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Armand

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Mass-media: all'attacco di internet

I risultati di un rapporto Censis commissionato dagli oncologi del Cipomo - Sempre più informati i «nuovi» pazienti - Gli italiani cercano notizie sul cancro attraverso giornali e tv. E’ un bene, ma solo se poi ci si confronta con il proprio medico.
MILANO – Sette italiani su dieci considerano il cancro come il nemico pubblico numero uno in tema di salute e, per affrontarlo, o anche soltanto per saperne di più, si affidano alle informazioni diffuse da televisione e giornal, lasciandosi molto spesso influenzare: il 34 per cento, infatti, afferma anche di avere cambiato i propri comportamenti quotidiani a seguito delle notizie apprese.
Questi sono i dati raccolti dal Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) nell’ambito di un’indagine realizzata per conto del Cipomo, il collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri, sul tema “Come si parla dei tumori nei media?”, di cui si è discusso nel corso di un convegno a Roma alcuni giorni fa. «E’ vero, il paziente è cambiato – afferma Giampietro Gasparini, oncologo presso l’ospedale San Filippo Neri di Roma e coordinatore degli studi clinici Cipomo – è più informato e molto più partecipe al percorso di cura; ma è cambiato anche il suo rapporto con il medico, non più a senso unico, ma a volte quasi simbiotico, con vantaggi fondamentali per la gestione delle terapie, degli effetti collaterali e della comunicazione».
Cosa dicono giornali e tv - Tanto per iniziare, l’analisi del Censis (effettuata sugli articoli di due quotidiani nazionali, La Repubblica e il Corriere della Sera, e cercando parole-chiave legate all’oncologia) ha rilevato che poco più del 65 per cento dei testi selezionati riguardava davvero la malattia, mentre nei restanti le parole “cancro” o “metastasi” erano usate in senso metaforico per il loro potere di evocare pericolo e sciagura, magari parlando di politica o di cronaca nera, e «contribuendo indirettamente - secondo gli esperti dell’istituto di ricerca - ad alimentare l’ansia sull’argomento». I temi più ricorrenti sono i messaggi rassicuranti legati alle innovazioni della ricerca (29 per cento), ai fattori di rischio e alla prevenzione, e i racconti di vita. Più indietro gli articoli di taglio “tecnico” sulle terapie e quelli su fatti di cronaca; decisamente rare le informazioni sulla diagnostica, l’epidemiologia e le iniziative scientifiche (5 per cento).
Ma anche la tv ha contribuito a responsabilizzare il nuovo paziente con un «impatto decisivo», come sottolinea il rapporto del Censis, che ha analizzato con gli stessi criteri 4 puntate di trasmissioni televisive che da decenni parlano di salute (Orizzonti della scienza e della tecnica, Più sani e più belli, Check up e Uno mattina).
Il paziente-lettore - Molti malati cercano attivamente informazioni anche al di fuori dello studio medico: se poco meno dell’80 per cento ritiene il proprio curante la fonte principale di notizie, il 39 per cento la trova nella carta stampata, molto più che in internet (3 per cento). In genere le informazioni dei massmedia vengono giudicate attendibili, tanto da spingere i malati modificare in concreto i propri atteggiamenti sulla scia di quanto sentito alla televisione e letto sui giornali.
E i medici? - Come si trovano a “competere” con l’informazione scientifica di carta o online? Bene, secondo Gasparini, che definisce «certamente positivo» il fatto di avere a che fare con un paziente consapevole di quanto gli accade. «Il problema semmai - specifica l’oncologo - è quando un malato attinge a notizie su studi preliminari, dati non confermati, modalità terapeutiche disponibili all’estero e si presenta con le notizie scaricate da internet convinto di avere le idee chiare su certi aspetti che magari, per vari motivi, non sono applicabili al suo caso clinico o al sistema sanitario italiano. Non sempre tutto questo è facile da spiegare».
Informarsi correttamente: istruzioni per l’uso - Per non incorrere in equivoci o disillusioni, pazienti e familiari che desiderano notizie devono munirsi di un occhio critico e di alcuni buoni consigli. In primis, se si legge di studi clinici o terapie sperimentali, tenere presente che in oncologia le generalizzazioni sono sbagliate. «Ciò che va bene negli Stati Uniti, ad esempio, non è detto vada bene da noi – puntualizza Gasparini – perché i meccanismi di approvazione e di rimborso dei farmaci sono diversi. Così, se si visitano i siti internet stranieri si troveranno applicazioni di un medicinale come il bevacizumab per i tumori della mammella o del polmone, ma se un paziente italiano viene da me, devo rispondergli che in Europa e in Italia il farmaco è stato approvato con indicazioni ben definite, per i carcinomi metastatici del colon-retto non trattati, e non si può utilizzare per malattie diverse al di fuori di un protocollo sperimentale».
Inoltre, in oncologia l’informazione va dosata e ritagliata sul paziente, a seconda della patologia, delle condizioni del singolo individuo e della situazione in cui vive. Senza voler fare da soli a tutti i costi. «Per esperienza, so che pensare di auto-gestirsi è sempre un errore. I pazienti – raccomanda Gasparini – non devono prendere per oro colato tutto quello che leggono, ma devono chiedere sempre un riscontro al proprio medico di fiducia». Anche per difendersi da reti informative poco affidabili: «Non dimentichiamo che internet – conclude l’oncologo – diventa a volte il canale ottimale per scavalcare lo specialista e “abbindolare” persone vulnerabili con l’offerta di terapie miracolose, non di rado condite da intenti speculativi».
Donatella Barus
29 giugno 2006
Fonte: Corriere della sera

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