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Ragazzi, ecco cosa vi fate quando fumate cannabis


L’ INTERVENTO Il Consiglio superiore di sanità e le Nazioni Unite riconoscono la pericolosità e i danni che la cannabis, nelle sue varie forme, può fare sulle cellule cerebrali umane e definiscono un

L’ INTERVENTO Il Consiglio superiore di sanità e le Nazioni Unite riconoscono la pericolosità e i danni che la cannabis, nelle sue varie forme, può fare sulle cellule cerebrali umane e definiscono un errore considerarla una droga "leggera". Da sempre questo Dipartimento e la Regione Veneto portano avanti il concetto che è necessario abbandonare la distinzione tra droghe cosiddette leggere e pesanti, distinzione che non corrisponde a quello che si ritrova nelle evidenze scientifiche e nei comportamenti e nei pensieri dei consumatori di tali droghe. Non va ignorata in particolare una semplice quanto drammatica osservazione epidemiologica e cioè che la cannabis è stata la droga di inizio per oltre il 95% dei tossicodipendenti da eroina e può quindi essere ritenuta responsabile dell'iniziazione di molti giovani a droghe sempre più potenti e dannose. Il passaggio non è automatico per tutti gli individui, ma dalle ultime ricerche scientifiche si è potuto determinare che esistono molti individui particolarmente vulnerabili in grado cioè di trasformarsi in "escalator" (scalatori verso droghe sempre più potenti) entro pochi mesi dall'inizio delle assunzioni di droghe cosiddette "easy" (facili). "Facili" anche per l'alta tolleranza sociale che esiste, fattore di molto fascino soprattutto per le giovani generazioni (e non solo) indipendentemente da superficiali considerazioni ideologiche o posizioni moraliste che non ci appartengono.
Si è poi osservato che la cannabis in commercio oggi è molto diversa da quella di 10 anni fa. Essa viene coltivata con metodi che permettono di ottenere prodotti finali 4/5 volte superiori in termini di concentrazione di principio attivo rispetto al passato, creando effetti ben più rilevanti di quanto si possa sospettare, oltre al fatto che spesso per far crescere le coltivazioni più rigogliose (e quindi remunerative) si usano pesticidi dannosissimi per la salute in quanto cancerogeni e fuori legge, che si ritrovano poi nelle droghe messe in commercio ancora più concentrati e altamente pericolosi.
Contrariamente a quanto comunemente e erroneamente creduto questa sostanza è in grado di creare uno stato di dipendenza che si manifesta soprattutto con sintomi psichici quali un forte e costante desiderio di assumere la sostanza, crisi demotivazionale, forte irritabilità ed aumento dell'aggressività, oltre che disfunzioni nella capacità di giudizio. L'esistenza di dipendenza è stata provata anche mediante l'utilizzo di farmaci antagonisti specifici del THC (principio attivo della cannabis) ed alta affinità per i recettori dei cannabinoidi endogeni ed esogeni che (somministrati in condizioni sperimentali nell'animale) hanno provocato una sindrome astinenziale acuta in alcuni casi mortale, a dimostrazione anche dell'esistenza di uno stato di dipendenza.
Ora sappiamo che nel cervello umano inoltre c'è un complesso sistema di sostanze cerebrali dette "cannabinoidi naturali" (sostanze simili alla cannabis) che è deputato a far provare le soddisfazioni e sentirci "appagati".
La cannabis introdotta dall'esterno interferisce profondamente e negativamente con questo sistema (al pari dell'eroina che interferisce con il normale sistema endorfinico) che non utilizza più i propri componenti interni e naturali (cannabinoidi endogeni) per funzionare ma quelli esterni, alterando il suo fisiologico funzionamento. Si produce quindi una disfunzione biochimica che porta alla caduta delle motivazioni, alterazione dei meccanismi di memorizzazione e alla compromissione delle capacità di affrontare i problemi della vita. Questo sistema dei cannabinoidi endogeni ha anche un ruolo molto delicato e complesso a livello di sofisticate e particolari strutture cerebrali (limbico dell'ippocampo e corteccia frontale), che controllano la personalità, la memoria e le modalità di relazione con le persone.
Per comprendere i danni della cannabis, proviamo a pensare per un momento che cosa significa e che cosa può comportare questo nel cervello di un adolescente in crescita che sta sviluppando i propri delicatissimi meccanismi di funzionamento psichico e relazionale.
La cannabis riduce la sensibilità e l'euforia per i risultati raggiunti: dopo aver raggiunto un obiettivo si prova un entusiasmo ridotto (o assente) e si rimane insoddisfatti ed in ansia, come se non si fosse ottenuto nulla. Tutto questo per un ragazzo in crescita e alla ricerca della sua identità può essere psichicamente devastante e fargli perdere la giusta direzione per un armonico sviluppo e progresso mentale. Da tempo si sapeva inoltre che la cannabis aumenta la perdita di neuroni cerebrali deputati alla memoria di breve termine e impedisce di focalizzare sui concetti essenziali. Da un punto di vista della salute fisica inoltre è stato provato che la cannabis inibisce le cellule immunitarie deputate alla difesa dalle infezioni e dai tumori. Gli utilizzatori di cannabis infatti sono più esposti a sviluppare infezioni polmonari, cancro e infarto miocardio.
Gli effetti sulla memoria e sulle cellule nervose regolanti la motivazione sono fortissimi e possono nel tempo modificare la personalità e i meccanismi di funzionamento psichico delle persone che la assumono esponendoli ad un rischio maggiore di schizofrenia, depressione e ansietà. Infine sono stati documentati gravi danni sullo sviluppo neurologico dei bambini nati da madri fumatrici di cannabis.
La Società Italiana di Psichiatria inoltre nell'ultimo congresso nazionale ha evidenziato e lanciato l'allarme sul notevole incremento della precoce comparsa di patologie psichiatriche e delle psicopatologie nelle fasce giovanili che si sta verificando inaspettatamente in questi anni. Tutto questo evidenziando quanto esso sia in stretta relazione alla maggior diffusione ed utilizzo di sostanze stupefacenti in giovane età.
Sono anni che queste evidenze sono a conoscenza degli ambienti scientifici (ma anche politici) di tutto il mondo ma ancora adesso tali verità faticano ad essere riconosciute, anche dalla moltitudine di giovani che troppo spesso cadono in facili e superficiali comportamenti a rischio e informazioni distorte.
La mistificazione che è stata fatta e che continua ad essere diffusa, non può più essere accettata da chi si occupa della salute pubblica, ed è ora che tutti quelli che pensano che drogarsi non possa essere considerato un diritto inviolabile e da garantire addirittura con delle leggi dello Stato (e che conservare la propria salute e quella degli altri, potrebbe essere considerato un "dovere" e una responsabilità per ognuno di noi) assumano un atteggiamento più attivo e determinato, rendendo esplicite le proprie convinzioni trasmettendole alle giovani generazioni e a tutti coloro che potrebbero essere vittime della droga.
Il riconoscere quindi in prima istanza l'esistenza dei danni della cannabis e portarli a conoscenza dei giovani per creare consapevolezza e responsabilizzazione e in seconda istanza sancire istituzionalmente il "divieto intelligente" all'uso e la circolazione con leggi e regolamenti, risulta semplicemente un atto razionale e dovuto, come lo è nei confronti di tutte le sostanze (non necessariamente droghe) anche solo potenzialmente sospettate di essere dannose per la salute e/o compromettenti il comportamento civile.
I giovani e gli adolescenti sono particolarmente vulnerabili agli effetti negativi della cannabis e vanno quindi protetti anche con specifici atti normativi e "divieti all'uso" che non devono essere visti come semplici e sciocchi atti repressivi da contestare solo per un innato atteggiamento oppositivo e contestatario, ma esplicitando così chiaramente una posizione inequivocabile: le istituzioni deputate al controllo e al mantenimento della salute pubblica riconoscono e dicono chiaramente che drogarsi è dannoso per la salute, pericoloso per chi è a contatto con queste persone (per le conseguenze sulle abilità di guida e la capacità di giudizio del pericolo), non accettabile socialmente, contro le regole e le leggi dello Stato che tutelano l'integrità psicofisica dei cittadini, sanzionabile legalmente.
Va quindi abbandonata la distinzione effimera e fallace tra droghe "leggere e pesanti" sostituendola in caso con quella più confacente di "easy e not easy" (facili e non facili), impostando una politica e delle strategie di prevenzione che escludano queste distorsioni preferendo parlare chiaro e dando indicazioni molto precise in materia: la miglior prevenzione e non usare droghe e sostanze stupefacenti di alcun tipo (sia legali che illegali), e riconoscere questi comportamenti come negativi, da evitare e biasimare, strutturando un chiaro e coerente sistema che porti l'individuo più vulnerabile ad essere tutelato e contemporaneamente stimolato ad una presa di coscienza e consapevolezza per maturare autonomamente comportamenti responsabili e veramente "liberi" da qualsiasi sostanza e condizionamento ideologico.
Giovanni Serpelloni
(direttore Dipartimento dipendenze Ulss 20 )

Fonte: L'Arena (25/10/2003)
Pubblicato in Medicina e Salute
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