Test prenatali, ora si possono scoprire 200 malattie
Il genetista: in futuro la carta d’identità del feto
La stanza di Bruno Dallapiccola, genetista dell’università La Sapienza, è tappezzata di foto di bimbi bellissimi, con malattie dei cromosomi sessuali. Sindrome del triplo x, della doppia y, dell’xxy. Regali dei genitori. Sapendo di essere portatori di anomalie, speravano di non trasmetterle ai figli e, durante la gravidanza, hanno chiesto la diagnosi prenatale. Una volta scoperto che i bimbi sarebbero nati con quel difetto, li hanno accettati, felici, scartando l’ipotesi di un aborto. Dilemmi che attanagliano sempre più spesso madri e padri nell’era dei test prenatali. Del figlio che verrà è possibile predire quasi tutto grazie ad ecografie e indagini cromosomiche o genetiche. Di fronte a risposte infauste scegliere diventa una prova lacerante: tenerlo o non tenerlo? «Fra dieci anni potremo avere la carta d’identità completa del nascituro», dipinge il futuro Dallapiccola. Già oggi i genitori possono avere accesso a un ampio archivio di informazioni sul bimbetto che si sta formando nella pancia della mamma. L’impiego di test prenatali, come rileva in un articolo pubblicato ieri dal New York Times , è particolarmente frenetico negli Stati Uniti, terra degli eccessi. E anche da noi il settore è in grande espansione, man mano che sul mercato si rendono disponibili i nuovi kit. Già prima dello scoccare del terzo mese di gravidanza il bimbo viene scrutato da apparecchi ecografici ad alta definizione che permettono di misurarne i lineamenti, di controllare certi rapporti.
Ad esempio, la distanza tra padiglione auricolare e sopracciglio, o lo spessore di una minuscola zona dietro la nuca. Un parametro al di fuori della norma può indicare l’aumento di rischio per la mamma di partorire un piccolo Down. Informazione che, comunque, deve essere nel caso corroborata da esami ormonali. «Attenzione, stiamo parlando di screening prenatali e non di diagnosi - spiega la differenza basilare Domenico Arduini, responsabile del centro di medicina prenatale all’università di Tor Vergata -. Con esami come il tri-test , dual-test o quello della translucenza nucale possiamo calcolare una maggiore probabilità di rischio. Non dicono se il feto è sano o malato, ma semplicemente che percentuale ha di sviluppare un’anomalia. Per la risposta definitiva bisogna affidarsi alla villocentesi o all’amniocentesi». Un piccolo campione di placenta (villocentesi) o di liquido amniotico (amniocentesi) prelevati con un ago vengono utilizzati come materiale per indagini cromosomiche e genetiche. Oggi si riesce a diagnosticare oltre 200 malattie cromosomiche. Secondo i dati raccolti dall’Agenzia di sanità pubblica del Lazio, nel 2000, su 49 mila partorienti il 21% si erano sottoposte alla prova del liquido amniotico con percentuali che variano per età. Tra i 35 (limite oltre il quale l’esame viene raccomandato) e i 39 erano il 40%, oltre i 40 anni salivano al 54%. Le diagnosi genetiche sono invece mirate, vengono prescritte in base alla storia familiare, quando uno dei due genitori o ambedue sono portatori sani e possono trasmettere il difetto al figlio. Le più frequenti riguardano fibrosi cistica, talassemia e distrofie. «Notiamo nelle coppie un atteggiamento molto coscienzioso anche quando si trovano di fronte a verità che non avrebbero voluto ricevere - dice Arduini -. Il compito del medico è trasmettere informazioni corrette. Purtroppo, non sempre succede e i genitori vengono lasciati soli di fronte a decisioni sconvolgenti». Insiste Dallapiccola: «A volte, i genitori preferiscono non sapere e accettare il destino pur di non dover riflettere sull’eventualità di rinunciare con l’interruzione di gravidanza a un figlio handicappato o di attenderlo già sapendo che ha dei problemi». Così si spiega lo scarso successo di test per malattie geniche abbastanza diffuse. Come la sordità.
Fonte: (21/06/2004)
Pubblicato in Genetica, Biologia Molecolare e Microbiologia
Tag:
prena%
Vota:
Condividi:
|
|
- Ultime.
- Rilievo.
- Più lette.
|