qualche positivo all’HIV si taglia e sanguina per quanto tempo il sangue rimane infetto? Fuori dal corpo? CJ: Secondo quanto ho letto, solo per poche ore al massimo. EPE: E perché succede questo? CJ: Perché l’HIV si secca completamente e muore. Questo è certamente quello che dice il CDC. (18) EPE: OK. Le faccio una domanda. Come si produce il fattore VIII? CJ: Da sangue donato. EPE: Giusto. Ha mai visto una fiala di fattore VIII? CJ: No. EPE: Bene. Glielo dico io. Diventa una polvere secca, squamata, giallastra e nel tempo viene usata dopo almeno un paio di mesi. Riesce a vedere il problema? CJ: Lo vedo. Se è vecchia e secca qualsiasi HIV in essa dovrebbe essere morto da molto tempo. EPE: Esattamente. Perciò come fa il fattore VIII a causare l’infezione da HIV e l’AIDS negli emofiliaci? CJ: Non lo so ma penso di cominciare a capire come mai il Suo gruppo non è il più festeggiato della città. Forse faremmo meglio a non lasciarsi sviare in una discussione sull’emofilia. Perché ritiene che fino ad ora la maggior parte degli esperti in HIV si siano accontentati di considerare il materiale alla densità di 1,16 come HIV puro? EPE: Penso che sia prematuro affermare che queste fotografie abbiano cambiato le idee di qualcuno riguardo alla porzione da 1,16 g/ml del gradiente di densità nell’essere qualsiasi cosa tranne HIV puro. CJ: Bene, come risponde il Suo gruppo a queste fotografie? EPE: Sulla prova fornita da queste fotografie non vi è alcuna ragione di affermare che questo materiale è puro o che contiene particelle simil-retrovirali tantomeno un retrovirus o, cosa più importante, un retrovirus specifico, l’HIV. E questo rivendica la posizione che abbiamo sempre mantenuto sin dall’inizio. Ed una posizione che tempo fa abbiamo pubblicato, cioè che non esiste alcuna prova che dimostri l’isolamento di un retrovirus da pazienti AIDS o da quelli a rischio di AIDS. CJ: OK. Lasciamo da parte le fotografie di Marzo e parliamo di che cosa potremmo dedurre da ciò che era conosciuto in precedenza. Quanto è solida la prova precedente a Marzo che L'HIV esiste? EPE: Riferendoci alle particelle tutte le prove provengono dalle micrografie elettroniche di colture cellulari complete. NON dei gradienti di densità. Da tale prova si può dire che le colture cellulari contengono una grande varietà di particelle alcune delle quali si afferma che assomigliano a delle particelle retrovirali. Questo è tutto. Non sono stati presi ulteriori dati delle particelle. Nessuna purificazione, nessuna analisi e nessuna prova di riproduzione. In tali colture molti gruppi di ricerca, compreso Hans Gelderblom e soci dell’istituto Koch di Berlino, che è specializzato in questo campo, hanno riportato non solo un tipo di particella, ma un assortimento sbalorditivo di particelle. (13, 19, 20) La qual cosa solleva molti interrogativi. Se una di queste particelle è veramente un retrovirus che gli esperti chiamano HIV, che cosa sono tutte le altre? Quale di queste particelle si separa in bande a 1,16 g/ml? Se le particelle dell’HIV causano l’AIDS perché una o molte delle altre particelle non causano anche l’AIDS? Perché non tutte le particelle causano l’AIDS? Oppure perché l’AIDS o le colture non provocano la comparsa delle particelle? E per quanto riguarda l’HIV, gli esperti di HIV non possono nemmeno essere d’accordo su che cos’è la particella dell’HIV. Vi sono tre sottofamiglie come pure tre specie diverse. CJ: Dove ci porta questo? EPE: Noi non sappiamo ancora che cosa siano alcune particelle. Non abbiamo una particella definita che si sia dimostrato essere un retrovirus dal quale estrarre le proteine e l’RNA da usare nei test per l’infezione nella popolazione, oppure fare esperimenti per cercare di capire che cosa succede se vi è veramente un virus che causa l’AIDS. CJ: Va bene. Supponiamo di avere davvero una fotografia di un gradiente di densità e che non contenga nient’altro se non migliaia di particelle della giusta forma e dimensione, e con estroflessioni, in modo che si possano chiamare particelle retrovirali. Procediamo su che cosa si dovrebbe fare in seguito. EPE: I passi successivi sono quelli di frammentare le particelle, trovare quali proteine e RNA sono contenuti in esse, provare che una delle proteine è un enzima che trasforma l’RNA in DNA ed alla fine, prendere la maggior parte del gradiente di densità e dimostrare che quando le particelle PURE vengono immesse in una coltura cellulare vergine appaiono esattamente le stesse particelle composte dei medesimi costituenti. CJ: Ed è stato fatto questo? EPE: No, ma forse parlare di quello che è stato fatto può spiegare le cose più chiaramente. Alcuni degli sperimenti di Gallo dal 1984. CJ: Il 1984 non è un po’ lontano? EPE: No, perché è la data in cui si è fatta la migliore ricerca sull’HIV. Questi esperimenti sono di vitale importanza poiché tutto quello che si è creduto e si è detto sull’HIV è fondato su quanto è accaduto prima di allora. CJ: Tutto? EPE: Sì, ogni singola cosa. Se è stata isolata una particella dell’HIV e pertanto se alcuni affermano che essa esiste. Le proteine dell’HIV impiegate nei test sugli anticorpi. L’RNA usato specialmente per diagnosticare bambini infettati con l’HIV ed ora usati per misurare la cosiddetta carica vitale. E di più. Ma la domanda è se sono abbastanza buoni. CJ: Abbastanza buoni? EPE: Abbastanza buoni per affermare l’esistenza di un unico retrovirus chiamato HIV e che questo causa l’AIDS. CJ: Ci parli degli esperimenti di Gallo. Perché era in qualche modo interessato all’AIDS? EPE: Nel 1984 Gallo aveva già passato più di una decina d’anni nella ricerca dei retrovirus e del cancro. Era uno dei molti virologi coinvolti nel decennio della guerra contro il cancro del Presidente Nixon. Verso la metà degli anni ‘70 Gallo affermò di aver scoperto il primo retrovirus umano in pazienti affetti da leucemia. Affermava che i suoi dati provavano l’esistenza di un retrovirus che egli chiamò HL23V. (11, 21) 0ra, proprio come avrebbe fatto più tardi per l’HIV, Gallo usò le reazioni agli anticorpi per “provare” quali proteine nelle colture erano proteine virali. E non molto tempo dopo altri proclamarono di aver trovato gli stessi anticorpi in molte persone che non avevano la leucemia. Comunque, pochi anni dopo si dimostrò che questi anticorpi capitavano in modo naturale ed erano diretti contro molte sostanze che non avevano niente a che fare con i retrovirus. (22, 30) Allora ci si rese conto che l’HL23V era un grosso errore. Non vi era alcun retrovirus dell’HL23V. Così i dati di Gallo diventarono motivo di imbarazzo ed ora l’HL23V è scomparso. Quello che ci sembra interessante è sapere che la dimostrazione usata per affermare l’esistenza dell’HL23V è lo stesso tipo di dimostrazione data per provare l’esistenza dell’HIV. In effetti la prova dell’HL23V era migliore di quella dell’HIV. CJ: Migliore in che modo? EPE: Bene, a differenza dell’HIV, Gallo trovò Transcriptasi inversa in tessuto fresco. Senza dover fare delle colture. Ed ha pubblicato una micrografia elettronica del materiale del gradiente di densità presente a 1,16 g/ml. CJ: Ma si è dimostrato ancora un falso allarme? EPE: Gallo non parla più dell’HL23V. Ma nel 1980 disse di aver scoperto un altro retrovirus. Era ancor più dello stesso tipo di dati provenienti da pazienti affetti da leucemia e questa volta lo chiamò HTLV-1 ed affermò che causava una particolare forma rara che Gallo ora chiama leucemia adulta di cellule T4, ATL. Infatti vi sono alcuni paralleli e paradossi molto interessanti tra l’HIV e l’HTLV-1. CJ: Quali sono? EPE: Si dice che infettino le stesse cellule e si propaghino nello stesso modo. Invece a differenza dell’HIV, l’HTLV-1 non è andato al di là del luogo in cui è stato scoperto. La prevalenza di HTLV-1 si è riportata in Africa e nel Giappone del Sud ed è là che è rimasta. E’ più a lungo di quanto lo sia stato per l’AIDS e non dimenticate che sebbene si dica che questo virus causi la leucemia, meno dell’ 1% delle persone risultate positive al test hanno mai sviluppato la leucemia. Anche dopo quarant’anni. Ma sto andando fuori tema. Quello che stavo dicendo era che molti dei primi pazienti AIDS avevano un cancro conosciuto come sarcoma di Kaposi, come pure un basso numero delle stesse cellule T4 che sono presenti in quantità eccessiva nell’ATL. Si venne a conoscenza di questo fatto in quanto la nuova tecnologia per contare le diverse classi di linfociti sopraggiunse circa nello stesso periodo in cui apparve l’AIDS. CJ: Si ipotizzò che l’HIV potesse uccidere le cellule T4? EPE: Bè, era troppo presto per l’HIV, ma si ipotizzò che qualcosa stesse distruggendole. Più tardi ci fu effettivamente uno stadio in cui Gallo pensò che l’HTLV-1 potesse essere il colpevole, ma quella teoria fu un problema poiché l’HTLV-1 presumibilmente causa la leucemia. Inoltre, malgrado l’alta prevalenza di anticorpi all’HTLV-1 nel Giappone del Sud, non vi erano casi di AIDS. Comunque, poiché gli omosessuali avevano una così alta incidenza del cancro chiamato sarcoma Kaposi e dal momento che sembrava che qualcosa colpisse i loro linfociti T4, Gallo andò avanti nel cercare di trovare un retrovirus per spiegare il tutto. CJ: Che cosa accadde in seguito? EPE: Gallo ed i suoi colleghi fecero una grande quantità di esperimenti che culminarono in quattro relazioni consecutive pubblicate su Science nel Maggio del 1984. Il che avvenne un anno dopo che anche i francesi avevano pubblicato il loro saggio su Science. Il gruppo di Gallo cominciò a mettere in coltura linfociti da pazienti AIDS, ma apparentemente nessuna delle colture produceva abbastanza Transcriptasi inversa da convincere Gallo che un retrovirus era presente. In quel periodo Gallo aveva un ricercatore cecoslovacco chiamato Mikulas Popovic che lavorava per lui e così Popovic e Gallo furono d’accordo nel mescolare fluidi di coltura provenienti da 10 pazienti AIDS e di aggiungere questo ad una coltura di cellule leucemiche. Le cellule leucemiche che usarono in questa coltura erano state ottenute anni addietro da un paziente con ATL. Fatto questo, si produsse abbastanza Transcriptasi inversa da convincere Gallo e Popovic che ora avevano proprio un retrovirus. CJ: Lei vuole dire che un retrovirus non si svilupperebbe in colture individuali provenienti da pazienti AIDS, ma lo farebbe nel caso in cui i campioni fossero mescolati e messi a coltura? EPE: Sì. CJ: Non è un po' strano? Come può un embrione fare così? Sicuramente se è presente in uno dei campioni, finché le colture vengono fatte nello stesso modo, dovrebbe svilupparsi comunque? EPE: Si penserebbe che è così. CJ: E se si mescolano tutti i campioni, come si potrebbe sapere chi aveva il virus in primo luogo? Sarebbe potuto provenire solo da un paziente. Gallo si è mai posto questa domanda? EPE: Lo ha fatto e in un documentario televisivo del 1993 disse che non gli importava se il virus proveniva da un singolo paziente o se proveniva da un gruppo di pazienti. CJ: Non ha detto che le cellule leucemiche usate nelle colture erano originariamente ottenute da un paziente con leucemia cellulare T4 adulta? EPE: Sì. CJ: Allora le colture devono aver certamente contenuto diverse cellule T4? EPE: Questo è vero. CJ: Se dette colture venivano composte da cellule T4 e se l’HIV distrugge tali cellule come poteva una cellula una cellula uccidere il virus che si aspettava proliferasse? EPE: Quello è un altro problema sorto con la teoria HIV dell’AIDS. Anche se si dice che l’HIV uccide le cellule T4 e rende le persone immunodeficienti, cioè quello a cui si riferisce realmente l’ “AID” nell’AIDS, sia la linea cellulare leucemica come pure il clone H9 che Popovic ha eventualmente prodotto, sono entrambi immortali anche quando infettati dall’HIV. Ciò significa che piuttosto che essere distrutte dall’HIV le cellule permettono a quello che viene considerato HIV di crescere indefinitamente. Il clone H9 viene largamente impiegato sia nella ricerca che commercialmente per produrre quelle che vengono considerate le proteine dell’HIV da usare nei kit dei test anticorpali. CJ: OK. Che cos’ha fatto Gallo effettivamente per provare di aver isolato un nuovo retrovirus proveniente da pazienti AIDS? EPE: Se Lei legge il primo studio, quello che veniva considerato isolamento consisteva in fotografie al microscopio elettronico di poche particelle nelle colture, non nel gradiente, in cui si trovava la Transcriptasi inversa e si osservava che alcuni anticorpi presenti nei pazienti affetti da emofilia come pure nei conigli reagivano con alcune delle proteine nelle cellule delle colture. CJ: Quello fu riportato come isolamento di un virus? EPE: Sì. CJ: Si tratta veramente di isolamento? EPE: Per isolamento si intende la separazione da tutt’altra cosa. Non soltanto la scoperta di alcuni fenomeni. Il solo modo per provare l’esistenza di un agente infetto è di isolarlo. Questo è il punto su cui si fonda tutta la discussione. CJ: Sì, ma isolato o meno, come replica all’affermazione di Gallo che le sue colture producevano un retrovirus? EPE: Me lo faccia ripetere, non è una questione di isolamento: Gallo non ha isolato un virus. Non ci sono state delle fotografie al microscopio elettronico di un campione separato in bande che si ritenesse mostrassero nient’altro che particelle retrovirali. Come potevano essercene? Non vi fu assolutamente nessuna micrografia elettronica di un campione separato in bande. Solamente fotografie di cellule con una dozzina o giù di lì di particelle che si trovavano nelle vicinanze, ma nessuna estrazione ed analisi e prova che queste particelle potessero replicarsi all’interno di particelle identiche. Ma quello che dobbiamo chiedere è se Gallo aveva la prova per dire che aveva scoperto anche un retrovirus. Secondo il nostro punto di vista non l’ha fatto. Ed è di vitale importanza a questo punto stabilire che trovare delle particelle e la Transcriptasi inversa non è la prova della presenza di un retrovirus. CJ: Lei ha detto che le particelle dei retrovirus contengono Transcriptasi inversa. EPE: E’ così, infatti si scoprì la Transcriptasi inversa nei retrovirus, ma vi è un tranello. Il tranello consiste in due cose. Il modo in cui si prova la presenza dell’RT ed il fatto che l’RT non è caratteristico dei retrovirus. CJ: L’RT? EPE: La Transcriptasi inversa. L’esistenza dell’RT viene provata indirettamente. Mettendo un po' di RNA all’interno di una coltura ed osservare se appare il DNA che porta la sequenza corrispondente. CJ: Lei vuole dire che la presenza dell’RT è soggetta all’abilità della coltura di fare questo particolare trucco. EPE: Sì, si misura dimostrando il processo di Transcriptasi inversa. Come molti test enzimatici, il test per la Transcriptasi inversa valuta che cosa fa l’enzima, non il vero enzima stesso. Così nel caso di RT, misura la produzione di DNA copiato da un pezzo sintetico di RNA introdotto all’interno delle colture. Il problema è che l’RT non è la sola cosa in grado di fare questo trucco, come lo chiama Lei. Anche altri enzimi, dei normali enzimi cellulari possono fare questo trucco. In effetti lo fanno molto bene con lo stesso RNA sintetico che tutti i ricercatori HIV introducono nelle loro colture da copiare nel DNA (24) e per affermare che le loro colture contengono l’RT dell’HIV, ossia l’HIV. E per di più quando si legge la letteratura dell’AIDS, diventa chiaro il fatto che alcuni ricercatori che pubblicano la dichiarazione di aver isolato l’HIV non hanno fatto niente di più che scoprire l’RT. CJ: E’ completamente sconcertante. EPE: E c’è di più per quanto riguarda l’RT. Per esempio, secondo Harold Varmus, Premio Nobel e Capo dell’Istituto Nazionale della Sanità, le RT stesse sono presenti nelle cellule normali. Ed i batteri hanno le RT. Ed è risaputo che alcuni dei prodotti chimici che sono un componente obbligatorio di queste colture fanno sì che i normali linfociti abbiano una trascrizione inversa. Ed anche le cellule leucemiche possono eseguire lo stesso trucco senza aiuto quando non sono messe a coltura con tali prodotti chimici o cellule provenienti da pazienti AIDS. CJ: Allora vi sono molte ragioni possibili per l’RT? EPE: Sì e ve ne è ancora un’altra. Si ricordi che Gallo e Popovic hanno usato le cellule H9 per dimostrare l’esistenza di ciò che loro affermavano fosse un nuovo retrovirus. Ma come ho detto prima, se si traccia l’origine della linea cellulare H9, la stessa proviene dalla linea cellulare HUT78, una linea cellulare che ebbe vita da un paziente che Gallo dice che avesse una forma maligna causata dall’HTLV-1. Se questa malignità fosse causata dall’HTLV-1, allora l’HTLV-1 e la sua RT dovrebbero essere proprio nelle cellule che Gallo ha usato per provare la presenza di HIV. CJ: Ma sicuramente nessuno cercherebbe un nuovo retrovirus usando delle cellule che contenevano già un altro retrovirus? EPE: Si sarebbe potuto pensare di no specialmente un anno prima che Gallo pubblicasse uno studio in Nature riportando le sequenze genetiche dell’HTLV-1 nella linea cellulare dalla quale alla fine avevano origine le cellule H9. (25) CJ: Così la prova in cui si usa l’RT non sembra buona? EPE Il problema dell’RT è il problema di tutte le prove. E’ proprio come le particelle che Gallo ha fotografato. Potrebbero essere le cellule di un retrovirus, la trascrizione inversa potrebbe essere causata dall’RT di un retrovirus, ma il “potrebbe” non è una prova scientifica. Non si costruiscono teorie scientifiche dalle quali “si potrebbe” andare avanti. CJ: Ma anche se così fosse, Eleni, come può tralasciare le particelle? Sono così convincenti. Come può sottrarsi al fatto che non ha importanza in che modo Gallo e qualunque altro si sono allontanati dal metodo tradizionale di isolare un retrovirus, vi sono delle particelle in queste colture e parecchie persone importanti hanno guardato ad esse come a particelle di un retrovirus. EPE: Apprezzo il suo punto di vista, ma penso che le particelle debbano essere guardate da una prospettiva molto ampia. Le particelle simil-retrovirali sono praticamente onnipresenti. Negli anni '70 vennero frequentemente osservate tali particelle in tessuti leucemici umani, nelle colture dei tessuti embrionali e nella maggior parte delle placente animali ed umane. Questo fatto è significativo dato che la linea cellulare H9 viene mescolata con cellule leucemiche ed anche poiché Montagnier ha ottenuto le sue micrografie elettroniche da colture fatte con linfociti del sangue del cordone ombelicale. Vi è inoltre un grande gruppo di particelle retrovirali classificate come particelle di tipo-C che si trovano in pesci, serpenti, vermi, fagiano, quaglia, pernice, tacchino, topi da albero, tenie, in insetti come pure in mammiferi. E tra i molti suoi aspetti ufficiali l’HIV è stato descritto come una particella di tipo-C, sia da Montagnier che da Gallo. (26) Vi è inoltre uno studio sulle microscopie elettroniche riportato nel 1988 da O’Hara e colleghi di Harvard (27). Hanno esaminato i linfonodi ingranditi sia di pazienti AIDS che non, ed hanno riscontrato particelle dell’“HIV” nel 90% di AMBEDUE i gruppi. Hanno dovuto ammettere che le particelle da sole non provano l’infezione da HIV. CJ: Va bene: Lasciamo da parte le particelle. Che cosa mi dice degli anticorpi che reagivano con le cellule nelle colture? Questo deve sicuramente significare qualcosa che ordinariamente non è presente? Ciò ha a che fare con un agente retrovirale infetto? EPE: Potrebbe averne a che fare, ma c’è ancora quella parola. Non è semplicemente possibile provare che le proteine appartengono ad un retrovirus o che gli anticorpi siano provocati da un retrovirus, od affermare la prova dell’isolamento di un retrovirus solo perché alcune cose reagiscono insieme in una provetta da test. CJ: Per favore, potrebbe darmi qualche altra spiegazione? EPE: Cerchiamo di non prendere altri dati al di là di quanto la buona scienza ci permette. Gli esperimenti riportati nel primo saggio di Gallo ci dicono che alcuni anticorpi presenti in un paziente con emofilia, come pure nei conigli, reagivano con alcune proteine nelle cellule H9 messe a coltura con linfociti provenienti da pazienti AIDS. (1) CJ: Che genere di dati? EPE: Cioè i dati sui quali dobbiamo lavorare. Quello che importa è come interpretiamo i dati. Ora, per quanto concerne ciò che lui chiamò isolamento dell’HIV, Gallo considerava gli anticorpi come una prova cruciale. Come possiamo saperlo? Per due ragioni. Primo, per quanto abbiamo già detto, Gallo sapeva che ci sono delle particelle che assomigliano esattamente ai retrovirus, che si separano in bande a 1,16 g/ml e che contengono l’RT, ma che non si riproducono. Perciò di qualunque cosa si tratti, non ha importanza come essi insorgano, non possono essere dei virus. Secondo, sappiamo perché in uno degli scritti di Gallo, lui parla effettivamente della necessità di avere degli agenti specifici per identificare una particella come un virus. E con questo intende degli anticorpi specifici o delle proteine. L’ipotesi di Gallo è che esiste un virus che causa l’AIDS, è estraneo perciò quando infetta un paziente e il paziente sviluppa anticorpi al virus. CJ: Si muove perciò sia in avanti che all’indietro? Il virus produce gli anticorpi e gli anticorpi possono essere usati per indicare il virus? EPE: No, è questo il problema. Gli anticorpi non si muovono all’indietro. Le dirò il perché tra un minuto. Qui la cosa importante è non dimenticare a quale domanda stiamo cercando di dare una risposta. Stiamo cercando di definire quali proteine sono costituenti caratteristici di una particella retrovirale. Per me vi è solo un modo per farlo. Ed è semplice. Definiamo le proteine esattamente nello stesso modo in cui definiamo le nostre braccia e gambe. Oppure i nostri reni. CJ: Che cosa significa? EPE: Le mie cianfrusaglie anatomiche sono mie perché sono parte di me. Sia dentro che fuori. Se uno dei miei reni è malato e deve essere rimosso la prima cosa che deve fare un chirurgo prima di mettermi sul tavolo operatorio è di accertarsi che si tratti di me. Non è diverso con i virus. Le proteine virali sono le proteine che provengono da particelle di cui si ha si ha la prova che sono un virus. E’ semplice. Se si vuole definire le proteine di una particella retrovirale prima di tutto si deve provare di AVERE una particella retrovirale. CJ: Gli anticorpi sono troppo imprecisi? EPE: Gli anticorpi sono imprecisi, ma non è questo il punto. Gli anticorpi sono irrilevanti. Si prova che le proteine provengono da una particella del virus isolando la particella e facendo quindi un dissezionamento. Non si prova che le proteine sono costituenti di una particella virale provocando reazioni chimiche su ciò che è essenzialmente una minestra di colture. Non ha niente a che fare con questo. E se perciò alcune proteine ed alcuni anticorpi reagiscono? Vi sono innumerevoli ragioni per cui potrebbero avvenire queste reazioni. CJ: Quali? EPE: Vi sono molti anticorpi e gli anticorpi ad una data cosa possono reagire o reagiscono con altre cose. (28, 29) Gli immunologi le chiamano cross-reazioni. Questo è un fatto della Natura e causa problemi poiché un anticorpo che reagisce con una proteina in una coltura potrebbe essere proprio un anticorpo prodotto verso qualcosa di totalmente non collegato. Ed è anche molto probabile che non sia nemmeno qualcosa nella coltura. Per dirla in parole povere, gli anticorpi adottano degli altri partner. Il mio collega Val Turner ha adottato il termine “promiscuo” per spiegare questo comportamento. Il solo modo per provare una reazione che si vede che è causata da un’unica proteina, è di vedere come le reazioni si confrontano con ciò che si pensa possano significare. Quello che dobbiamo fare è mettere in correlazione le reazioni contro l’HIV stesso. Gli anticorpi sono specifici dell’HIV se, e solo se, sono presenti solo quando l’HIV è presente. CJ: Non se l’HIV è assente? EPE: Un cento per cento specifico significa che nessun anticorpo reagisce in assenza dell’HIV. Ora, per come la vediamo i miei colleghi ed io, usare degli anticorpi per provare l’esistenza di un retrovirus è il punto cruciale del problema. Questa è una parte molto importante della controversia perciò spero di riuscire a trasmettere il seguente messaggio che è molto importante. CJ: Sono tutt'orecchi. EPE: Pensi a quello che è successo fino ad ora. C’è un metodo vecchio, logico, attendibile, sensato per provare l’esistenza di un retrovirus. Si basa su niente di più se non la definizione di un retrovirus come una particella avente una particolare dimensione, forma, aspetto e costituenti e la capacità di riprodursi. Ma per qualche ragione sconosciuta questo metodo è stato abbandonato nell’era dell’HIV. Non mi chieda il perché. Al suo posto abbiamo una collezione disparata di dati comprese particelle non fotografate in gradienti di densità e qualche prova della trascrizione inversa sia nella coltura che nel materiale che si separa in bande a 1,16 g/ml. Nessuna di queste è la prova che esista un retrovirus nelle colture. Gallo stesso lo dice. CJ: La sto seguendo. Prosegua. EPE: Ed ecco che arriva l’idea degli anticorpi. Se vi è effettivamente un virus che è quindi estraneo, questo dovrebbe provocare anticorpi nella persona che infetta. Forse questi anticorpi sono davvero specifici, il che significa che si producono unicamente in risposta all’HIV e reagiscono con le proteine virali e nient’altro. Supponiamo che questa improbabile specificità sia un fatto e facciamo un’ipotesi ancor meno probabile. CJ: Sì? EPE: Diciamo che ciò che si considera vero dei cosiddetti anticorpi dell’HIV sia vero per tutti gli anticorpi. Qualsiasi singolo anticorpo mai prodotto reagisce solo con ciò che ha stimolato la sua produzione e con nient’altro. Gli anticorpi al batterio della tubercolosi reagiscono solo al batterio della tubercolosi. Gli anticorpi al virus dell’epatite reagiscono con il virus dell’epatite e così via. OK. Abbiamo delle colture di tessuti derivati da pazienti AIDS che reagiscono con anticorpi nei sieri di pazienti AIDS. Che cosa c’è dopo? Sappiamo che i pazienti AIDS vengono infettati da molti agenti diversi. Perciò se tali agenti, o parti di essi, sono presenti nei pazienti AIDS, devono esserci anche probabilmente nelle loro colture cellulari. Non è proprio per questo che il personale dei laboratorio viene considerato a rischio nel maneggiare questi campioni? E sappiamo anche che malgrado siano codificati come immuno-deficienti, tutti sono d’accordo che i pazienti AIDS hanno miriadi di anticorpi a cose di ogni genere. Compresi gli anticorpi alle cellule umane T, le cellule che compongono le colture. Se si aggiungono alcuni anticorpi a tali colture provenienti dallo stesso tipo di pazienti, anche se ogni anticorpo reagisce solo con il suo compagno, non si dovrebbe aspettare di vedere un grande numero di reazioni tra un grande numero di cose diverse? CJ: Capisco il suo punto di vista. Poiché tutto quello che si vede sono delle reazioni, non si può dire cosa stia reagendo con che cosa. EPE: Esattamente. Gli anticorpi reagiscono e delle cose e si illuminano, ma chi ha messo il dito sull’interruttore? E per quanto riguarda questa discussione siamo giunti all’accordo che ogni anticorpo si dirige contro un agente e reagisce solo con quell’agente. E se allora restituiamo la vera vita in cui gli anticorpi cross-reagiscono? CJ: Suppongo che sia un gran pasticcio. E’ difficile dire da dove provengono alcune proteine od anticorpi. EPE: E’ assolutamente esatto. E non si devono confondere le origini con la composizione. Per certo non si può provare l’origine di una proteina attraverso una reazione degli anticorpi. In che modo una reazione potrebbe dirci che una proteina proviene da una particella piuttosto che venire da Marte? Ma non si può provarne nemmeno l’identità. Questo perché gli anticorpi non lavorano all’indietro. CJ: Vi sono dei germi nei pazienti AIDS che potrebbero effettivamente reagire come Lei ha detto? EPE: Sì, Il virus dell’epatite B ne è un buon esempio. Molti, e nel caso degli emofiliaci, virtualmente tutti i pazienti AIDS vengono infettati dal virus dell’epatite B. E l’HBV non infetta solo le cellule del fegato. Infetta anche i linfociti-T. E per quanto possa sembrare strano, l’epatite B ha un enzima della Transcriptasi inversa. E la gente produce anticorpi a tale virus... CJ: Ho colto il senso. EPE: Ma c’è di più per quanto riguarda gli esperimenti di Gallo. Tanto per cominciare, il siero che Gallo ha usato in questo esperimento proveniva da un paziente con le iniziali ‘E.T.’ Ma E.T. non aveva in effetti l’AIDS. Aveva una condizione conosciuta come pre-AIDS. Cioè un ingrandimento dei linfonodi in molte parti del corpo. Ma il pre-AIDS è causato da molti agenti infettivi che sono presenti per esempio in molti omosessuali, in coloro che fanno uso di droghe intravenose e negli emofiliaci anche quando non è presente niente di ciò che viene chiamato HIV. CJ: Perciò E.T. potrebbe non aver avuto gli anticorpi all’HIV? EPE: Esattamente e l’altro fatto strano riguarda i conigli. CJ: Stavo per chiederglielo. EPE: Gallo afferma di aver avuto un siero proveniente dai conigli che conteneva anticorpi specifici dell’HIV. Immagini solo per un momento la scena nel laboratorio di Gallo. Hanno messo a coltura le cellule H9 con linfociti provenienti da pazienti AIDS e quando giungono a determinare quali proteine nelle loro colture hanno origine da un presunto virus raggiungono lo scaffale ed ecco che tirano giù una bottiglia etichettata “anticorpi specifici dell’HIV”. Come sono riusciti ad ottenere tali anticorpi? Questo è stato il primo saggio che hanno scritto, ma avevano già una bottiglia contenente gli anticorpi dei conigli specifici di un virus che stavano allora cercando di isolare proprio per la prima volta. CJ: Allora come l’hanno fatto? EPE: Dicono di aver preparato gli anticorpi dei conigli infettando ripetutamente dei conigli con l’HIV. Ma se stavano preparando degli anticorpi all’HIV non potevano iniettare ai conigli l’HIV puro (30), il che significa ancora che dovevano aver già isolato quello che stavano cercando di fare per la prima volta. Ciò non ha senso. CJ: Bene, se non hanno iniettato l’HIV puro nei conigli che cosa hanno iniettato? EPE: Nel miglior dei casi, se hanno usato dei campioni separati in bande che loro e qualunque altro considerano come HIV puro, si ha la prova che quello che hanno iniettato doveva essere qualcosa di simile a ciò che vediamo nelle fotografie degli Istituti Nazionali dei Tumori franco-tedeschi e statunitensi. Ora qualsiasi libro di immunologia dirà che le proteine sono le sostanze più potenti a disposizione come induttori di anticorpi. Ancor più se vengono introdotte direttamente nel flusso del sangue. Perciò, iniettando il loro materiale da coltura nei conigli, anche se avevano usato un campione separato in bande, Gallo e Popovic avrebbero esposto i loro conigli ad una moltitudine di proteine cellulari. I conigli avrebbero quindi prodotto anticorpi a tutte quelle proteine e dopo aver aggiunto detti anticorpi al materiale che avevano iniettato, naturalmente ci sarebbero state reazioni. E’ esattamente quello che ci si aspetta che faccia, ma che non fa, il materiale che si infetta col virus. Ed ancora meno con un unico retrovirus. CJ: OK. Capisco quello che sta dicendo. La sua obiezione è che, prima che ci fosse un virus, Gallo non avrebbe potuto sapere in alcun modo che c’erano degli anticorpi nel paziente E.T. o nei pazienti AIDS o nei conigli che avrebbero riconosciuto in modo specifico le proteine dell’HIV. EPE: Sì. Prima che lui avesse un virus non c’era modo di sapere che esistevano gli anticorpi all’HIV da qualche parte. Per iniziare ancora a parlare di anticorpi specifici delle proteine dell’HIV prima si deve provare che le proteine sono costituenti di una particella simil-retrovirale che sia in grado di replicarsi. Ed il solo modo per farlo è di isolare le particelle e fare quant’altro ho descritto. Si ha bisogno del virus PRIMA di andare a cercare le proteine e gli anticorpi. CJ: Allora, cosa diavolo sono questi anticorpi nei pazienti AIDS che tutti chiamano anticorpi dell’HIV? EPE: Quello che i miei colleghi ed io abbiamo messo in discussione in tutti questi anni è che non vi è alcuna prova che siano anticorpi dell’HIV. Il solo modo per trovare se sono anticorpi dell’HIV è di fare l’esperimento confrontando gli anticorpi con l’isolamento del virus. Questo è ciò che significa avere un gold standard. Usando l’isolamento del virus come un mezzo totalmente indipendente per determinare se vi siano effettivamente anticorpi specifici dell’HIV. Si può pensare all’HIV come ad un giudice. Se gli anticorpi specifici di un retrovirus chiamato HIV esistono, essi si riveleranno reagendo solo quando un retrovirus chiamato HIV è presente. Non c’è niente di più semplice. Ora, sebbene Lei non possa rendersene conto, c’è un altro problema. Ci potrebbero essere degli anticorpi specifici dell’HIV, ma se ci fossero anche degli anticorpi non-specifici dell’HIV? CJ: Posso immaginare che la gente sia confusa. La pregherei di elaborare il concetto. EPE: Va bene. Il problema nell’usare gli anticorpi è che ci potrebbero essere due tipi di anticorpi. Un tipo è specifico il che significa che si tratta di anticorpi causati dall’HIV e nient’altro e che reagiscono con l’HIV e nient’altro. L’altro tipo è non specifico, il che significa che sono anticorpi causati da altri agenti o stimoli e reagiscono di sicuro con quegli agenti, ma reagiscono anche con l’HIV. Se si aggiunge il siero di una persona ad alcune proteine dell’HIV in una coltura o in un Kit da test e si vede una reazione, come si piò dire quale tipo di anticorpi sta producendo la reazione? Vi sono infatti tre possibilità. Tutti gli anticorpi potrebbero essere di tipo specifico o nessuno di essi potrebbe esserlo. Oppure ci potrebbe essere un miscuglio. Tutto quello che si vede è una reazione. Qualcosa cambia colore. E’ tutto. Perciò cosa si può dire? Semplice. Si fanno dei test per gli anticorpi in tutti i tipi di pazienti, qualcuno con l’AIDS, qualcuno che è malato ma che non ha l’AIDS ed anche alcune persone sane. Ma negli stessi esperimenti, allo stesso tempo, si usa l’HIV come giudice, Per giudicare di quale tipo di anticorpi si tratta. E se gli anticorpi compaiono quando non vi è nessun HIV, allora devono esistere degli anticorpi non specifici. CJ: Che cosa pensa dell’esperimento per vagliare gli anticorpi? EPE: L’esperimento, che si sarebbe dovuto fare da tempo prima che il test degli anticorpi dell’HIV venisse introdotto nella medicina clinica, non è mai stato fatto. Ed infatti non si sarebbe potuto fare poiché fino ad oggi nessuno ha isolato l’HIV. Ma vi è una grande quantità di prove che dimostrano che le persone che tutti gli esperti accettano come NON infettate dall’HIV hanno degli anticorpi che reagiscono con quelle che alcuni affermano trattarsi delle proteine dell’HIV. Perciò vi sono anticorpi non-specifici dell’HIV e se alcuni sono non-specifici come si può sapere quanti lo sono? Perché non tutti? Anche se ce n’è solo qualcuno, come si può parlarne separatamente? La risposta è che non si può e ciò significa che non una singola persona può essere diagnosticata usando un test degli anticorpi. Significa anche che gli scienziati devono mettere in dubbio l’esistenza dell’HIV esattamente per le stesse ragioni per cui gli scienziati dello Sloan Kettering and National Cancer Institute hanno messo in dubbio l’esistenza dell’HL23V. CJ: Perciò la vostra discussione si riduce essenzialmente agli anticorpi dell’ “HIV” che non insorgono a causa dell’HIV o che non sono diretti contro l’HIV malgrado il fatto che tutti li chiamano anticorpi dell’HIV? EPE: Esattamente. CJ: Che cosa ci dice a proposito della prova che l’HIV causa l’AIDS? Gallo l’ha dimostrato nel 1984? EPE: Per essere onesti, nei suoi scritti in Science del 1984 Gallo non ha fatto tale asserzione diretta. Disse che l’HIV era la probabile causa dell’AIDS. Ma anche questa conclusione è discutibile. Anche se la dimostrazione di Gallo era la prova inconfutabile che aveva isolato un retrovirus, egli riuscì ad isolarlo solo da 26 su 72 pazienti AIDS. E’ solo il 36 percento. E solo l’88% di 49 pazienti AIDS aveva gli anticorpi. E questo avvenne per lo più usando l’ELISA, il test degli anticorpi considerato il meno specifico. Nessuno diagnostica l’infezione da HIV su un singolo ELISA. E se il virus era presente in solo il 36% dei pazienti perché l’88% aveva gli anticorpi? Intendo dire che c’erano più pazienti con gli anticorpi senza il virus di quelli con il virus. E non c’era nemmeno uno straccio di prova che l’HIV stesse uccidendo le cellule T4 o che avendo una scarsa quantità di cellule T4 esso potesse causare tutte le malattie diagnosticate come AIDS. CJ: La prova del 1984 era insignificante? EPE: Non vi era alcuna prova. Ma due anni dopo, quando Gallo stava difendendosi dall’accusa di aver usato il virus francese per scoprire la sua versione dell’HIV, fu molto più determinato riguardo ai suoi studi del 1984. Disse che forniva la prova “chiara” che l’HIV è la causa dell’AIDS. E la sua opinione non era diversa nel 1993. Mi permetta di leggerle proprio le parole di Gallo dal documento televisivo del 1993, ‘The Plague’ (La piaga, il flagello): «La prova inconfutabile che ha convinto la comunità scientifica che questa specie di virus è la causa dell’AIDS è venuta da noi. La giusta crescita di questo virus proviene da questo laboratorio principalmente tramite Mika Popovic. Lo sviluppo di un esame del sangue realizzabile, preciso. Non penso che ci sia qualcosa da discutere. Penso che la storia parli da sè». CJ: I problemi che Lei riscontra nelle pubblicazioni di Gallo riguardano anche i test usati per diagnosticare i pazienti infetti dall’HIV quando non vengono fatte le colture? EPE: Si riferisce al test anticorpale? CJ: Sì. EPE: E’ lo stesso test. Riesce a capire che cosa è successo? I ricercatori sull’HIV hanno usato alcuni anticorpi nel sangue dei pazienti per convincersi che alcune proteine nelle loro colture sono costituenti caratteristici di una particella che loro dicono essere un retrovirus e lo chiamano HIV. Questa è la prima cosa. Ma dopo aver fatto questo si sono espressi diversamente e hanno detto: «OK, se queste proteine provengono dall’HIV allora gli anticorpi devono essere anticorpi dell’HIV». Hanno quindi usato la sola e medesima reazione chimica per provare qual è il reagente quando non vi è in effetti alcun modo per cui uno degli anticorpi ci dica anche che cos’è un reagente, anche se si conosce l’altro con cui iniziare. Ecco perché è necessario uno standard aureo quale giudice indipendente. Per quanto riguarda effettivamente l’esecuzione dell’esame la differenza delle colture è che il sangue del paziente viene mischiato con delle proteine estratte dall’H9, oppure altre colture cellulari, e messo tutto quanto insieme in una provetta da test o separatamente in posti distinti lungo una sottile striscia di carta. Il primo viene chiamato l’ELISA ed il secondo il Western Blot. Se dette proteine reagiscono con il sangue e nel Western Blot il numero ed il tipo delle proteine reagenti richieste per produrre un test positivo variano in tutto il mondo, e questo è un altro problema enorme, allora si dice che il paziente è positivo all’HIV. CJ: Allora il test anticorpale dell’HIV è effettivamente la stessa procedura che venne usata per provare l’esistenza dell’HIV nelle colture provenienti da pazienti AIDS nel 1984? EPE: Sì. Ed anche dai francesi nel 1983. E da Gallo ed i suoi colleghi per provare l’esistenza dell’HL23V verso la metà degli anni settanta. Il nostro gruppo considera interessante il fatto che qualsiasi scienziato possa considerare degli anticorpi che reagiscono con delle proteine come prova di isolamento virale. Un anticorpo unito ad una proteina è un virus? Che cosa si aspetta di vedere al microscopio elettronico? Una particella con un core e delle estroflessioni? CJ: Allora è giusto dire che i test anticorpali dell’HIV sono inutili? EPE: No, non sono inutili. Non vi è alcun dubbio che l’essere in un gruppo a rischio ed avere anticorpi non sia una bella cosa. CJ: Come può essere? EPE: Poiché empiricamente è molto più probabile che tali persone sviluppino la malattia che classifichiamo come AIDS. (31) Infatti, nel Lancet è pubblicata la prova che un test positivo preannuncia mortalità crescente da malattie che non sono classificate come AIDS. Ma quello che non fanno i test, o almeno non vi è alcuna dimostrazione che lo facciano, è provare l’infezione da HIV. Oppure ancor meno provare che l’infezione da HIV è la ragione per cui la gente sviluppa l’AIDS. Lei può non rendersi conto che la sola prova che l’HIV causa l’AIDS siano questi test. Se i test non sono validi per provare l’infezione da HIV, allora non vi è alcuna prova che l’HIV causi l’AIDS. (3-5, 26, 32, 34) CJ: Che cosa può dirci di un test positivo in persone che sono apparentemente sane ed in nessun gruppo a rischio? Dovrebbero essere preoccupate? EPE: Non ci sono dati per rispondere a questa domanda e ritengo che sia impossibile ottenere mai questi dati. Ci dovrebbe essere un esperimento che paragona i gruppi selezionati di persone sane con e senza questi anticorpi. In altre parole, seguire le persone con un test positivo per un periodo di diversi anni e vedere chi ha sviluppato l’AIDS e chi no. La difficoltà sta nel fatto che sarebbe molto difficile per molte persone che sanno di essere positivi all’HIV, come pure per i loro medici, non credere che presto o tardi diventeranno molto malati e moriranno eventualmente di AIDS. E la mente può condizionare molto i risultati di tale esperimento. Da entrambe le parti. CJ: Che cosa intende per da entrambi le parti? EPE: Voglio dire che la salute dei pazienti sarebbe influenzata sapendo che sono positivi all’HIV ed i loro medici si vedrebbero costretti ad offrire dei trattamenti con medicine date nella convinzione che siano necessarie per uccidere un virus che i pazienti non hanno. CJ: Anche le medicine potrebbero essere nocive? EPE: Bè, l’AZT, la medicina originale e maggiormente impiegata è certamente ben nota per i suoi effetti tossici ed infatti alcuni di questi effetti imitano l’AIDS. CJ: Che cosa succederebbe se si facesse questo esperimento, alla cieca, e si trovasse che i positivi all’HIV sono più predisposti a contrarre l’AIDS dei negativi all’HIV? Che cosa ci direbbe di questo? EPE: Secondo i nostri dati attuali ciò significherebbe la stessa cosa che significa nei gruppi a rischio di AIDS. Gallo ed i suoi colleghi con probabilità hanno scoperto un test che per certe ragioni preannuncia una tendenza ad ammalarsi di certe malattie che vengono considerate alla stessa stregua dell’AIDS. Ma ciò non prova che il collegamento di tutte queste malattie sia un retrovirus. Questo non potrà mai essere dimostrato a meno che non si provi l’esistenza dell’HIV isolandolo prima e dopo che sia stato usato per confermare gli anticorpi come anticorpi dell’HIV. Anche dopo, non si potrà dire che l’HIV causa l’AIDS solo perché è presente nei pazienti AIDS. L’associazione non prova il rapporto tra causa ed effetto. Infatti, secondo la definizione dell’AIDS del CDC, non è necessario essere infettati dall’HIV per essere diagnosticati come AIDS. CJ: Sembra veramente pazzesco. EPE: E’ scritto nella letteratura. In certe circostanze la definizione dell’AIDS del CDC richiede che un paziente sia diagnosticato come un caso di AIDS anche se i test degli anticorpi del paziente sono negativi. (35) CJ: Che cosa si dice sui test dell’RNA. Il PCR e la carica virale e simili? EPE: Questa è un’altra materia immensa, ma posso dire solo una cosa. Tutti questi test si basano sul confrontare un frammento dell’RNA o DNA del paziente con un frammento da test dell’RNA o DNA che si ritiene abbia origine da una particella chiamata HIV. Si può considerare questo caso come quello degli anticorpi dei conigli. Vi è un’altra bottiglia sullo scaffale e sull’etichetta si legge “RNA dell’HIV”. Ma se non si è isolato e purificato una particella retrovirale e dimostrato che sia un virus, come si può sapere da dove viene questo frammento di RNA? Gli stessi esperti in HIV dicono che ci sono circa cento milioni di RNA dell’HIV in ogni paziente AIDS. (36) Con questa grande variazione si potrebbe pensare che un virus sia l’origine più probabile per detto RNA. Voglio dire, come può un virus avere una variazione così grande ed essere anche lo stesso agente? Fare anche le stesse proteine e indurre la formazione di anticorpi? Utilizzare ancora gli stessi identici meccanismi? CJ: Mi dica Eleni, se non vi è alcun virus da dove provengono tutte le cose che Montagnier e Gallo hanno trovato? Presumo che Lei creda che abbiano trovato qualcosa nelle colture? EPE: Naturalmente hanno trovato qualcosa. Hanno trovato molte cose. Tutte le cose che abbiamo discusso. E la Sua domanda è giusta. Secondo il nostro punto di vista è possibile che l’RT e le sue particelle siano una qualche reazione prodotta quando le cellule vengono messe a coltura da persone malate. Oppure quando viene introdotto nelle colture il risultato dei prodotti chimici. Sappiamo che sia i processi normali che patologici possono essere associati alla comparsa delle particelle simil-virali. Non c’è assolutamente alcun dubbio al riguardo. Che cosa sono esattamente queste particelle? Be’, alcune possono essere solo frammenti delle cellule che si disintegrano. Delle altre sembrano certamente più uniformi e potrebbero essere concepibilmente simil-virali o anche simil-retrovirali, ma nel contesto dell’HIV ciò che importa veramente è la prova che almeno una di queste varietà di particelle sia veramente una particella retrovirale. Anche se avessimo questa prova, l’RT e le particelle e le proteine potrebbero provenire tutte da un retrovirus endogeno. CJ: Che cos’è un retrovirus endogeno? EPE: A differenza di tutti gli altri agenti infettivi, il DNA umano normale contiene informazioni retrovirali che non sono arrivate lì seguendo un’infezione retrovirale. La cellula è nata con esso. Perciò tra tutti i nostri DNA ci sono segmenti composti di alcune informazioni retrovirali e che possono stare là forse per tutta la vita finché non succede qualcosa. Il DNA comincia a produrre RNA e quindi proteine e questo può andare anche più lontano e portare all’assemblaggio di particelle retrovirali endogene. Sono chiamati endogeni perché non sono qualcosa che è venuto dall’esterno. Come si suppone che lo sia l’HIV. Viene chiamato esogeno qualcosa che è entrato dall’esterno. Molto tempo prima dell’era dell’AIDS tutti sapevano che nelle cellule animali la produzione di retrovirus endogeni poteva avvenire spontaneamente. Si fa una coltura cellulare e nient’altro. Basta lasciarla sullo scaffale per pochi giorni o forse poche settimane e quindi un giorno comincia a produrre particelle simil-retrovirali. Apparentemente non provengono da nessuna parte ed il processo si può accelerare in modo significativo e la produzione di particelle aumentare, alcune volte di milioni di volte, da condizioni che provocano l’attivazione cellulare, le stesse condizioni che sono obbligatorie per ottenere dalle colture cellulari quello che viene chiamato HIV. E’ interessante sapere che, fino al 1993, né Gallo né Fauci che è un altro ricercatore HIV molto conosciuto (37) hanno accettato il fatto che gli individui contenessero il DNA per produrre retrovirus endogeni, ma ora si accetta il fatto che il DNA retrovirale endogeno forma circa l’1% del DNA umano. Per la cronaca, è circa 3.000 volte più grande di quella che gli esperti affermano sia la dimensione del genoma dell’HIV. E per di più, possono insorgere dei nuovi genomi retrovirali per il riordinamento e la ricombinazione dei genomi retrovirali esistenti. CJ: Perciò l’HIV potrebbe essere un retrovirus endogeno? EPE: Vi sono molte spiegazioni per i fenomeni di laboratorio presenti come prova dell’esistenza dell’HIV. Li abbiamo esaminati tutti in un articolo molto lungo che abbiamo scritto per la rivista Continuum lo scorso Ottobre. (38) CJ: Si può parlare di endogeno ed esogeno separatamente? EPE: No. I retrovirus prodotti in modo endogeno sono morfologicamente e biochimicamente indistinguibili dai retrovirus esogeni. CJ: Se l’HIV fosse un virus endogeno, come potrebbero i pazienti AIDS produrre tali virus quando noi non lo facciamo? EPE: Perché i pazienti sono malati. Infatti loro sono malati prima di aver mai sviluppato l’AIDS. Perciò le loro cellule sono malate e le loro cellule malate si trovano nella giusta condizione nelle colture per attivarsi. Questo è ciò di cui si ha bisogno per produrre un virus endogeno e che si è saputo per decine di anni. O gli agenti ai quali vengono esposti i pazienti provocano le giuste condizioni, oppure le condizioni di coltura recitano una parte. Forse una parte importante. Io non so quale sia il contributo maggiore, ma ciò si sarebbe potuto valutare molto tempo fa se i primi ricercatori HIV avessero incluso pochi esperimenti di controllo. CJ: Quali sono? EPE: Quando si fa una coltura di linfociti provenienti da un paziente AIDS con alcune cellule H9 e tutti i prodotti chimici che si aggiugono per fare la coltura producono l’ “HIV”, non si sa se ciò che si trova è effettivamente la differenza che pone i pazienti AIDS separatamente da tutti gli altri. Che cosa accadrebbe se si cercasse esattamente la stessa cosa in pazienti similari che non hanno l’AIDS? Perciò, per convincersi che quello che si trova e si chiama HIV è presente solo nei pazienti AIDS e che perciò potrebbe avere qualcosa a che fare con l’AIDS, si devono usare dei controlli. Sono degli esperimenti svolti parallelamente ai principali esperimenti condotti esattamente nello stesso modo usando esattamente gli stessi materiali. La sola differenza è l’unica variabile che si sta inseguendo. CJ: Potrebbe dare ulteriori informazioni? EPE: Un controllo sarebbe una coltura di cellule provenienti da alcuni pazienti della stessa età e sesso e condizioni ambientali che hanno malattie come l’AIDS, ma non l’AIDS. Ancora meglio se le cellule provenissero da pazienti che hanno un basso numero di cellule T4 e che sono ossidati. (3,32) I pazienti AIDS hanno entrambe queste anomalie, ma non sono i soli pazienti ad averle. E non ci si deve nemmeno dimenticare di aggiungere gli stessi prodotti chimici a tutte le colture. Sappiamo già che uno di questi agenti chimici provoca la trascrizione inversa nei linfociti normali. Ora, se si facesse tutto questo si potrebbe allora trovare che i linfociti provenienti da uomini di New York che fossero malati di AIDS svilupperebbero anch’essi particelle ed RT e reazioni da anticorpi quando messi a coltura. Ciò vorrebbe significare che si dovrebbe essere molto cauti nell’interpretare quei dati come se fossero qualcosa di speciale per l’AIDS. CJ: Non ci fu nessun controllo? EPE: Questo è ancora un altro problema di tanta ricerca sull’AIDS. Difficilmente si usano dei controlli e quando lo si fa sono spesso del tipo sbagliato. CJ: E’ possibile che così facendo abbiamo completamente “ribaltato” l’AIDS? Lei prima accennava a questo. I pazienti o le colture potrebbero essere responsabili di quello che viene chiamato HIV e non viceversa? EPE: Giusto. Avere l’AIDS può essere proprio una prescrizione per sviluppare quelle anomalie. Gli stessi retrovirologi hanno discusso il fatto che i retrovirus possano insorgere come risultato di una malattia e non viceversa. Mettere causa ed effetto al contrario non è cosa nuova per la Medicina. Anche il Premio Nobel è stato concesso in tali circostanze. CJ: E’ quasi arrivato il momento di concludere. Ho altre tre domande. La prima, per quanto tempo Lei ed i Suoi colleghi hanno portato avanti la tesi che l’HIV non esiste? EPE: Sin dalla prima pubblicazione sull’HIV. Nel 1983. CJ: Perciò non è una cosa a cui siete giunti recentemente? EPE: No. CJ: Avete pubblicato queste particolari polemiche? Voglio dire su un giornale scientifico? EPE: Sì. Nel mio primo studio sull’AIDS del 1988. Ho portato avanti una teoria non virale dell’AIDS ed ho anche incluso qualcosa di ciò di cui abbiamo parlato oggi. CJ: Dov’è stato pubblicato? EPE: In Medical Hypotheses. (3) CJ: Un giornale non molto conosciuto? EPE: E’ un giornale ben noto per le idee. Lì la discussione sull’HIV non è franca come quella che abbiamo avuto oggi ma tornando indietro nel tempo, era virtualmente impossibile discutere l’esistenza dell’HIV. Era importante essere abbastanza abili da ottenere la pubblicazione. Nonostante ciò, ci sono voluti alcuni anni per ottenere la pubblicazione di quello studio. Inizialmente l’ho sottoposto ad un giornale molto più importante, ma è stato rifiutato. Due volte in effetti. CJ: Di che giornale si trattava? EPE: Non ha importanza. Quindi nel 1988 Val Turner ed io abbiamo scritto un saggio che spiegava nei dettagli tutti i problemi di cui abbiamo discusso oggi. Abbiamo indirizzato quel saggio ai clinici e l’abbiamo offerto ad un giornale letto da dottori praticanti in Australia. CJ: Non avete avuto fortuna? EPE: Per niente. CJ: Perciò solo la gente che ha letto Medical Hypotheses avrebbe potuto sapere quello che pensavate dieci anni fa? EPE: Sì. CJ: Lei ha accennato alla Sua teoria non virale dell’AIDS. Mi dica qualcosa. EPE: Eravamo tra le prime persone al mondo a mandare avanti l’idea che fattori non infettivi spiegano l’AIDS negli omosessuali ed i primi a proporre una teoria non infettiva per tutti i gruppi a rischio come pure un meccanismo unificante. Per di più, la nostra teoria anticipa il fatto che i fattori che causano lo svilupparsi delle malattie da AIDS sono anche responsabili dei fenomeni che tutti gli altri desumono come l’isolamento di un retrovirus proveniente da pazienti AIDS. CJ: Che reazione si è avuta alla vostra teoria? EPE: Sfortunatamente molto limitata, ma alcuni gruppi di ricerca hanno confermato alcune delle nostre teorie compresa la teoria che gli antiossidanti possano essere utili per trattare gli individui che sono a rischio di sviluppare l’AIDS. CJ: E’ riuscita a vincere l’inerzia verso le loro idee? EPE: Non abbiamo avuto molta fortuna con la stampa scientifica, ma alcuni omosessuali ed associazioni di omosessuali hanno cominciato ad essere nostri grandi alleati. Se non fosse per loro, penso che il nostro compito sarebbe quasi impossibile. CJ: Se lei dovesse citare un solo ostacolo che impedisce la risoluzione dei problemi scientifici con l’AIDS, quale sarebbe? EPE: Secondo il nostro parere l’unico ostacolo principale per capire e risolvere l’AIDS è l’HIV. CJ: Questo potrebbe spiegare perché il vostro gruppo ha scritto così tanti saggi contro l’HIV? EPE: E’ del tutto esatto. Infatti abbiamo scritto molti più saggi di quanti ne abbiamo pubblicati. Sfortunatamente siamo riusciti portare in stampa solo una dozzina di saggi o poco più nei giornali scientifici. Uno dei più importanti era un saggio pubblicato in Bio/Technology (5) che adesso si chiama Nature/Biotechnology. Lì dicevamo senza mezzi termini che non vi è alcuna prova dell’isolamento dell’HIV. Quello studio è stato certamente notato, ma ancora una volta nessuno ha risposto ai nostri punti di vista. CJ: Così siete rimasti una minoranza? EPE: Non siamo solo una minoranza. Siamo ancora i soli ad aver mai pubblicato dei dati nei giornali scientifici che discutono l’esistenza dell’HIV e che cercano di dimostrare che i test degli anticorpi dell’HIV non sono la prova dell’infezione da HIV. CJ: Eleni, perché virtualmente, malgrado tutto ciò che ha spiegato oggi, tutti i fisici e gli scienziati del mondo sembrano estremamente a loro agio proprio con la prova che Lei trova così difficile da accettare? EPE: Il problema non è quello di accettare la prova. E’ come la prova viene interpretata. Questo è il mio modo di vedere. Molti degli scienziati e dei medici che credono nell’HIV e che l’HIV causi l’AIDS lo fanno perché accettano l’interpretazione di una minoranza relativa di esperti. Non è assolutamente realistico aspettarsi che la gente che lavora nell’AIDS analizzi i dati al punto in cui siamo. Per quanto gli stessi esperti in HIV siano implicati, non so perché interpretino la prova come fanno. Posso solo fare delle supposizioni. Forse è perché le fotografie sono così povere. Vi sono fotografie che contengono particelle che sembrano un virus e c’è la Transcriptasi inversa nelle stesse colture come nelle particelle. E’ possibile collegare mentalmente le particelle, la trascrizione inversa e le proteine e gli anticorpi che reagiscono con le proteine e portare ciò come la prova dell’esistenza di un retrovirus. Specialmente per un retrovirologo. Suppongo che qui risieda l’intero problema. Non dobbiamo dimenticare che tutti noi siamo soggetti e guardiamo i problemi dalla nostra prospettiva. CJ: Ma la stessa cosa non riguarda l’interpretazione della letteratura da parte del suo gruppo? EPE: Lo fa certamente, ma non perde di vista un aspetto molto importante di tutto ciò che non è soggettivo. CJ: Che cos’è? EPE: La definizione di un virus ed il metodo che si segue per provare l’esistenza di un virus. Lo stesso metodo che fu approvato dall’Istituto Pasteur nel 1973. non si può negare che sia un metodo che costituisce la prova assoluta dell’esistenza di un retrovirus. E ciò che non si può nemmeno negare è che l’HIV non sia mai diventato una realtà secondo questo metodo. In altre parole, nonostante l’AIDS venga considerato come una delle condizioni più gravi che abbia mai afflitto la razza umana, nessuno ha ritenuto necessario usare un metodo sicuro per stabilire l’esistenza della causa putativa di questa terribile malattia. Al contrario tutti hanno optato per una serie di criteri non specifici e sembrano pensare che se si mettono tutti questi insieme debbano in qualche modo trasformarsi nella risposta giusta. CJ: Questo non ha alcun merito? Se sono tutti indizi di un retrovirus, certamente più se ne hanno e più ci si avvicina. EPE: Sicuramente no. Che cosa accade se la vera causa è qualcosa di inaspettato? Oppure qualcosa di cui non si è a conoscenza o non è nemmeno possibile immaginare? In quel caso più indizi si hanno su ciò che ci si sta aspettando, o si vuole che sia, più è probabile venir tratti in inganno. Tutto si riduce a se ci si vuole occupare delle probabilità piuttosto che dei fatti. E’ quello che intendo per essere soggettivi. E’ come un medico che vede un paziente con la febbre, diarrea, vomito e shock e che dichiari che la causa è il colera. Potrebbe essere sicuramente il colera, ma cosa dire delle dozzine di altri batteri che causano una simile patologia? Che cosa accadrebbe se la sua vita dipendesse da questo? CJ: Capisco il suo punto di vista. Ritiene che ora che si è visto che cosa c’è effettivamente nel gradiente di densità, la corrente insorgerà contro l’HIV? EPE: Mi aspetterei che i dati segnino un punto di svolta. Specialmente che la maggior parte delle persone se ne renda conto e ne venga a conoscenza. A conferma di ciò che il nostro gruppo è andato dicendo per moltissimo tempo. Nell’introduzione al saggio franco/tedesco, gli autori affermano chiaramente che prima delle loro fotografie il gradiente di densità a 1,16 g/ml era “considerato contenere una popolazione di particelle virali relativamente pure”. Quello è il nostro punto di vista. L’HIV non è mai stato isolato e tuttavia per gli ultimi quattordici anni gli scienziati e le compagnie biomediche hanno contribuito ad usare questo materiale per ottenere le proteine e l’RNA come se fosse HIV puro. Le fotografie sono potenti e questa è un’arma a doppio taglio. CJ: Che cosa pensa possa accadere ora alla ricerca sull’AIDS? EPE: Penso che il metodo tradizionale dell’isolamento dei virus dovrebbe essere applicato il più urgentemente possibile usando colture con cellule provenienti da pazienti AIDS, come pure controlli adatti. Come ho detto, dobbiamo scoprire una volta per tutte se esiste quello che viene chiamato HIV. Ci sono voluti quattordici anni per ottenere una pura manciata di fotografie al microscopio elettronico di un gradiente di densità ed anche se queste non avessero mostrato niente di più del giusto tipo apparente di cellula, stiamo ancora tralasciando tutti gli altri passi che sono necessari per giungere ad un retrovirus. CJ: Quali sono i passi più importanti? EPE: Tutti i passi sono importanti. Stabilendo la presenza di particelle simil-retrovirali nelle colture, la purificazione e l’analisi di dette particelle prova che le particelle possono riprodursi e prova che gli anticorpi nel sangue dei pazienti che reagiscono con le proteine prese dalle particelle sono specifici. CJ: Se non è così? EPE: Se questi fenomeni vengono osservati anche nelle colture dei controlli, oppure se le particelle che si separano in bande a 1,16 g/ml sono della morfologia sbagliata o non sono infette, oppure se gli anticorpi presenti nei pazienti AIDS non sono specifici di tali particelle, allora non si può dire che i pazienti AIDS sono infettati da un unico virus, HIV. CJ: Che cosa significa che l’HIV potrebbe fare una fine simile a quella dell’HL23V? EPE: E’ molto probabile. Le proteine che si diceva appartenessero all’HL23V vennero definite allo stesso modo delle proteine dell’HIV. Per reazioni di anticorpi. Perciò quando si dimostrò che gli anticorpi erano non-specifici, l’HL23V scomparve. Nel caso dell’HL23V fu relativamente facile poiché gli anticorpi erano presenti in cosi tante persone che non avrebbero mai avuto la leucemia da essere legati ad essere qualcosa di non collegato e cioè quello che si era infine testato presso il Sloan Kettering e l’Istituto Nazionale dei Tumori. Il mio gruppo pensa che gli scienziati alla fine accetteranno il fatto che è come per gli anticorpi dell’HIV. Lei può notare che i pazienti AIDS sono inondati di anticorpi a così tante cose diverse che una piccola quantità di queste potrebbe facilmente reagire con due o tre delle dieci proteine presenti nel test dell’ “HIV”. Questo è tutto ciò che si richiede per essere positivi all’HIV. Infatti ora vi è ampia dimostrazione che gli anticorpi prodotti come risultato di infezione con i due germi che infettano il novanta per cento dei pazienti AIDS reagiscono con tutte le proteine dell’HIV. Intendo germi noti come micobatteri e lieviti che tra di loro causano due delle più comuni malattie che definiscono l’AIDS. Abbiamo uno studio su questo argomento in stampa sul giornale britannico Current Medical Research and Opinion (39). In questo caso come si può dire che questi anticorpi provano l’infezione da HIV o che queste malattie sono causate dall’HIV? CJ: Eleni Papadopulos-Eleopulos, La ringrazio molto per avermi dedicato un po’ del Suo tempo oggi. EPE: E’ stato un piacere.
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maria
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Inserito il
18/03/2006 10:50:43
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Aids e altro
AIDS: menzogne, razzismo e imperialismo Cosa si nasconde dietro la guerra batteriologica "terrorista" Un sottile filo nero unisce guerra batteriologica, CIA, scienziati delle multinazionali e AIDS! Cominciamo a sciogliere i gomitolo neroŠ "Gli scienziati che hanno lavorato alla messa a punto degli armamenti batteriologici e dei virus, per conto del governo degli Stati Uniti e della CIA, dispongono di biotecnologie genetiche e molecolari estremamente sofisticate e specifiche che li hanno messi in grado di costruire quello che potremo definire letteralmente lo stimolo per la predisposizione a certe malattie in certe razze umane". Dottor L. Horowitz, autore del libro "Emerging Viruses, AIDS & Ebola, Nature, Accident or Intentional?" E' oltre un anno che i media americani parlano incessantemente di un possibile conflitto batteriologico. Ora sembra, a prima vista, che questo conflitto sia scoppiato. Evidentemente questa guerra ha un duplice scopo: da un lato, offre lo spunto per attaccare militarmente gli Stati che di volta in volta Bush decide di accusare (si è fatto il nome dell'Iraq); dall'altro, offre la possibilità di giustificare il fatto che gli Stati Uniti sono il primo produttore mondiale di armi batteriologiche sviluppate su commissione della CIA da laboratori come la Litton Bionedics. I laboratori di ricerca Hazeltine sono quelli dove per la prima volta comparve il Reston virus, altrimenti conosciuto come il micidiale Ebola. Sei mesi fa, due milioni e quattrocentomila militari statunitensi sono stati vaccinati contro il virus dell'antrace. Strana coincidenza? Ma il filo nero che collega imperialismo economico e militare americano è destinato a sollevare ben altri dubbiÉ Innanzitutto, che cosa si nasconde dietro i vaccini? I vaccini sono prodotti dalle industrie americane che fanno capo a Rockefeller. Tali vaccini contengono virus cancerogeni e immunosoppressori. Ora si dà il caso che il Governo americano abbia prodotto leggi illuminanti, che garantiscono le norme sui brevetti e gli accordi di non divulgazione imposti dalle multinazionali farmaceutiche. Cos“, sebbene si sappia che i vaccini contengano virus cancerogeni come l'SV40 ed altri ancora, nessuna rivista scientifica può pubblicarne la presenza. Solo scienziati indipendenti possono farlo, a rischio di querele e di carriere spezzate. Il filo nero assume una maglia molto più grandeÉ Altra cosa interessante da sapere: le industrie farmaceutiche americane sono, per legge, affiliate al sistema militare. Abbiamo citato Rockefeller: senza indagare molto, scopriamo che il filo nero si estende storicamente ad oltre cinquant'anni fa. Le radici affondano nel nazionalsocialismo. Gli Stati Uniti ne sono i legittimi eredi. La famiglia Rockefeller aveva una piena collaborazione con la IG-Farben, l'industria schiavistica che produceva i suoi prodotti ad Auschwitz, usando manodopera dei prigionieri. La IG-Farben e i Rockefeller erano coinvolti in un'operazione di Eric Traub, ricercatore medico biologico al servizio di Hitler e sviluppatore di armi batteriologiche. Lo scopo di Traub era di creare dei virus che colpivano soltanto determinate popolazioni. Ma a quel tempo la ricerca genetica era solo agli albori. Furono gli USA a sviluppare questa "scienza del gene" e della morte. La maglia di allargaÉ Henry Kissinger, che gli americani giudicano un patriota mitico e meraviglioso, era il responsabile dei servizi segreti durante la seconda guerra mondiale per la "caccia ai nazisti" (il poco famoso "progetto Paperclip"). Kissinger non "cacciava" i nazisti per produrre prove sui loro crimini da addurre al processo di Norimberga o in altri processi, ma lavorava per il loro riciclaggio nell'Intelligence e nelle industrie americane. Tra coloro che vennero "cacciati" e riciclati ci fu anche Traub, che venne assunto dalla Marina Americana (ma lavorò anche per l'Università della California e per aziende affiliate alla marina militare). Nei suoi lavori, Traub produsse virus mutanti ibridi che avrebbero prodotto il cancro e immuno-depressione. Tale lavoro prefigura lo "Special Virus Cancer Program", quello che oggi ha assunto il nome "Progetto del Genoma Umano". Si tratta di un'evoluzione del progetto hitleriano per l'igiene razziale. Ma non fu neppure Hitler a inventare questo "progetto". Esso risale infatti agli anni Venti: le famiglie Rockefeller, Prescott, Bush (il nonno dell'attuale Presidente) avevano il progetto di eliminare certe razze dal pianeta. Furono queste famiglie che appoggiarono l'ascesa del nazismo. Nell'ambito del "Progetto del Genoma Umano" l'Hazeltine, la Litton Bionedics e tutti i programmi per gli armamenti batteriologici continuano questo progetto di eliminazione di certe razze. Un paio d'anni fa, con grande plauso della scienza mondiale, dai laboratori di Colt Spring Harbor (vicino a New York City) è stato annunciato il completamento dei genomi umani, cioè è stato dimostrato il legame di certi geni con certe razze e con certe disposizioni verso alcune malattie. Nel campo della ricerca medica statunitense compaiono articoli dai titoli illuminanti: "Scoperto cancro al polmone nelle donne ebree", oppure "Scoperto il gene dell'anemia falciforme negli uomini di colore", oppure "Scoperto lo sviluppo del sarcoma negli uomini discendenti dagli ebrei europei", oppure "Scoperta infezione da Ebola nelle persone di colore". Trovo molto interessante far notare come si parli frequentemente del "gene degli ebrei" o del "gene dei negri". Ma diamo spago al filo neroŠ Nel 1970 il Dipartimento della Difesa statunitense stanziò oltre 10 milioni di dollari per uno studio di cinque anni indirizzato allo sviluppo di microrganismi in grado di devastare il sistema immunitario, da utilizzare in un'eventuale guerra batteriologica. Tale finanziamento era finito nelle mani della Litton Bionedics. Due milioni di dollari all'anno per sviluppare questo tipo di microrganismo sia nel settore delle armi biologiche, che per ricerche sul cancro e sui vaccini. Quegli studi hanno prodotto vaccini messi sul mercato, che avevano l'effetto collaterale (previsto) di devastare il sistema immunitario. Sappiamo anche che il vaccino che più verosimilmente ha diffuso nel mondo l'AIDS e forse anche l'affaticamento cronico (dato che sono comparsi entrambi nello stesso periodo) fu il vaccino sperimentale per l'epatite B che venne preparato nei laboratori Merck, Sharpe & Dohme, con il supporto del CDC [Centers for Disease Control] e dell'FDA [Food & Drug Administration - USA]. Sappiamo che questo particolare vaccino dell'epatite B venne in parte preparato in scimmie contaminate, che furono mandate dalla Litton Bionedics. Il dottor W. John Martin, ex-direttore della Sezione di Oncologia Virale del Dipartimento di Biologia dell'FDA, con coraggio, ha detto che non c'è nessuna ragione per cui questi vaccini continuino ad essere contaminati e che le autorità possiedono la capacità e la tecnologia per ripulirli. Eppure non lo fanno.> L'SV40 che è presente nei vaccini orali per la polio (tutt'oggi obbligatori negli Stati Uniti), somministrati nei primi anni '60 a ben oltre 100 milioni di persone in tutto il mondo (per lo più in Russia), attualmente si è esteso nella collettività e si sta diffondendo. Questi vaccini non sono mai stati ripuliti completamente ed oggi stanno dando ancora virus di scimmia contaminati ad esseri umani. In un recente articolo del Jama [Journal of American Medical Association] si parla del 25% di una numerosa popolazione italo-americana che porta questi virus di scimmia nell'organismo. Tali virus sono la causa fondamentale della distruzione dell'apparato immunitario. Il virus dell'AIDS potrebbe essere il risultato di uno sviluppo sintetico, mescolando un certo numero di virus killer nel tentativo di creare un virus che distrugga il sistema immunitario. Fu il 12 febbraio 1962 che iniziò lo Special Virus Cancer Program. In particolare verso la fine degli anni '60 i ricercatori della Litton Bionetics – diretti dal dr. Robert Gallo – come pure quelli dell'NCI [National Cancer Institute] erano molto esperti nel prendere virus di scimmia e ricombinarli con virus RNA della leucemia felina che provocava una lunga lista di sintomi identici a quelli di cui soffrono i malati di AIDS. In alcuni studi questi virus vennero coltivati in globuli bianchi umani ed in altri in cellule di tessuto fetale umano, cos“ che si adattassero. Il vaccino per l'epatite B odierno porta ancora un enzima altamente cancerogeno, che le autorità non hanno ancora rimosso. Quel miscuglio che chiamano vaccino, fatto di proteine decomposte, virus cotti, batteri morti natanti in quel fluido contenente formaldeide e derivati del mercurio, che viene iniettato nel corpo di un neonato o di un soldato, a che titolo dovrebbe fare bene? I vaccini non fabbricano anticorpi, ma sono veleni per l'organismo, producono malattie gravi, invalidanti, mortali. Le statistiche ci illuminano al riguardo: i vaccini hanno fatto aumentare il numero delle malattie. Le malattie sono state create a tavolino. L'AIDS non ne è escluso. Il dr. Robert W. Simpson della Rutger Univ. di New Jersey, comunica alla "American Cancer Society Seminar for Science Writers" che i vaccini provocano alterazioni nell'RNA creando aberranti "provirus" che rimangono latenti nel corpo, e che in determinate condizioni scatenano svariate malattie dichiarate incurabili: artrite reumatoide, sclerosi multipla, lupus eritematoso disseminato, morbo di Parkinson... L'AIDS dicevamoÉ che cosa è? E' prima di tutto un enorme giro di denaro fatto di migliaia di miliardi di dollari, con la vendita di preservativi e gli infiniti eventuali vaccini. Migliaia di associazioni parassite si reggono in piedi con la scusa di fare ricerche. Ma l'unica cosa che cercano sono i soldi. L'AIDS non è dichiarata una "malattia", ma una sindrome, quindi un insieme di sintomi. AIDS significa Sindrome di Deficienza Immunitaria Acquisita: non una nuova malattia, ma un insieme di sintomi di vecchie malattie raggruppati insieme apparentemente senza ragione. Nel 1981 il dottor Gottlieb, immunologo, individuò cinque persone malate, che non avevano mai avuto contatti tra loro che presentavano sintomi comuni, caratterizzati da un sistema immunitario fortemente indebolito. Questa "malattia" venne battezzata col nome di AIDS. La nascita dell'AIDS fu annunciata il 23 aprile 1984 dalla stampa, non dal dibattito scientifico. L'annuncio era gioioso perché veniva comunicato che il Governo americano avrebbe stanziato subito milioni di dollari per la ricerca. E questo prima ancora che la scienza avallasse l'ipotesi di una malattia con prove. Il Segretario alla Sanità statunitense, Margaret Heckler (Governo Reagan, che fu eletto con l'appoggio della Wellcome Trust Corporation, proprietaria della Wellcome Foundation, produttrice di farmaci) e il dottor Gallo, dissero che ci sarebbero voluti un paio d'anni per trovare il vaccino. Si disse che la "malattia" era causata dalla trasmissione di un virus, l'HIV (human immunodeficiency virus), attraverso il sangue e i rapporti sessuali. Dopo migliaia di miliardi e 17 anni di ricerche, ancora non abbiamo una cura efficace. Questo virus è un fantasma: non ne è mai stata dimostrata l'esistenza, non è mai stata pubblicata una foto di una sola particella di esso, ma soprattutto non sono mai stati pubblicati gli esperimenti di laboratorio sulla sua esistenza. L'HIV non risponde neppure ai requisiti di un virus: se un liquido cos“ infettivo si trasmette attraverso il sangue, lo sperma e i liquidi vaginali, perché non dovrebbe trasmettersi attraverso la saliva il sudore e le lacrime? (A proposito, dato che è una malattia "sessuale" le prostitute dovrebbero esserne le prime colpite, invece ne risultano praticamente immuni: in Italia nel 1993 si sono verificati sei soli casi, nel 1995 solo 22!). La medicina ufficiale non ha mai trovato una risposta scientifica. Non sappiamo neppure quanto è la presunta incubazione del virus. Siamo passati dai 10 mesi circa dei primi tempi ai 14 anni di oggi! I sieropositivi che non si ammalano d'AIDS dovrebbero suggerire una riflessione sul dogma HIV=AIDS, invece vengono chiamati "lunghi sopravviventi", con una formula che deroga da ogni principio medico e scientifico. Il virus del morbillo ha una incubazione di 9 giorni inalterata da secoli! Perfino i "test per l'AIDS" sono del tutto inattendibili: il 50% dei sieropositivi non si ammala di AIDS e un terzo dei malati di AIDS produce "test dell'HIV" negativi (nel 1984, Montagner – che ritroveremo, in quanto è il co-scopritore del virus dell'HIV insieme all'americano Gallo – constatò che nel 32% dei casi esaminati i malati di AIDS avevano un test dell'HIV negativo, cioè non avevano il virus dell'HIV in corpo!). Affermare che l'unica causa dell'AIDS è l'HIV ed affermare che vi sono casi di AIDS in cui non è presente il virus dell'HIV è una contraddizione madornale e ridicola che sconfessa tutto quanto sa la scienza ufficiale in campo di malattie infettive. La prevenzione serve a qualcosa? Certamente: anzitutto serve a creare e diffondere emergenza, disinformazione e allarme sociale. E serve soprattutto a discriminare comportamenti "anormali" e "diversi". La "prevenzione" ha rinsaldato la morale cattolica e borghese, minacciata da decenni di lotte sociali. L'AIDS è stato inventato nel periodo dei Reagan e Tatcher, periodo di grandi sistemi reazionari, che aprirono la strada all'attuale periodo di libero mercato, libera circolazione degli schiavi, pensiero unico, americanismo dilagante, sottomissione del pianeta al nuovo ordine mondiale americano. Le grandi epidemie che si sarebbero verificate in Africa non sono giunte. Il dottor Kary Mullis ci illumina al riguardo: "Hanno considerato il gran numero di persone sieropositive (in Africa) prima di accorgersi che gli anticorpi della malaria – che in Africa hanno tutti – si mostrano nei test come Ôpositivi all'HIV'." Le cure per l'AIDS, dopo anni di ricerca e miliardi di dollari, hanno del ridicolo: l'AZT, clamoroso insuccesso della Wellcome come trattamento anticancro, viene ripresentato come trattamento antiAIDS dopo che gli è stato cambiato il nome in Retrovir! Ovviamente il costo dell'AZT-Retrovil decuplicò nel giro di pochi giorniÉ Nel 1995 la Wellcome Inc. si unisce alla Glaxo Inc., colosso farmaceutico americano e diventa GlaxoWellcome Inc., supermultinazionale presente in ogni angolo del mondo, il cui fatturato annuo (1997) supera i 13,8 bilioni di dollari (che non so proprio dire a quanto equivale in lire). Chiudiamo il discorso AZT con le parole del suo inventore, Richard Beltz: "L'AZT [azidotimina] non aveva prospettive per due ragioni: i miei studi hanno mostrato che era cancerogeno in ogni dosaggio e che era troppo tossico anche per usi di breve periodo". Immaginatevi che questo veleno viene dato come cura a persone che soffrono di Immunodeficienza, come i malati di AIDS!!! Sono in crescita, sempre più numerosi, gli scienziati che escono fuori dal coro e sostengono che l'AIDS sia un'enorme invenzione e costituisca semplicemente il prodotto di un indebolimento di tutte le strutture immunitarie del corpo dovute essenzialmente a sostanze tossiche iniettate con i vaccini. Alcuni esempi illustri: il Dr. Rubin, dell'Università della California, l'epidemiologo inglese Stewart, il dottor Gilbert, virologo Premio Nobel, il dottor Sabin, inventore del vaccino della polio, il dottor Root-Bernstein, dell'Università del Michigan, il dottor Duesberg, biologo molecolare di fama mondiale, esperto in retrovirus; tra gli italiani citerò soltanto Luigi De Marchi (psicologo clinico e sociale) e Fabio Franchi (infettivologo, studioso di teoria e tecnica della metodologia), autori del libro: "AIDS: la grande truffa"É Molti negano validità alla teoria che ipotizza che l'AIDS sia prodotto dal virus HIV. Altri negano l'esistenza a questo virus. Il dottor Duesberg è in prima linea nell'accusare la multinazionale GlaxoWellcome di crimini contro l'umanità. Tutti i fondi per finanziare le sue ricerche sono stati tagliati. Duesberg è tenuto sotto costante controllo da CIA e FBI. Molto indicativoÉ Duesberg è una sorta di "capostipite" di quella larga schiera di "dissidenti" (Premi Nobel, luminari della scienza, biologi, intellettuali, scrittori, politici, ricercatori, psicologiÉ), censurati e boicottati da media e istituzioni, che ritengono che l'AIDS sia un'invenzione a tutto vantaggio delle multinazionali. La tesi del dottor Duesberg è questa: "L'HIV è solo un latente, e perfettamente inoffensivo retrovirus, di cui molti, ma non tutti, i malati di AIDS possono essere i portatori. Dire che l'HIV è la causa dell'AIDS significa mettere da parte tutto ciò che sappiamo sui retrovirusÉ La teoria dell'HIV è inconsistente assurda e paradossale". Scrisse benissimo Amedeo Bordiga nel n. 4 di Prometeo del 1952: "Non vi è più potente fregnaccia, che la tecnica moderna non sia l“ pronta ad avallare, e rivestire di plastiche verginali, quando ciò corrisponde alla pressione irresistibile del capitale e ai suoi sinistri appetiti". Solidarizziamo con tutti i popoli che di volta in volta verranno accusati di terrorismo batteriologico per dare il pretesto a guerre americane! I terroristi batteriologici sono sotto gli occhi di tutti, e noi lottiamo contro di loroŠ AIDS: dominio di classe?Š "Nessuna delle cause dell'AIDS è oggi combattuta, neanche denunciata ufficialmente. Il sistema che produce le carestie, l'inquinamento, le tossicomanie, le perversioni sessuali, la mistificazione dei desideri e della loro realizzazione – cioè l'insieme dei fattori induttori di AIDS – finanzia le ricerche e dà ordini ai ricercatori. Tramite gli Stati, deve contemporaneamente difendere la propria esistenza generatrice dell'AIDS, e prendere provvedimenti contro l'epidemia". [Michel Bounan, autore del libro "Le temps du SIDA"] Ho accennato a molte cose, spesso legate tra loro da un filo che unisce capitalismo, industrie farmaceutiche multinazionali, servizi segreti e Governi. Ma altro materiale documentario deve essere messo sulla carta per cominciare a vedere crescere questa maglia nera, tessuta da mani criminaliŠ Se l'AIDS è, come possono farci pensare le prime poche notizie che ho esposto, un "prodotto" della grande distribuzione capitalistica, deve esserci un risvolto di classe. Da un lato la borghesia capitalistica dell'Occidente, dall'altro il mondo degli sfruttati, degli emarginati, dei poveri, degli esclusiÉ se cos“ è, si tratta di un indizio in più sulla giustezza delle nostre tesi. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) alla fine del 1999 dovevano esserci nel mondo oltre 33 milioni e mezzo di persone colpite dal virus dell'HIV. Più del 95% di esse sarebbe residente nei paesi in via di sviluppo. Oltre il 70% nell'Africa sud-sahariana. Nel Sud Africa il 10% della popolazione (più di quattro milioni di persone) risulta sieropositivo, mentre nei paesi vicini come il Botswana, il Lesotho, la Namibia e lo Zambia, la percentuale dei "contagiati" è superiore. La maggior parte degli esperti ritiene queste cifre esagerate e senza alcun contatto con la realtà. Risulta chiaro, comunque, che gli infetti sono la stragrande maggioranza dei poveri del mondo, affamati dall'imperialismo e dalle sue multinazionali che con tanto di belle parole dicono di essere le sole che si battono per la sconfitta definitiva dell'AIDS. Come ho riportato, il dottor Kary Mullis ha smascherato l'errore: sono stati ritenuti infetti tutti coloro che hanno gli anticorpi della malaria sviluppati, cioè moltissimi africani. Il problema è che queste voci sono tenute nascoste dagli organi ufficiali legati alle multinazionali perché ciò limiterebbe quasi totalmente l'enorme giro di denaro che scorre dietro all'AIDS. Quindi moltissimi africani credono che l'AIDS sia sempre dietro l'angolo. Nel luglio 2000 a Durban, in Sud Africa si è tenuta la conferenza mondiale sull'AIDS. Il presidente sudafricano Mbeki ha tenuto un discorso che ha creato sconcerto tra tutti i rappresentanti delle varie comunità scientifiche. Mbeki ha messo sul banco degli imputati l'imperialismo capitalista e la sua opera di spoliazione di interi continenti. Le sue dichiarazioni legano indubitabilmente il capitalismo ai disastri dei popoli africani: "E' la povertà il più grande assassino del mondo e la maggior causa di malattie e sofferenze. Non possiamo dare la colpa al solo virus HIV, dobbiamo combattere una guerra su tutti i fronti. Qui prima che di AIDS si muore di malaria, tubercolosi ed epatite B". Queste dichiarazioni vennero completate dicendo che la malnutrizione cronica, la debilitazione fisica, le cattive condizione igieniche cui sono costretti centinaia di milioni di africani sono spesso diagnosticate erroneamente e volutamente come AIDS. Nell'aprile 2001 a Pretoria si è concluso il processo intentato da un consorzio di 39 multinazionali, la "Big Pharma", contro il "Medicine Act" del Governo del Sud Africa. Questo atto legislativo fu emanato da Mandela nel '97 e permette la registrazione forzata e l'importazione parallela dei costosissimi farmaci anti-AIDS. La registrazione forzata è un modo con cui i Governi, in situazioni di emergenza, autorizzano la propria industria nazionale a produrre i farmaci senza pagare i costosissimi diritti alle multinazionali che detengono il brevetto. L'importazione parallela consente al Governo di importare i prodotti da un paese terzo che lo produce a un prezzo decisamente più basso perché attua la registrazione forzata. Ovviamente le multinazionali vogliono essere le uniche a poter distribuire il prodotto anti-AIDS (su cui si è già detto) e non accettano leggi che consentano di ribellarsi alla loro dipendenza. Il processo si è concluso positivamente per Mandela. Un militante sudafricano del movimento antimperialista contro le multinazionali rifer“: "Questo che abbiamo vinto è solo il primo round. Per assicurare realmente l'accesso alle cure per i milioni di ammalati di AIDS dell'Africa è necessario continuare la lotta perché Big Pharma farà di tutto per impedire l'attuazione del Medicine Act e per tutelare i suoi profitti" ["Che Fare", n¡55]. Big Pharma non si è ritirato dal processo per filantropia, bens“ perché le masse oppresse sudsahariane rischiavano di far crescere il malumore anche tra gli occidentali. I cartelli dei manifestanti contro le multinazionali dicevano: "Big Pharma assassina della povera gente". Inoltre ha contribuito al ritiro anche l'affacciarsi sul mercato mondiale dell'industria farmaceutica di altre nazioni, come il Brasile e l'India che con farmaci equivalenti e con un costo enormemente inferiore, potevano intaccare il monopolio assoluto delle multinazionali. Si può parlare di vittoria di Mandela contro le multinazionali? Certamente e ovviamente no. Nonostante la registrazione forzata e l'importazione parallela siano formalmente previste dal WTO (Organizzazione Mondiale per il Commercio), il Medicine Act del 1997 non è mai stato messo in atto a causa di continue minacce di ritorsioni economiche e di sanzioni ad opera degli Stati Uniti contro il Sud Africa. E ciò non è un caso isolato. Il processo di Pretoria è stato visto come un grave pericolo da tutti gli organi della borghesia, non solo da quelli legati all'industria farmaceutica. In Italia, il giornale della Confindustria, il "Sole 24 ore" del 9 aprile 2001 scrive: "Ormai non si fa più mistero che l'obiettivo vero è mettere in discussione la brevettabilità. Gli sconti che pur si fanno proprio al Sud Africa ma non solo, non bastano più. Sfondare sui farmaci HIV significa sfondare su tutto il resto. La questione quindi va molto al di là dell'industria farmaceutica. Lo slogan Ônon anteporre il profitto al diritto alla salute' ha sicuramente un fondamento etico, ma alla lunga può essere tragico". Provera, responsabile degli Esteri del partito capitalista Lega Nord, su "La Padania" del 20 aprile 2001, afferma: "Se nessuna casa farmaceutica può contare sul brevetto, la conseguenza è che caleranno notevolmente gli investimenti e la ricerca di alto livello. La solidarietà è giusta e doverosa. Ma questa deve essere una scelta, non un'imposizione che metta a repentaglio il sistema di mercato". Il profitto viene messo in relazione col progresso, secondo la prassi propagandistica borghese: nulla di più lontano con la realtà, dove il profitto delle multinazionali è causa di un impoverimento impensabile dei popoli sfruttati. In sede di WTO, gli USA hanno proposto di sanzionare il Brasile per la produzione di farmaci retrovirali a basso costo. Gli Stati Uniti hanno decretato l'embargo alle esportazioni della ditta indiana Cipla, colpevole di avere prodotto e commercializzato – senza l'autorizzazione delle multinazionali – farmaci anti-AIDS. In questa condizione è molto difficile per gli stati oppressi dall'imperialismo ribellarsi. Solo Cuba, il Bangladesh e la Thailandia hanno deciso di produrre farmaci retrovirali per conto proprio. Che la cura anti-AIDS sia una cura di "classe" lo dimostro facilmente facendo un po' i conti in tasca alla gente. Si tratta di medicine per ricchi benestanti, alle quali i poveri non hanno accesso. Tutta la vicenda AIDS è una vicenda di classe. I trattamenti contro l'HIV sono messi a punto dalle multinazionali come le americane Bristol-Meyers Squib e Merck & Co., costano dai 10mila ai 15mila dollari l'anno. La spesa sanitaria nell'Africa sud sahariana raggiunge a stento i 37 dollari procapite annui. E' evidente che le cure per l'AIDS possono essere accessibili solo agli occidentali (e devono pure essere degli occidentali benestanti). Tali cure, come peraltro già dimostrato non portano alla guarigione. Aggiungo che talvolta le multinazionali compiono riduzioni di prezzo transitorie fino al 90% per gli africani. Nonostante essere le cure restano comunque inaccessibili e servono solamente per far credere all'opinione occidentale che le multinazionali sono mosse da filantropia. Dunque si tratta di pura propaganda.> Cos“ sono pura propaganda le elemosine imperialiste di Bill e Melinda Gates (presidente della multinazionale Microsoft e consorte) e della Glaxo. Insieme hanno promesso (ripeto soltanto "promesso") di destinare duecento milioni di dollari alla lotta contro l'AIDS in Botswana. La Merck taglia per i paesi poveri i prezzi dei farmaci anti-AIDS (il famigerato AZT). Tutti possono dimostrarsi clementi agli occhi degli occidentali, ma questa politica "filantropica" americana contribuisce ad aumentare il debito di paesi già affamati. Il tutto avviene ben propagandato, ma è impossibile e "criminale" mettere in risalto che c'è una diretta correlazione tra l'aumento delle pestilenze e delle deficienze immunitarie (chiamiamole pure AIDS) con gli "immutabili" meccanismi di rapina del capitalismo internazionale: interi popoli potrebbero ribellarsi e rifiutare la squallida elemosina degli usurai della finanza mondiale! Nei casi in cui i popoli rifiutano le meschinità delle multinazionali, sono richiamati all'ordine con ogni mezzo necessario e vengono nuovamente sottomessi. Appare più chiaro che l'AIDS è collegato al dominio della classe borghese internazionalista. Addossare la colpa delle condizioni inumane di vita degli africani ad un virus "naturale" esclude ogni responsabilità delle rapine imperialiste. Su questo ritornerò in seguito in un successivo capitolo di questa tragica vicenda. Per ora mi interessa dire che, dicendo che l'AIDS è una malattia prettamente africana, rilancia le teorie borghesi razziste e neocoloniali. Tali teorie identificano l'Africa come il solo vero focolaio dell'HIV. La diffusione dell'AIDS avverrebbe a causa degli sconsiderati usi sessuali dei negri, arrivando perfino a dire che i negri si sarebbero accoppiati con le scimmie. Queste teorie razziste, scientificamente false, servono ad additare l'africano come l'untore, creando nei lavoratori occidentali ostilità e desiderio di separazione nei confronti degli uomini di colore e degli immigrati. Cos“, in occidente, l'uomo emarginato, specie l'immigrato, non può integrarsi nella societàÉ il capitalista può sfruttarlo come una bestia e nessuno avrà nulla da obiettare. Anche in questo caso dietro il virus HIV si nasconde uno sciovinismo imperialista reazionario. L'AIDS – cioè le malattie e le debilitazioni varie che vengono classificate con questo nome – non si diffonde soltanto nei paesi depredati dall'imperialismo, ma anche in occidente non colpisce a caso come un virus naturale. "Casualmente" non colpisce a caso, ma sembra che colpisca in modo "classista", aggredendo ovviamente la classe debole, specialmente la classe dei diseredati. Proponiamo il dato americano: negli USA l'81% delle donne sieropositive è di colore o ispanica, mentre queste due componenti insieme non raggiungono il 20% delle donne statunitensi. Anche nel ricco nord, l'AIDS colpisce gli strati popolari che vivono a stretto contatto col degrado. Il collegamento dell'AIDS col modo di produzione capitalistico, ormai putrescente e mietitore ogni secondo di morte, è chiaro. Sono proprio le leggi del mercato neoliberista – tanto difese dai borghesi – ad accentuare la diffusione della povertà ed anche dell'AIDS. Tali leggi di mercato spingono la ricerca non in direzione di ciò che è più utile all'uomo, ma in direzione di ciò che rende di più: anabolizzanti, steroidi vari, psicofarmaci, anfetamine, droghe sintetiche più o meno legali, farmaci anti-tumorali dagli effetti disastrosi e riciclati quando si dimostrano a loro volta produttori di cancri (come il caso dell'AZT, riciclato per la lotta all'AIDS!). Ho dimostrato che il filo nero che unisce capitalismo e epidemie (il caso dell'AIDS) esiste. Le multinazionali e i Governi capitalistici, col loro imperialismo predone, sono i responsabili di questa epidemia. Non è possibile lottare per una umanizzazione del mercato. Non c'è possibilità di accordo tra etica e profitto. La lotta contro l'AIDS deve diventare lotta proletaria antimperialista! Il progresso della scienza deve essere al servizio della specie umana, non del profitto! Raggomitoliamo un po'É "Il mistero di questo virus è stato generato da due mila miliardi di dollari all'anno che vi sono stati spesi. Se prendi un altro virus, e ci spendi due mila miliardi di dollari potrai ricamarci sopra tutti i misteri che vuoi" Kary Mullis, "La manipolazione informativa in azione". Dopo aver dimostrato che l'AIDS ha una causa sociale di classe, e che trova nell'imperialismo il suo principale "untore", ora riprendo il discorso che avevamo fatto in precedenza. Avevo parlato di Robert Gallo. Avevo detto che era il direttore di ricerca della Litton Bionetics, nei cui laboratori, alla fine degli anni Sessanta si facevano strani esperimentiÉ Si prendevano virus di scimmia e si ricombinavano con virus RNA della leucemia felina. Questi esperimenti di "ricerca pura", produssero effetti devastanti sull'apparato immunitario che davano gli stessi sintomi di quella "malattia" che più di un decennio dopo sarebbe stata chiamata AIDS. Gallo fu colui che, insieme alla Segretaria di Stato alla Sanità americana M. Heckler, dette la lieta notizia della scoperta dell'AIDS. Gallo è colui che si vanta di avere per primo isolato il virus HIV. Attualmente è diventato miliardario (in dollari) per la sua "scoperta" del test dell'HIV. Quanto questa persona sia quantomeno dubbia emerge da sé. Ho già detto del valore scientifico dei test dell'HIV: tale test risulta positivo in persone non sieropositive e negativo in persone che hanno già contratto l'AIDS! Molti scienziati sostengono che quel test sia un'invenzione senza alcun valore scientifico. Gallo è inoltre uno degli uomini più potenti degli Stati Uniti perché gestisce la stragrande maggioranza dei fondi per la ricerca. Il fatto che Gallo sostenesse di essere il primo ad avere isolato il virus HIV non fu ben accettato da tutti. L'Istituto Pasteur di Parigi denunciò Gallo perché disse che il virus risultava lo stesso già scoperto da un ricercatore francese, il dottor Luc Montagner, il quale, ignaro dello "stile" di Gallo, gli aveva ingenuamente inviato dei campioni. Per mettere fine allo spiacevole diverbio, i Governi statunitense e francese (Reagan e Chirac) decisero che i due ricercatori dovevano essere entrambi scopritori del virus. Ma qual è questa scoperta tanto importante che i due scienziati si sono litigati – tanto importante da scomodare le più importanti diplomazie del mondo? Un gruppo di scienziati australiani, guidati dalla dottoressa Eleni Papadopulos-Eleopulos, dopo anni di ricerche e studi di laboratorio, giunsero alla conclusione che non è possibile dimostrare l'esistenza dell'HIV. Tutt'al più è possibile solo ipotizzarne l'esistenza, ma non si può sostenere che esso sia un virus o un retrovirus. Se l'équipe australiana non basta, la storia del dottor Lanka è più illuminante. Biologo, virologo e genetista tedesco, laureatosi all'Università di Costanza in Scienze Naturali, Stefan Lanka è il portavoce ufficiale dell'associazione internazionale REGIMED [REsearch Group in Investigative MEDicine]. La sigla REGIMED, tradotta cos“ come la si legge significa "irregimentati". Insieme a Karl Krafeld e ad altri collaboratori, a Dortmund, Lanka porta avanti un'attività scientifico legale per l'abolizione dei test dell'HIV. Nell'ambito delle sue attività, Lanka si è presentato spontaneamente ad un processo per "diffusione di sangue contaminato da HIV" a Goettingen, in Germania, dove sotto giuramento ha dichiarato che l'HIV non esiste. Il Tribunale non riusc“ a trovare un solo scienziato in grado di confutare l'affermazione di Lanka e di dimostrare l'esistenza del virus. Il 24 febbraio del 1997, il Tribunale tedesco assolse con una sentenza storica (censurata dai media) il medico accusato di 14 omicidi e 5800 tentati omicidi. Lanka si ricollega alla diatriba tra Gallo e Montagner sulla scoperta dell'HIV. La sua teoria consiste pressappoco in questo: la guerra "mediatica" scatenatasi tra Gallo e Montagner su chi fosse il vero scopritore del virus dell'AIDS, con tanto di accuse di bassezze e scorrettezze reciproche – guerra protrattasi per anni – ha di fatto oscurato l'attenzione sulla cosa più importante: la scoperta stessa. A nessuno è venuto in mente di mettere in discussione una scoperta – per vedere se di scoperta si trattasse – cos“ tanto litigata tra due luminari appoggiati dai rispettivi Governi e dalle rispettive diplomazie! Ho già citato Kary Mullis. Costui è Premio Nobel nel 1993 per la Chimica, per avere inventato uno strumento capace di analizzare il DNA (la PCR). Mullis racconta che nel 1988 stava preparando una pubblicazione in cui doveva dimostrare la teoria che l'HIV causa l'AIDS. Essendo una cosa molto importante decise di citare il testo che lo dimostrava; chiese ai colleghi quale fosse il riferimento bibliografico che cercava: gli risposero che era una cosa nota che l'HIV generasse l'AIDS e che non c'era bisogno di citare alcun testo. Mullis non si fece convincere e cercò il testo che per primo dimostrava il legame tra virus e malattia che stava cercando. Girò molte tra le biblioteche più fornite in campo scientifico, ma non trovò nulla al riguardo. Cominciò a chiederlo a tutti i congressi dove andava, ma nessuno sapeva rispondergli. I dubbi del Premio Nobel cessarono quando questi incontrò Luc Montagner. Alla domanda di Mullis su quale fosse il testo da citare, Montagner, sorpreso, disse di citare un certo studio. Mullis rispose che quello studio non si occupava di quella dimostrazione. Montagner, dopo avere ammesso che quella pubblicazione non era in effetti ciò gli aveva chiesto Mullis, rispose: "Perché non cita quella pubblicazione sul retrovirus della scimmia?". Ma il Premio Nobel per la Chimica fece notare che quello che succedeva alle scimmie non era probatorio di ciò che cercava e che quella pubblicazione suggerita era uscita da poco, mentre lui cercava la pubblicazione originaria che dimostrava che l'HIV genera l'AIDS. A quel punto Montagner corse a salutare un collega dall'altra parte della sala. Nemmeno lui, lo scopritore dell'HIV sapeva indicare un testo che dimostrasse che quel virus genera l'AIDS! Né lui, né Gallo lo hanno mai dimostrato! Abbiamo visto come lo stesso Montagner nelle sue ricerche ultra-finanziate, dovette ammettere che il 32% dei casi esaminati di malati di AIDS non possedeva il virus dell'HIV. Se l'HIV fosse la causa dell'AIDS, questa sarebbe la sua confutazione scientifica. Ma i miliardi di dollari che sono in circolazione grazie alla storia dell'AIDS come malattia infettiva, interessano di più dell'evidenza. Per risolvere questo problema, gli scienziati delle multinazionali sono disposti ad inventarsi di tutto: essi sostengono che l'AIDS è causato dall'HIV, ma in rari casi (un terzo!) può esserci la contrazione dell'AIDS senza virus. Tale forma di AIDS senza virus viene chiamata Idiophatic CD4 Lymphocitopenia. Cambia il nome e si risolve il problema. Ma il problema resta: questo modo straccione di agire è proprio non di qualche stregone di periferia, ma della medicina ufficiale, la quale è tristemente in mano ai profitti delle multinazionali. E questo modo di agire straccione frutta miliardi di dollari a pochissime persone, mentre miliardi di persone vivono con meno di un dollaro al giorno, affamate deliberatamente, private di tutte le risorse necessarie per vivere una vita decente! Dicevano che l'epidemia avrebbe in poco tempo invaso il mondo, che sarebbe stato un enorme flagello per l'umanità. Per quanto riguarda l'Italia, le prime stime parlavano di circa 200 mila sieropositivi, che dovevano avere un tempo di raddoppio dell'ordine di 10 mesi: oggi tutti noi italiani dovremmo essere sieropositivi. Invece il numero dei portatori del virus HIV si è assestato intorno a 100 mila da parecchi anni. Ebbene l'epidemia non c'è stata. Come rispondono le multinazionali? Dicono che è stata la campagna di prevenzione, "costata" migliaia di miliardi di dollari a risolvere il problema dell'umanità! Ma quale prevenzione! Direi piuttosto "perversione" mentale di chi sostiene questa teoria fantastica! Campagne di prevenzione vera non si sono fatte affatto. Se il rischio di epidemia fosse stato veramente grave, le poche campagne di prevenzione sarebbero state del tutto insufficienti. Se poi prevenzione vi fosse stata, come spiegano le multinazionali che le malattie veneree sono in costante aumento? Quale prevenzione fa aumentare le malattie veneree? Michael Martinez dimostra perché l'HIV non porta l'AIDS. "Perché si possa parlare di infezione da germi, debbono essere verificati i cosiddetti "postulati di Koch": ovvero i microbi devono essere presenti in tutti i casi di malattia e devono essere biologicamente attivi; devono poter essere isolati e accresciuti in coltura; i microbi in coltura devono riprodurre la stessa malattia se introdotti in un altro ospite; infine devono essere di nuovo trovati nell'organismo ospite". Si tratta di regole scientifiche ma anche di buon senso. Gallo sovverte totalmente queste regole, perché ormai è certo che esistono persone malate di AIDS senza avere contratto il virus dell'HIV. Nonostante questa evidenza, Gallo continua a sostenere la teoria che l'AIDS è generato dall'HIV! L'AIDS è una debilitazione delle difese immunitarie. Questa debilitazione spiana la strada a una seria di malattie – ne vengono enumerate 29. Sono queste e non l'HIV a portare la morte nel malato. Caso strano, tra le 29 malattie, dette "complicanti", troviamo il carcinoma uterino, che è un tumore e non si capisce che cosa abbia a che fare col sistema immunitario. Oppure il sarcoma di Kaposi è per stessa ammissione dei CDC americani (Centri Epidemiologici) "non causata dall'HIV e indipendente da esso". Come è facile capire, la virologia è diventato un campo tanto specialistico che pochi hanno il coraggio di mettere in discussione quanto afferma il luminare di turno esibito dai mass media. Si ritiene che solo degli specialisti possono criticare tutta la costruzione che è stata fatta del "castello AIDS". Cos“, per esempio, a nessuno, se non a uno scienziato specialista del campo, sarebbe venuto in mente di criticare l'AZT, la famosa cura anti-AIDS, di cui ho già parlato. Si è detto gli effetti devastanti e cancerogeni (non a caso agisce sulla replicazione del DNA) di questo "farmaco". Si tratta in realtà di un prodotto estremamente tossico, tanto che difficilmente i pazienti lo riescono a sopportare per più di qualche settimana. L'AZT venne sintetizzato dalla Burroughs Wellcome nel 1964, nell'ambito di ricerche sui retrovirus. Come ho detto doveva essere una cura per un ipotetico cancro di origine virale. Ma si rivelò subito inefficace, tanto che non fu nemmeno brevettato. Ma con l'arrivo mediatico dell'AIDS, questo "farmaco" nocivo venne tirato nuovamente fuori e subito approvato dall'ormai nota FDA (il Food and Drug Administration, l'ente americano che stabilisce l'efficacia dei farmaci). Il FDA approvò in tutta fretta l'efficacia del farmaco su studi fasulli, inventati dalla multinazionale Glaxo-Wellcome Questi studi sono stati in seguito smentiti, ma troppo tardi, dato che non è possibile conoscere il numero di morti causate dall'AZT, né è possibile immaginare i profitti astronomici che la multinazionale produttrice ha incassato con i soldi della "ricerca" (ripeto, le ricerche sono del 1964, non vi è stato aggiunto nulla di nuovo, ma i soldi sono stati presi ugualmente) e della distribuzione del "farmaco" il cui prezzo è decuplicato con l'AIDS e le allarmanti statistiche diffuse dai media americani e quindi da quelli di tutto il mondo. E' certo che la tossicità dell'AZT (Retrovir) ha ucciso moltissimi sieropositivi che prima stavano benissimo. Il famoso campione "Magic" Jonson, risultato sieropositivo ai test dell'HIV nel 1991, ha assunto AZT per pochi giorni e ne è rimasto fortemente debilitato. Subito ha interrotto la "cura" e si è sentito immediatamente meglio, tanto che nel 1992 vinse le Olimpiadi. In seguito, in una conferenza stampa, Jonson ha dichiarato di non essere più malato di AIDS. Un vero mistero, visto che l'AIDS viene presentato come il "male dei mali", incurabileÉ La diffusione mediatica dell'AIDS ha avuto presa sull'opinione pubblica (per opinione pubblica credo bisogni intendere qualche centinaio di opinionisti venduti, che scrivono sui maggiori giornali dell'occidente sviluppato) perché risveglia il pericolo di epidemie pestilenziali. Come si è detto il fatto che avvenga per via sanguigna e sessuale lo rende adatto ad essere sostegno della morale borghese, sessuofoba e contenta se un tossico muore. Cifre inimmaginabili si sono spese per sconfiggere questa "malattia" che nella realtà dei fatti è una causa di morte trascurabile ed è in continua diminuzione naturale (fatto che già serve a smentire che sia un'epidemia, soprattutto per il continente nero, dove al peggiorare delle condizioni igieniche, all'aumentare delle guerre civili, al depauperamento delle risorse naturali, all'aumento della povertà, diminuisce d'altro canto la "devastante epidemia" dell'AIDS!). Queste cifre sono uno dei mercati più floridi dell'economia internazionale ultracapitalistica e supera nel suo insieme l'intero prodotto interno lordo dell'Europa occidentale! Ma nessuno ha pensato di spendere quei soldi per risolvere veri problemi, come la deforestazione del pianeta, i disastri ecologici, attrezzature sanitarie in tutto il mondoÉ Le cricche filoamericane al potere in Africa accettano ben volentieri la versione ufficiale sull'AIDS. E cos“ pure le varie associazioni di volontariato (vere e proprie avanguardie dell'imperialismo). L'AIDS è fonte di immensi guadagni per questi enti: il Governo dell'Uganda, nel 1992, ricevette sei milioni di dollari, per lo studio e la prevenzione dell'AIDS (soldi mai spesi per questo ed in realtà si tratta di una cifra modestissima rispetto al mercato dell'AIDS), a fronte di 57mila dollari (un centinaio di milioni di lire!) per la cura della malaria che ogni hanno in Africa miete un milione di vittime! Di fondamentale importanza è la testimonianza dei coniugi Kryen. Essi avevano creato, nel 1989, un'associazione di 230 persone in Tanzania per curare e aiutare i bambini orfani di genitori morti di AIDS. I Kryen furono i primi a diffondere i dati sulla presenza dell'AIDS in Africa. Pubblicarono perfino un dossier dove immaginavano che in breve tempo l'Africa sarebbe stata invasa dall'AIDS. La stampa americana amplificò a dismisura l'importanza di questo piccolo dossier illustrato. Nel 1992 il Washington Post attribu“ a Philippe Kryen frasi come: "Sarebbe stato meglio un terremoto" rispetto all'AIDS, dato che questa malattia colpiva gli africani che sono dediti al sesso sfrenato (!). Ma i due coniugi si sono resi conto della verità sull'AIDS (un lucroso mercato per i paesi a capitalismo avanzato, uno strumento di potere – donando a scopo di ricerca qualche briciola ai Governi "amici"), ed hanno dichiarato che "l'AIDS è in realtà una grossa bolla di sapone". Nel 1993 (3 ottobre) il Sunday Times scrisse un articolo in cui si riportava questa frase di Kryen: "L'AIDS non esiste. E' una cosa che è stata inventata. Non ci sono basi epidemiologiche. Per noi non esiste". Ma nessun giornale riprese questa notizia. Quindi, finché i Kryen credettero in buona fede che l'AIDS era un'epidemia, diventarono la voce principale della stampa americana. Quando poi, con l'esperienza sul campo (i coniugi sono medici) si resero conto che si trattava di una menzogna, la loro voce non aveva più alcun valore e sono stati chiusi da una pressoché totale censura. Perfino Montagner, il co-scopritore del virus, ha fatto passi indietro! In varie conferenze in giro per il mondo, questo luminare francese ha cominciato a mettere in dubbio la teoria HIV = AIDS: egli sostiene in pratica che l'HIV, alla luce dei suoi studi, non sia la causa determinante dell'AIDS, ma solo un co-fattore scatenante la malattia. Si tratta di un allontanamento non trascurabile dell'ortodossia di Gallo. Resta comunque da dire che le idee di Gallo sono ancora quelle che gli Stati Uniti accettano e impongono alla comunità scientifica del mondo, che, a meno che non voglia vedersi togliere il posto di lavoro o censurare ogni pubblicazione, accetta ben volentieri e diventa partecipe, in piccola misura dei bilioni di dollari che girano intorno all'AIDSÉ bilioni di dollari, conviene dirlo, anche se è evidente, che provengono dal surplus del paesi del Terzo e Quarto Mondo saccheggiati dall'imperialismo. Sembra ormai evidente che l'AIDS sia una messinscena terribilmente macabra per mascherare un mercato di morte ed uno strumento di dominio imperialista. Ma c'è altro? Che cosa? La mia ricerca si è indirizzata verso il "test dell'HIV", di cui ho già dato i tratti farseschi fondamentaliÉ Un punto chiave: il "test dell'HIV"É Ho già parlato dei "test dell'HIV", mettendone in luce, in via generale, i principali difetti. Ora ho deciso di riprendere la ricerca su questo punto in modo più approfondito. Il "test dell'HIV", infatti, è uno dei principali strumenti di propaganda della "merce AIDS". Vediamolo in dettaglio, cercando di mantenere la chiarezza necessaria affinché quanto io scriva sia accessibile a tutti. I "test dell'HIV" maggiormente usati sono l'ELISA e il Western Blot (WB). L'ELISA, ritenuto meno affidabile, viene usato come "test di rilevamento". Il WB, più "sicuro", è considerato il "test della conferma". Quando una persona viene trovata positiva a due test ELISA, allora viene sottoposta al WB. Se è positiva anche al WB allora si dice che è infetta dall'HIV. Moltissimi casi di persone risultate positive all'ELISA, sono invece del tutto sane e negative per il WB. I test ELISA danno moltissimi falsi "positivi" all'HIV. Questo è molto importante per capire il grado di "scientificità" dei "test dell'HIV". Ora, la scienza non dovrebbe essere un'opinione, ma dovrebbe fornire delle certezze valide per il genere umano. L'AIDS sfugge a questo ovvio principioÉ Per dimostrarlo mi basterà dire che in Italia e in Inghilterra il test WB è fuori commercio dal 1992 perché ritenuto inaffidabile e viene usato solo l'ELISA. Questo dovrebbe far pensare che vi siano molti più sieropositivi in Inghilterra che non, per esempio, in Spagna, dove il solo test ELISA non basta per dichiarare sieropositiva una persona. Ma cos“ non è. In Inghilterra i sieropositivi stimati – ovviamente non ci sono certezze - sono 30mila, in Spagna sono 150mila. Come è possibile? La cosa è semplicissima: i test dell'HIV hanno una soglia al di sopra della quale si è ritenuti "positivi", al di sotto, invece, si è "negativi". Ebbene, questa soglia può variare da stato a stato. Per cui uno che si fa il test in Spagna può essere ritenuto sieropositivo, ma se va a farsi il test in Inghilterra può risultare completamente sano!!! E' un discorso quasi burocratico. Ed a proposito di burocrazia, se in Italia una persona volesse farsi il test WB, deve andare in un laboratorio privato e spendere oltre 300mila lire. Fatta questa premessa, adesso devo rinominare il potentissimo e ricchissimo dottor Gallo. Quando nel 1984 lui e la Segretaria di Stato alla Sanità del Governo Reagan annunciarono al mondo che era stato trionfalmente scoperto l'AIDS, subito Gallo aveva pronto un "test dell'HIV". Conviene ricordare, en passant, quanto ho già detto sul fatto che a tutt'oggi non esiste una pubblicazione scientifica che confermi un legame tra HIV e AIDS, né è mai stata pubblicata una fotografia del famigerato virus. Comunque, nonostante ciò, Gallo aveva già tutto preparato. Purtroppo, però, il test che offr“ Gallo all'industria del sangue per il controllo delle trasfusioni, non era proficuo per il bel mercato delle trasfusioni. Da quei test risultava che oltre il 30% dei donatori era portatore del virus dell'HIV! Le multinazionali americane che controllano il mercato delle donazioni respinsero subito quei test che rischiavano di rompere loro le uova nel paniere. Fu cos“ che Gallo risolse il problema con uno dei più rari mezzi che l'ingegno umano abbia mai dimostrato. Gallo merita veramente la ricchezza e la fama che gode nel mondo scientifico americano e mondiale, perché la sua serietà e il suo rigore sono veramente encomiabili: infatti questo luminare risolse il problema dei suoi test rifiutati in modo del tutto rigoroso: alzò la soglia di reazione dei test fino ad una percentuale molto più piccola, quella del 3%! Un genio! A questo punto la sua efficace scoperta venne accettata dagli imprenditori ed invase il mercato mondiale. In seguito si fece ancora salire questo limite fino ad avere risultati attorno allo 0,3% di sieropositivi. Tutto stabilito a tavolino! Ora cercherò di illustrare il più facilmente possibile come agisce questo famoso "test dell'HIV". Ciò servirà a comprendere in modo ancora più chiaro la scientificità che ruota attorno alla malattia chiamata AIDS. Teoricamente il "test dell'HIV" dovrebbe scoprire gli anticorpi che reagiscono davanti alle proteine dell'"involucro del virus". Fin qui tutto bene. Ma se scaviamo un po' e cominciamo a porci qualche domanda, la situazione cambia di gran lunga. Senza andare troppo lontano, mi chiedo: come sono state stabilite le "proteine dell'HIV"? Lo sappiamo dalla XII Conferenza Mondiale sull'AIDS, tenuta a Ginevra dal 28 giugno al 3 luglio 1998, alla presenza dei maggiori dirigenti finanziari delle multinazionali farmaceutiche e dei cosiddetti luminari in campo medico. In questa Conferenza il dottor Gallo dichiarò pubblicamente che aveva aggiunto alle sue colture (usate per il "test") l'idrocortisone, adducendo come motivo che questa sostanza stimola la crescita molecolare. Nessuno in quella sede ebbe nulla da ridire. Ma un collaboratore dello stesso Gallo, il dottor Popovic, aveva già denunciato questo procedimento: ogni pubblicazione scientifica sull'argomento, infatti, ci informa come l'idrocortisone non stimola, ma al contrario riduce la crescita cellulare e provoca la comparsa di certe proteine da stress, le stesse che si trovano nelle persone stressate. Ciò spiega perché la maggioranza di persone che danno risultati positivi ai "test dell'HIV" si trova in stato di stress cronico causato da diversi fattori: stress tossico (droghe, metadone, farmaci di sintesi chimica), stress psicoemozionale, infettivo (infezioni ripetute con malattie di trasmissione sessuale), nutrizionale (abitudini di vita cattive, cattiva alimentazione, condizioni da Terzo Mondo, ecc.). Questi test da laboratorio sfuggono ad ogni rigore scientifico degno di questo nome. Per prima cosa non sono test riproducibili: frazioni dello stesso siero possono dare risultati differenti in diversi laboratori. Ciò già basterebbe per dimostrarne l'inattendibilità. Ma la cosa tragicomica è che danno risultati differenti anche all'interno dello stesso laboratorio se il test viene effettuato in tempi diversi. La cosa è, dicevo, tragicomica, perché gli scienziati e i ricercatori, nonostante questa evidenza, continuano a usare i "test dell'HIV" come se nulla fosse. Le autorità sanitarie sanno questo, perché esistono pubblicazioni scientifiche ufficiali in riviste rinomatissime in campo medico, e si limitano a risolvere solo i casi peggiori: per esempio a Parigi nel 1993 sono stati tolti dal mercato 9 kit diagnostici su un totale di 31 esaminati. Si trattava di kit per il WB prodotti dalle multinazionali farmaceutiche più rinomate, degli Stati Uniti, dlla Germania e della Svizzera. Non si tratta neppure di test specifici. La Eleni Papadopulos-Eleopulos e i suoi colleghi australiani hanno analizzato singolarmente ogni proteina ritenuta specifica del virus HIV ed usata nei test: ebbene, nessuna supera l'esame in quanto si tratta si proteine che si trovano nelle stesse dimensioni e caratteristiche nelle cellule normali. Gli anticorpi diretti contro di esse sono rilevabili in altre malattie, come la lebbra, la malaria, la tubercolosi, la comunissima influenzaÉ Condizioni che provocano la formazione di grandi quantità di anticorpi. Ciò significa che il "test di conferma" WB non rivela anticorpi specifici dell'HIV. Attualmente in occidente si applica un parametro relativamente nuovo, cioè il parametro di "carica virale". Senza scendere troppo nel dettaglio, mi basta dire che la "carica virale" viene ottenuta per mezzo della tecnica PCR inventata dal dottor Kary Mullis, grazie alla quale ricevette il Premio Nobel nel 1993, come ho già detto. Mullis stesso spiega che la tecnica PCR non serve per misurare nessuna "carica virale", e si è pubblicamente rammaricato di averla inventata, visto l'uso che ne è stato fatto con l'AIDS. Molti ricercatori contestano l'affidabilità della PCR per il gran numero di "falsi positivi" che questo test produce e perché usando la PCR è impossibile ottenere risultati ripetibili. Nel settembre 1996, la rivista americana Zenger's pubblicò una lista di 64 articoli apparsi in diverse riviste scientifiche, in cui si avvertiva che i "test dell'HIV" danno risultato "positivo" in più di 70 malattie o situazioni che non hanno nulla a che vedere con l'AIDS (emofilia, epatite, tubercolosi, malaria, influenza, gravidanze multiple, sesso anale ricettivo, il ricevere trasfusioni di sangue o trapianti d'organi, l'essere vaccinati contro epatite, influenza, tetano, ecc. ecc.). Ho detto abbastanza su questa frottola da miliardi e miliardi di dollaroni verdi che è il "test dell'HIV". Un giro di denaro spaventosoÉ Mi basterà concludere questo discorso, salvo eventualmente tornare ad accennarlo ove mi si presenti l'occasione, ricordando la riunione della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) tenutasi a Bangi, in Africa Centrale, nel 1985. Qui si stabil“ che nei paesi del Terzo Mondo, a causa della mancanza dei mezzi (cioè dato che il mercato distributivo non poteva dare frutti a causa della povertà delle popolazioni), non era necessario risultare "positivi" ai "test dell'HIV" per essere dichiarati "un caso AIDS", cioè "infettati da HIV": bastava presentare due dei tre indizi maggiori e uno dei sette indizi minori per essere considerati malati di AIDS (tutti comuni in tutto il continente nero saccheggiato dall'imperialismo). Bastavano, quindi, per essere "malati di AIDS" sintomi di malattie abituali in AfricaÉ Questo spiega anche la "devastante epidemia" africana, alla quale sarebbe addirittura preferibile un enorme cataclisma, come un "terribile terremoto"! La messinscena macabra costituita dall'AIDS non ha un fondamento scientifico. Ciò mi pare assodato. Il mercato in cui girano bilioni di dollari è una realtà virtuale, creata per risolvere il problema di un capitalismo perennemente in crisi. Un capitalismo che ha occupato militarmente e economicamente l'intero pianeta e che deve inventarsi mercati nuovi se vuole sopravvivere (il mercato delle epidemie, il mercato delle guerreÉ). Un capitalismo che saccheggia le risorse dei cinque continenti ad uso e consumo di poche centinaia di milioni di persone, a fronte di miliardi di uomini, donne e bambini che vivono in uno stato di povertà inimmaginabile. Un capitalismo violento e criminale. Feroce e spietato. L'AIDS non è che uno dei tanti crimini diffusi dell'imperialismo globalizzato, internazionale. Fonte: http://www.prolet.too.it
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gio
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Inserito il
18/03/2006 10:49:06
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Teorie alternative
Visitate questo sito: http://www.duesberg.com/
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marco
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Inserito il
18/03/2006 10:46:50
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La truffa
il virus HIV non è stato mai isolato, probabilmente neanche esiste, l’AIDS non è causato da un virus e non è quindi una patologia infettiva. l’AIDS è causato da un complesso di fattori (droghe pesanti, superesposizione ad agenti patogeni, farmaci) fortementi presenti in certi stili di vita, che alla lunga distruggono il sistema immunitario. i test HIV non sono specifici e non è chiaro che cosa individuino. la risposta positiva al test non è indice di niente e non giustifica alcuna terapia. i farmaci antiretrovirali sono inutili in quanto non c’è nessun virus da combattere, e soprattutto letali perchè possono portare alla morte in pochi mesi distruggendo in particolare il sistema immunitario. i malati di AIDS devono sospendere l’esposizione ai fattori patogeni, curarsi per le patologie specifiche di cui soffrono, seguire nel contempo terapie di sostegno per consentire al loro sistema immunitario il recupero. i farmaci antiretrovirali hanno trasformato in malati di AIDS individui altrimenti sani che hanno avuto la sfortuna di risultare positivi-al-test.
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stivi
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Inserito il
18/03/2006 10:45:11
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Duesberg
Secondo Duesberg, quello che chiamiamo AIDS non è causato da un virus, e l'HIV ha al più un ruolo marginale. Nel mondo occidentale, l'AIDS è una malattia causata dall'uso di droghe e da alcuni tipi di afrodisiaci. In Africa, ed in genere nei paesi poveri, l'AIDS è un nome nuovo per malattie vecchissime dovute alla malnutrizione e alla mancanza di acqua. -Sempre a detta di Duesberg, i coctktail di farmaci usati per trattare i malati di AIDS, e l'AZT in particolare, creano effetti collaterali con manifestazioni analoghe all'AIDS. Si può quindi dire che queste sostanze invece di curare la malattia ne sono (con)cause. La somministrazione dell'AZT dovrebbe essere sospesa, in particolare per individui HIV-positivi e asintomatici, che sarebbero da considerare alla stregua di persone sane.
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nohiv
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Inserito il
02/03/2006 20:41:13
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Hiv
Ma per la miseria, da venticinque anni si continua a cercare la cura di una cosa che non si sa nemmeno se provochi l'Aids (cfr Gallo - Montagnier: l'Hiv potrebbe essere la causa dell'Aids). Possibile? Possibile che in tutto questo tempo nel gradiente di densita a 1.16 neppure uno straccio di frammento di Hiv? O gli scienziati sono una manica di incapaci o la strada è diversa (e meno lucrosa)
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