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Farmaco «bocciato» guarisce i cromosomi


La decitabina, gia’ scartata come medicinale contro le emopatie, ha effetti positivi sui geni

A volte farmaci che erano stati all'inizio giudicati di scarso interesse vengono rivalutati e diventano oggetto di rinnovati studi alla luce del progredire delle conoscenze nell'ambito biochimico-molecolare. E’ il caso dell'aza-deossicitidina (o più brevemente "decitabina"), che fu introdotto parecchi anni fa come agente antiproliferativo in alcune forme di emopatie maligne con risultati abbastanza modesti. Negli ultimi anni, tuttavia, si è assistito ad un notevole risveglio di interesse per questo composto che è diventato oggetto di studi approfonditi per una varietà di situazioni morbose, non soltanto neoplastiche. Come è avvenuto? Dobbiamo rifarci a un settore di ricerca che ha ricevuto grande impulso recentemente: la "epigenetica". Si tratta dello studio di quei meccanismi che, attraverso modificazioni dell'espressione genica, ma non codificate nel DNA, possono produrre tuttavia alterazioni patologiche ereditabili, incluse sindromi da instabilità cromosomica, ritardo mentale e tumori: queste modificazioni infatti costituiscono una specie di memoria dell'attività genica e vengono trasmesse ad ogni divisione cellulare. Uno dei principali meccanismi di interferenza epigenetica è rappresentato dalla metilazione del DNA, processo mediato da enzimi particolari, le metil-trasferasi, che può interessare certe fondamentali regioni cromosomiche chiamate isole CpG, ben conservate durante le età evolutive e normalmente non metilate. La metilazione di tali strutture può causare lo "smorzamento" di importanti geni ed è stato rilevato come questo silenziamento possa anzitutto spiegare alcune differenze biologiche riscontrate in gemelli identici; ma esso appare strettamente correlato con l'insorgenza di varie condizioni morbose, che vengono attualmente classificate come "malattie epigenetiche".
Fra queste ricordiamo la "Sindrome da X-fragile", relativamente frequente (1:4000) nei neonati maschi, caratterizzata da ritardo mentale di varia gravità e disfunzioni somatiche: in questo caso risulta silente il gene FMR1( che produce una proteina particolarmente abbondante nelle cellule nervose) e ne consegue la formazione di un sito fragile nel cromosoma X, onde la denominazione. Numerose altre sindromi infantili con immunodeficienza, disturbi di crescita e varie anomalie somatiche sono pure causate dal silenziamento di alcuni geni specifici e rientrano in questa categoria. Un interesse ancora maggiore è poi rappresentato dal coinvolgimento di questi meccanismi epigenetici nella eziologia dei tumori; sono ormai numerose le osservazioni che documentano il ruolo della repressione genica nella formazione e progressione di tumori, come tumori polmonari, gastro-intestinali, mesoteliomi e altri ancora: si è persino osservato come i danni da fumo possano spiegarsi anche attraverso il silenziamento di geni che proteggono dai tumori. Si comprende a questo punto il motivo della "rinascita" della decitabina, che per l'appunto rappresenta il prototipo dei cosiddetti inibitori della metilazione (una categoria che comprende varie altre sostanze come la fluoro-citosina e la zebularina ): questi composti infatti, una volta incorporati nel Dna , bloccano l'attività delle metiltrasferasi, favorendo quindi la formazione di DNA demetilato; ciò determina la riattivazione di geni prima resi silenti, quali spesso divengono, per cause varie, i geni onco-soppressori. Si spiega in tal modo anzitutto l'azione osservata in cellule tumorali, documentata da recenti ricerche sperimentali su linee cellulari di tumori mammari, polmonari e gastro-intestinali, tanto da giustificare l'inclusione di questo composto in recenti protocolli di terapia oncologica umana. Si è peraltro osservato anche un effetto benefico nelle cellule emo-formatrici geneticamente alterate, ad es. nelle talassemie o nelle anemie a cellule falciformi: in queste affezioni, e vi sono già dati clinici a dimostrarlo, la decitabina è capace di risvegliare il gene della HbF (emoglobina fetale), che viene normalmente silenziato intorno alla nascita, ma che, se riattivato, produce un tipo di emoglobina di buona funzionalità anche negli adulti, capace di sostituire le emoglobine anomale presenti nelle malattie sopra citate; l'incremento di Hb fetale ad esempio riduce notevolmente le crisi vaso-occlusive e le lesioni delle pareti vasali, così frequenti nell'anemia da Hb S( a cellule falciformi), malattia che affligge un gran numero di pazienti in quasi tutte le parti del mondo. La strategia basata sulla terapia epigenetica è dunque aperta e promette interessanti sviluppi.


Fonte: TuttoScienze (10/09/2004)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
Tag: emopatie
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