Paura da Ogm, sondaggio
In futuro nascerà un osservatorio permanente sul rapporto tra scienza e società
«Chi dovrebbe prendere le decisioni sulle biotecnologie?» «Tutti i cittadini». É la risposta che dà il 22 per cento di un campione rappresentativo di italiani nel sondaggio compiuto da due studiosi vicentini sul perchè la gente sia contraria a questo tipo particolare di ricerche scientifiche e i cui risultati oggi vengono pubblicati sulla rivista americana Science. L'inchiesta, condotta da Federico Neresini e Massimiano Bucchi, entrambi docenti di sociologia rispettivamente all'Università di Padova e di Trento, è stata incentrata sulle biotecnologie e sulle loro applicazioni pratiche in medicina e nel settore agroalimentare. «La ricerca - spiegano Neresini e Bucchi - condotta su un campione di mille persone, ha evidenziato due atteggiamenti completamente diversi. Di sostanziale apertura nell'ambito medico perchè la gente è disponbile a correre anche dei rischi, legati alla ricerca, sapendo però di poter avere in cambio dei grandi vantaggi sul fronte di malattie gravi per le quali oggi si può ancora fare poco. Per contro, nell'ambito agroalimentare ed in particolare degli organismi geneticamente modificati, c'è diffidenza e chiusura. Gli ogm rappresentano una novità che si scontra con abitudini e opinioni fortemente radicate».Una risposta negativa, tengono a precisare i due ricercatori, che non deriva da un atteggiamento antiscientifico, ma che è il frutto di un'opinione stratificata, cioè consolidata nel tempo, e sulla quale messaggi e informazioni arrivate dai media hanno scarsa influenza. «E questo si spiega - chiarisce Neresini - per il fatto che sull'alimentazione c'è una risposta fortemente conservatrice.
Ancor più marcata nei Paesi mediterranei e in Italia dove c'è una grande cultura culinaria». Diffidenza, poi, che non è legata al grado di preparazione culturale. Anzi. Il 40 per cento degli intervistati con una scolarizzazione modesta è favorevole alle innovazioni introdotte dalla scienza. All'opposto c'è un 10 per cento, con una buona preparazione, che è molto più critica verso la ricerca scientifica. «E la diffidenza verso gli ogm è totalmente indipendente da ideologie, sesso e area geografica - puntualizza Bucchi - anzi, gli intervistati rivelano in proposito un forte pragmatismo. Va aggiunto poi che una forte componente della chiusura verso gli ogm deriva anche dal dubbio, molto sentito tra la gente, che le forme tradizionali della politica non sappiano gestire questi processi di innovazione. Ed è quindi in questa direzione che si è registrato questo cambiamento negli ultimi anni. I cittadini pur nutrendo ancora molta fiducia verso gli scienziati, non li considerano più come elementi super partes, bensì come uno degli attori in gioco. Così come è cresciuta di molto la richiesta di essere coinvolti in queste scelte. I cittadini non accettano più di essere 'imboccati' e chiedono di aver voce in capitolo. Ed è un segnale che sia il mondo della scienza che quello della politica farebbero bene a non sottovalutare». Non a caso l'argomento di questa ricerca è stato scelto autonomamente da Bucchi e Neresini e i risultati del loro lavoro, non essendo finanziati da gruppi o enti particolari, sono esenti da qualsiasi possibile condizionamento. Per contro i dati che loro mettono a disposizione di tutti, via internet, costituiscono comunque un punto di riferimento costante sia per la presidenza del consiglio dei ministri sia per il ministero della salute pubblica, come pure di molte industrie, comprese le multinazionali del settore agroalimentare che, proprio di recente, cominciano a manifestare i primi segnali di un possibile ripensamento sull'impiego degli ogm.
Fonte: (21/06/2004)
Pubblicato in Percezione e problemi biotech
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