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Grazie alla «cabergolina» il tumore ipofisario sarà curabile


Grazie ad un nuovo farmaco, il tumore ipofisario è diventato un male non solo guaribile ma anche facilmente curabile. Lo ha rivelato uno studio effettuato al Dipartimento di Endocrinologia ed oncologi

Grazie ad un nuovo farmaco, il tumore ipofisario è diventato un male non solo guaribile ma anche facilmente curabile. Lo ha rivelato uno studio effettuato al Dipartimento di Endocrinologia ed oncologia molecolare e clinica della Federico II di Napoli dal gruppo di neuroendocrinologia guidato dal professor Gaetano Lombardi. La ricerca, pubblicata sull’ultimo numero del New England Journal of Medicine, ha infatti dimostrato che un breve trattamento con «cabergolina», un farmaco dopamino-agonista, è sufficiente per guarire definitivamente il tumore ipofisario «prolattino-secernente».
«Fino a oggi – spiega Annamaria Colao, responsabile della ricerca – i pazienti affetti da questa forma tumorale, che colpisce ogni anno circa 1.000 persone in Campania e 12.000 in tutta Italia, erano costretti ad assumere farmaci per tutta la vita.
Una terapia a tempo non solo è molto meglio accettata dai pazienti e ne migliora la qualità di vita ma ha anche costi economici più bassi».
I tumori ipofisari prolattino-secernenti sono quasi sempre benigni ma possono anche avere un comportamento aggressivo, e causano «iperprolattinemia», la malattia endocrina più frequente delle donne in età fertile che si manifesta con irregolarità del ciclo e secrezione lattea dal seno. Negli uomini i sintomi di iperprolattinemia sono più sfumati e riguardano soprattutto la riduzione della potenza sessuale e della libido.
Prima della scoperta dei farmaci dopoamino-agonisti, il più moderno dei quali è appunto la cabergolina, il trattamento d’elezione del tumore ipofisario era l’intervento chirurgico. «Il nostro studio – sottolinea Colao – ha dimostrato che oltre l’80% dei tumori di piccole dimensioni e il 60% di quelli di grandi dimensioni non si ripresentano più dopo la sospensione della cabergolina. Ma per evitare qualsiasi rischio al paziente, prima di interrompere l’uso del farmaco devono essere attentamente valutati tutti i parametri clinici, ormonali e radiologici da endocrinologi esperti in patologia ipofisaria».

Fonte: Il Mattino (25/11/2003)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
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