Ricerca-ripresa economica Il binomio che può vincere
L’universita’ deve trovarsi al centro di questa strategia e tutte le linee-guida europee vanno in qu
La ricerca scientifica, come il sesso: più se ne parla e meno si pratica. Una visione di questo genere potrebbe essere appannaggio di qualche vecchio topo di laboratorio, piuttosto che dei goliardici sostenitori del motto "research less, sleep more". In realtà, dobbiamo parlare e pensare di ricerca e scienza per ragioni molto serie. Tutti concordano che innovazione, sviluppo, benessere dipendono oggi dalla scienza e dalla tecnologia. E nello stesso tempo l'opinione pubblica dei paesi più ricchi guarda con nuova preoccupazione ai risultati della scienza, oscillando fra speranze e paure irrazionali. Il mondo della ricerca, in particolare in Europa, è poi in profonda trasformazione. Le ragioni sono diverse, ma convergenti, e vanno dalle difficoltà del quadro economico interno alla Comunità, alle sfide dell'innovazione ed alla competizione globale, dove al tradizionale antagonista-protagonista, la locomotiva della ricerca statunitense, si affiancano attori emergenti dell'estremo oriente. Il trattato di Lisbona che prevede di portare l'investimento per la ricerca dei paesi dell'Unione Europea al 3% del prodotto nazionale lordo nei prossimi anni costituisce lo sfondo pieno di promesse, ma anche irto di difficoltà, viste le ristrettezze dei bilancio nazionali e la tradizionale resistenza delle piccole e medie imprese ad investire in ricerca e sviluppo. Anche l'Italia sta preparando un nuovo Piano Triennale della ricerca, con alcune rilevanti riflessioni, molti fattori di novità e alcuni punti controversi (quali e quante sono le risorse realmente disponibili; perché prevedere una così ampia precarietà per i ricercatori). Il contraddittorio con il mondo della ricerca è molto vivace (vedi http://www.osservatorio-ricerca.it), mentre l'opinione pubblica sembra disinteressata e rassegnata a un ruolo dell’Italia sempre più marginale.
In questo dibattito, le università hanno un ruolo centrale, come testimonia l'accordo-quadro, di poche settimane fa, fra la Conferenza dei Rettori e Confindustria (http://www.crui.it/link/?ID=1647), che in sei punti definisce la collaborazione fra Università e imprese per il rilancio dello sviluppo in Italia. Di questi temi si parlerà a Torino nel congresso «Università e ricerca: l’eccellenza scientifica per la crescita economica», il 23 e 24 settembre all'Unione Industriale, via Fanti 17, http://www.convegnoricerca.unito.it Gli organizzatori si pongono alcuni obiettivi, ambiziosi ma molto ragionevoli. In primo luogo, si vuol proporre al paese intero una vera e propria rivoluzione copernicana, dove l'università, con la sua naturale interdisciplinarità, si ponga come protagonista della ricerca e dello sviluppo. L'idea può sembrare utopistica, ma rispecchia le proposte avanzate in Spagna con il Patto per la ricerca (http://sebbm.bq.ub.es/soc/pacto.htm) e le iniziative di mobilitazione degli scienziati in Francia (http://www.pasteur.fr/pasteur/dunerf.pdf), che vogliono una soluzione alta e coraggiosa per il rilancio della ricerca. D'altra parte, l'Unione Europea intende lanciare una imponente iniziativa sulla ricerca di base, sia di ambito scientifico-tecnico sia nelle scienze umane, creando un Consiglio Europeo della Ricerca. Un secondo obiettivo è la creazione di uno spazio regionale per la ricerca, che possa avvalersi di una legge specifica e di programmi di ricerca capaci di sviluppare le vocazioni del territorio, in una dimensione assieme locale e globale, usando proprio una delle peculiarità della ricerca accademica, la sua anima glocal. Il primi passi, già ben avviati, sono una legge della Regione Piemonte sulla ricerca ed il potenziamento delle iniziative di nuova imprenditorialità e di tutela dei brevetti. Altri passi decisivi sono lo sviluppo di centri di eccellenza (l'Università di Torino ha già visto riconosciuti i centri per l'imaging molecolare, per la biosensoristica tramite organismi vegetali e microbici, per superfici e interfasi nanostrutturate) e di grandi strutture integrate di ricerca, didattica avanzata, applicazione clinica (come l'auspicata Città della Scienza). Infine, ci si attendono ricadute sull'organizzazione delle singole università e in particolare di quella di Torino. Prerequisito qualificante è l'uso sistematico della valutazione, in modo da rilevare i punti di forza e quelli di debolezza del sistema ricerca, impostando così una politica mirata. Altro passo fondamentale è quello investire sulla formazione alla ricerca, potenziando i Dottorati, creando efficaci meccanismi di internazionalizzazione, stabilendo una rete di collegamento fra mondo accademico e sistema dell'innovazione produttiva (http://www.scienzemfn.unito.it/doc/dottoratounito.pdf). Iniziative rilevanti sono anche quelle che possono nascere dalla caratteristica saliente dell'università, l'interdisciplinarità fra scienze della natura e scienze umane. L’Università di Torino vuol costruire un "Dipartimento della Ricerca" per elaborare scenari sul futuro del Piemonte e approfondire operativamente i rapporti fra scienza e società, migliorando il livello di comprensione pubblica della scienza.
Fonte: (17/09/2004)
Pubblicato in Analisi e Commenti
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