No test psa come screening a tutti per tumore prostata
No al test a tappeto del Psa (antigene prostatico specifico) su tutti gli uomini che hanno superato i 50 anni, ma che non manifestano sintomi particolari; non serve. Il test aumenta si le diagnosi, a
No al test a tappeto del Psa (antigene prostatico specifico) su tutti gli uomini che hanno superato i 50 anni, ma che non manifestano sintomi particolari; non serve. Il test aumenta si' le diagnosi, anche precoci di malattia, ma questo non e' sufficiente a far diminuire la mortalita' una volta che i pazienti venissero trattati. E' un documento del Consiglio nazionale delle ricerche, messo a punto da un gruppo di esperti italiani, coordinati da Francesco Boccardo, a mettere nero su bianco alcuni limiti del test nell'ambito delle linee guida sulla prevenzione e il trattamento del tumore della prostata. Il documento, condiviso dall' associazione degli oncologi italiani (Aiom) che lo ha reso noto nell'ambito del congresso internazionale sui tumori di New Orleans, contrasta con i suggerimenti degli urologi americani che invece invitano tutti gli uomini che hanno passato i 50 anni a sottoporsi al test del Psa.
Secondo il documento del Cnr , spiegato da Roberto Labianca, presidente dell'Aiom , ''allo stato attuale delle conoscenze non e' lecito'', in attesa di altri studi, ''sottoporre indiscriminatamente la popolazione maschile a test diagnostici, quali il Psa, in assenza di sintomi, basandosi unicamente sul maggiori rischio legato all'eta'''.
Il tumore della prostata, sottolinea l'oncologo, colpisce ogni anno circa 40.000 persone, e il test del Psa, che misura nel sangue i livelli di una molecola associata al tumore, rischia di far scoprire molti tumori anche piccoli ma che non si manifesteranno clinicamente nel corso della vita. Insomma, non discrimina tra tumori veri e quelli indolenti che non daranno mai una evidenza clinica.
Secondo Labianca sottoponendo al test del Psa tutti gli uomini adulti, anche senza sintomi (stimolo frequente ad urinare, dolore) ''si rischia di trattare in modo eccessivo (con la biopsia, la chirurgia, la radioterapia e i farmaci) pazienti che non andrebbero trattati''. Insomma, secondo gli esperti italiani, il test del Psa non e' come la mammografia, il pap test o la ricerca del sangue occulto nelle feci per diagnosticare il piu' presto possibile i tumori del seno, dell'utero e del colon-retto. Questi test, ricorda Carmelo Iacono, segretario nazionale dell'Aiom, hanno infatti dimostrato una correlazione chiara con la diminuzione della mortalita'. Ma negli Stati Uniti, dice Labianca, dove il Psa e' prescritto in modo diffuso c'e' stato si' un aumento globale delle diagnosi di tumore alla prostata ma non una diminuzione della mortalita' che sarebbe stata la conseguenza attesa.
Sul fronte delle cure gli oncologi segnalano per la prima volta un chiaro progresso: la maggior parte dei tumori alla prostata (circa il 90%) e' sensibile ai trattamenti con ormoni che riescono a controllare la malattia dopo l'intervento chirurgico o la radioterapia. Una seconda parte (circa il 10%) non mostra sensibilita' a questi farmaci ma per loro si richiede una chemioterapia. Ma anche il 30% di coloro che sono sensibili diventa con gli anni resistente agli ormoni e fino ad oggi non c'era alcuna alternativa valida. Al congresso sono stati presentati due studi internazionali che faranno cambiare il tipo di chemioterapia migliorando significativamente la sopravvivenza dei malati. Una combinazione di due farmaci a base di docetaxel ha dimostrato una maggiore efficacia rispetto all'attuale terapia standard.
Fonte: (08/06/2004)
Pubblicato in Cancro & tumori
Tag:
prostata,
psa
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