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Il ruolo dello zinco nelle patologie neurodegenerative


Uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Proceedings della National Academy of Sciences, riporta in piena auge il ruolo dello zinco nella neurodegenerazione. Lo studio, cui ha dedic

Uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Proceedings della National Academy of Sciences, riporta in piena auge il ruolo dello zinco nella neurodegenerazione. Lo studio, cui ha dedicato un editoriale di commento nientemeno che Erwin Rose, recentemente premiato col Nobel per la chimica, è opera del gruppo di ricerca guidato da Stefano Sensi, direttore del Laboratorio per le lesioni neurali dell'Università di Chieti. «Il ruolo dello zinco nelle patologie neurodegenerative è ormai consolidato» ha spiegato Sensi al congresso della Società Italiana di Neurologia appena svoltosi a Genova. «Per esempio, nelle placche di beta-amiloide che si formano nel cervello dei pazienti affetti da Alzheimer si trova un'enorme accumulo di zinco e ciò sembra innescare l'aggregazione delle fibrille beta-amiloidi che porta alla formazione delle placche della malattia di Alzheimer».
Le prime prove
La prova dell'implicazione dello zinco arriva da un semplice esperimento: se si fanno accoppiare topi geneticamente selezionati per produrre placche con altri topi selezionati in modo da avere carenza di zinco, i discendenti non formano più placche, segno che la formazione delle placche non si verifica se non c’è la possibilità che lo zinco si accumuli.
Lo zinco riesce a essere contemporaneamente un importante neuro-modulatore e una potente neuro-tossina, al punto da essersi meritato l'appellativo di ione-killer (ione è il nome che prende un metallo quando è 'carico' elettrochimicamente).
Quando infatti si accumula in forma libera nelle cellule nervose le danneggia e le uccide.
L'equilibrio fra zinco intra ed extra-cellulare è minima. Se lo zinco che sta fuori delle cellule riesce a insinuarsi nelle cellule attraverso alcune 'porte' naturali della loro membrana (i recettori AMPA), quello penetrato in eccesso viene smaltito da particolari proteine, le metallo-tioneine, che funzionano da «banche». In esse lo zinco viene depositato affinché non faccia danni e da queste può essere gradualmente recuperato in caso di necessità. Ma se si verifica uno stress ossidativo (come, ad esempio, dopo un trauma, un attacco ischemico o un attacco epilettico), questo delicato meccanismo di regolazione può guastarsi: le porte della 'banca' si spalancano, tutto lo zinco viene rilasciato di colpo e la cellula ne risulta gravemente danneggiata.

Terapia pronta
Ma che cosa si può fare? Le prospettive sono interessanti e di una semplicità disarmante. «Il clioquinol, un vecchio antiparassitario intestinale tuttora molto utilizzato in America latina e in Africa per la sua efficacia e il basso costo - dice Sensi - è capace di intrappolare lo zinco, rendendolo inerte e noi ce ne siamo accorti». «Se vengono trattati con clioquinol i topi produttori di placche, che in pratica sono il modello animale della malattia di Alzheimer, le placche scompaiono - dice Sensi -. Anche nell'uomo l'effetto è positivo: in un recente studio su pazienti Alzheimer, il trattamento con questo farmaco ha ottenuto un imprevedibile miglioramento cognitivo».

Nuove strategie
Le prospettive terapeutiche aperte dalla chelazione dello zinco sembrano dunque di rapida attuazione e a basso costo e, oltre che nell'Alzheimer, potrebbero essere impiegate nelle altre malattie in cui si verifica degenerazione neuronale, come ad esempio l'ischemia cerebrale transitoria, dove lo zinco è ugualmente implicato nei conseguenti processi di necrosi cellulare.
In base a questa ipotesi, anche le sostanze che bloccano i recettori AMPA della membrana cellulare, le principali porte d'entrata dello zinco nella cellula, impedirebbero il processo degenerativo innescato dall'entrata degli ioni killer. In alcuni modelli sperimentali di ischemia è già stato possibile farlo utilizzando AMPA-blockers, sostanze che 'chiudono la porta in faccia' allo zinco extracellulare.

Fonte: Corriere della Sera (27/10/2004)
Pubblicato in Medicina e Salute
Tag: neurodegenerative, zinco, Alzheimer
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