Dalla Cina per combattere la morte delle cellule nervose
La dott.ssa Ping Wu, neuroscienziata e biologa presso la University of Texas Medical Branch (UTMB), quando parla del suo lav
La dott.ssa Ping Wu, neuroscienziata e biologa presso la University of Texas Medical Branch (UTMB), quando parla del suo lavoro e' chiara: "Lo faccio per i pazienti, della politica non m'importa nulla. Per questo Christopher Reeve e' stato una grande ispirazione per me, e mi ha motivata ancora di piu' per progredire al massimo in questo settore di ricerca, per creare nuove terapie e alleviare le sofferenze dei malati". Nel 2001 la dott.ssa Wu e' riuscita a trovare un metodo di differenziazione delle cellule embrionali in cellule nervose; ad oggi quelle cellule nervose sono anche in grado di trasmettere i segnali dai muscoli al cervello. Un risultato eccellente, riconosciuto sia dai profani che dagli addetti ai lavori. "Ci sono molte potenzialita' terapeutiche per quanto riguarda la lotta all'Alzheimer, o al Parkinson o alle lesioni del midollo spinale. Ma molti partono dal dogma secondo il quale le cellule nervose una volta morte e' impossibile da rimpiazzarle, o che comunque non esistono in natura cellule nervose che si ripropongono in eta' adulta. Lei ha sfatato questo mito", spiega Claire Hulsebosch, collega della Wu. Queste ultime, insieme al neurochirurgo Guy Clifton e altri, fanno parte di un consorzio chiamato TIRR/Mission Connect, nato proprio con l'intento di aiutare i disabili nella loro vita quotidiana e trovare nuove cure per la riabilitazione dei pazienti paraplegici. Ma il lavoro e' sottostimato, non tutti gli scienziati prendono a cuore questo ramo di ricerca e la situazione politica certo non giova. Il risultato e' che occorre sempre piu' tempo per arrivare alle sperimentazioni cliniche, tempo che non tutti possono attendere. Secondo la Wu il problema e' che tutti hanno paura di prendere una posizione definitiva sulla faccenda: "E' vero che la scienza cambia e che gli assiomi sono sempre piu' rari.
Ma perche' ad esempio conservare un embrione congelato per poi distruggerlo fra 10 anni senza che nessuno faccia una piega? Perche' non donarlo alla scienza e permettere a qualcuno di creare nuove soluzioni nella lotta alla sofferenza partendo da quell'embrione?" La Wu e' nata a Pechino 43 anni fa. Sin da piccola vedeva il suo futuro in camice bianco, fra i letti d'ospedale e in mezzo ai pazienti. Poi pero', vedere le persone morire senza alcuna speranza ne' alternativa, e' stato un trauma che non ha potuto combattere. "Mi sentivo molto depressa e pensavo che fare il medico non bastasse. Dovevo fare di piu' per quelle persone e per il loro dolore". Nel 1996 emigra negli Usa e arriva ad Harvard, dove viene assunta come ricercatrice nel laboratorio di biologia molecolare. Li' si specializza sui problemi delle malattie neurodegenerative e delle lesioni al midollo spinale, fino al 1999, anno in cui si trasferisce all'UTMB. Ma le risorse economiche ristrette, il laboratorio troppo piccolo e la mancanza di linee cellulari, spingono la biologa a contattare prima del Natale del '99 Steve Svendsen, ricercatore della University of Wisconsin. "Non mi aspettavo una risposta prima della fine delle vacanze", ricorda. E invece il giorno dopo Svedsen risponde positivamente alla richiesta di invio di cellule staminali e nel giro di poco tempo la Wu ha a disposizione una notevole quantita' di linee di cellule fetali estratte dal cervello di un feto abortito. Le sue ricerche intanto divengono piu' complesse e necessitano di aiuti esterni piu' consistenti. Nel 2000 e nel 2001 infatti riceve 75.000 Usd dal John Sealy Memorial Endowment Fund e 300.000 Usd per il TIRR/Mission Connect, che gli permettono di lanciare il primo programma esclusivamente concentrato sulla differenziazione delle staminali. All'inizio si limita ad iniettare le staminali nel cervello dei topi per capire come queste si comportano. Ma le cellule non diventano nervose; sino a che la biologa non trova il giusto mix di fattori chimici che finalmente influenzano la differenziazione. La sua scoperta viene pubblicata su Nature Neuroscience e in poche ore la Wu viene letteralmente inondata di e-mail, telefonate e lettere da pazienti di tutto il mondo ansiosi del suo aiuto. "Era difficile per me spiegare loro che si trattava di una grande scoperta solo a livello scientifico, e che l'applicazione pratica era ancora una prospettiva lontana". A quel punto la richiesta di supporto al National Institute of Health diviene una tappa obbligata. E infatti alla fine del 2002 riceve 1,25 milioni di Usd per portare avanti le sue ricerche, che nel mentre hanno dato frutti sempre piu' interessanti. "Con il tempo abbiamo perfezionato le tecniche ed ora le cellule nervose sviluppate sono in grado di connettere le sensazioni e trasmetterle correttamente. Si parla di miglioramenti comunque, non di dati definitivi". L'importanza di questo lavoro consiste inoltre nell'associare la ricerca sul singolo aspetto legato alla morte cellulare, ai fattori che ne conseguono sull'intero organismo come infiammazione dei tessuti, scarti di tossine e atrofizzazione dei muscoli. Il marito della Wu, Yongjia Yu, anch'esso scienziato, la sostiene e comprende a fondo le frustrazioni che derivano dal un'indagine capillare nei misteri della natura. E loro figlio Frankie, che ha 11 anni e sogna di seguire la strada dei genitori, sembra gia' intenzionato a superare il loro livello. "Una volta lo battevo sempre quando giocavamo a scacchi. Ora vince sempre lui".
Fonte: (03/12/2004)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
Tag:
neuroni,
apoptosi
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