Il tumore al polmone è uno dei più diffusi
Il tumore al polmone è uno dei più diffusi e in continua crescita: lOrganizzazione mondiale della sanità ha stimato più di 900 mila nuovi casi nel 2000. La frequenza è tuttavia molto variabile nel mo
Il tumore al polmone è uno dei più diffusi e in continua crescita: l'Organizzazione mondiale della sanità ha stimato più di 900 mila nuovi casi nel 2000. La frequenza è tuttavia molto variabile nel mondo, con picchi in Nuova Zelanda e negli Stati Uniti; in Italia rappresenta oggi la principale causa di morte per cancro. I più diffusi, circa l'ottanta per cento, sono tumori "non a piccole cellule", che colpiscono soprattutto uomini nella fascia età tra i 55 e i 65 anni. Il principale fattore di rischio è dato dal fumo di sigaretta, cui si aggiungono l'esposizione all'amianto, a gas radioattivi come il radon e ad altri agenti chimici inquinanti. Il meccanismo Il gefitinib è il primo di una nuova classe di farmaci già introdotta in molti Paesi, tra cui il Giappone e gli Stati Uniti, per la cura del carcinoma "non a piccole cellule"; in Europa, invece, è ancora in attesa di approvazione. Questi farmaci agiscono spegnendo alcuni dei meccanismi principali coinvolti nella crescita cellulare. Nel caso specifico il gefitinib contrasta l’azione di un potente oncogene, cioè un gene che promuove, attraverso la produzione di specifiche proteine, la crescita incontrollata delle cellule tumorali. Si tratta quindi di una filosofia di trattamento assai più mirata, e con meno effetti collaterali, rispetto alla chemioterapia tradizionale, che invece non distingue tra cellule tumorali e normali. In laboratorio «Studi precedenti eseguiti in laboratorio su colture cellulari, avevano già messo in luce che l'efficacia di farmaci come il gefitinib dipende dall'attivazione di un meccanismo in cui è coinvolta la proteina Akt», spiega Federico Cappuzzo, oncologo dell’Ospedale Bellaria di Bologna e che ha coordinato la ricerca italiana.
«E negli ultimi giorni un gruppo di ricerca statunitense ha rintracciato mutazioni in un gene che agisce a cascata proprio su questa proteina, attivandola. I pazienti che possiedono queste mutazioni, non fumatori, rispondono meglio al trattamento farmacologico». Tutti risultati che, integrandosi e completandosi a vicenda, aprono buone possibilità di mettere a punto una terapia su misura per ciascun paziente. All'ospedale bolognese partirà entro pochi mesi un ampio studio che prevede di selezionare i malati in base a questi marcatori biologici; l'analisi del tessuto tumorale rileverà la presenza di mutazioni nel gene e lo stato di attivazione di Akt. A quel punto si stabilirà chi sottoporre alla terapia con il gefitinib e chi no. Ma questo rappresenta soltanto il primo obiettivo di un progetto più ampio che vede la collaborazione del "Bellaria" con il Colorado Cancer Center di Denver, negli Stati Uniti. Anziani «Abbiamo già intrapreso uno studio per identificare con precisione quali pazienti possono davvero trarre beneficio dall’impiego di gefitinib», prosegue l’oncologo Federico Cappuzzo. «Ci stiamo concentrando su un gruppo di anziani che, per le condizioni di salute precarie, non potrebbero essere sottoposti alla tradizionale chemioterapia. Il basso profilo di tossicità del nuovo trattamento lo rende un'alternativa particolarmente interessante». Tutto questo nell'attesa che il farmaco sia messo in commercio anche da noi.
Fonte: (15/09/2004)
Pubblicato in Cancro & tumori
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polmone
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