Ecco le regole per curare gli europei
L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha reso pubblico un documento sulle priorità di salute dell’Europa, Priority Medicines for Europe and the World . Lo ha chiesto - e lo ha pagato - il gove
L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha reso pubblico un documento sulle priorità di salute dell’Europa, Priority Medicines for Europe and the World . Lo ha chiesto - e lo ha pagato - il governo olandese. Servirà come base di discussione per i programmi di ricerca biomedica in Europa. È un documento importante. Identifica le priorità e detta le regole, partendo dai cambiamenti demografici (il fatto che la popolazione invecchia e che siamo di fronte a quella che i medici chiamano «epidemiological transition»: anche nei Paesi più poveri si muore di più di cuore che di infezioni). L’Europa ha una grande tradizione di solidarietà e i governi hanno sempre cercato di trovare soluzioni perché tutti possano essere curati (non è così negli Stati Uniti). Ma i costi continuano ad aumentare e così bisogna stabilire che cosa, in medicina, serve davvero. Controllando anche i prezzi. In Europa però c’è grande disomogeneità sia nei costi dei farmaci sia nei sistemi di rimborso. Cosa fare? Più ricerca, dice l’Oms, e per le malattie per cui c’è più bisogno. Il diabete, per esempio, che colpirà fra qualche anno più del 5% della popolazione del mondo. I diabetici hanno più infarti cardiaci e ictus del cervello delle persone normali e muoiono di più. Ma questo oggi si può evitare, ci sono farmaci efficaci (e costano pochissimo). Un’altra priorità è l’Alzheimer: in Europa si muore, e si spende, di più per l’Alzheimer che per il cancro al polmone, ma non c’è nessuna cura efficace.
Lo stesso vale per le malattie da abuso di alcol. C’è l’Aids fra le priorità (alla fine del 2003, c’erano nel mondo più di 40 milioni di persone infettate dal virus), qui cure efficaci ce ne sono, ma nessuna che guarisca del tutto. Bisognerebbe trovare un vaccino, ma la strada è in salita. Poi ci sono certi batteri che resistono agli antibiotici, la tubercolosi, le malattie rare e le malattie dimenticate (la malaria, per esempio). Con i tumori e i danni da fumo sono le altre priorità. Il rapporto si occupa anche di prevenzione. Nel 2002, nel mondo, il morbillo ha ucciso 540.000 bambini sotto i 5 anni: se fossero stati vaccinati non sarebbero morti. L’Oms con questo documento allarma anche un po’: il mondo non è preparato a una eventuale epidemia di influenza, che potrebbe venire dal virus degli uccelli che c’è in Asia (una cosa del genere è successa negli anni 1918-19 e ha causato 50 milioni di morti). Si parla molto nel documento di industria farmaceutica, che in Europa, purtroppo, è meno innovativa di quelle dell’America e del Giappone. Da noi, le molecole davvero nuove sono sempre meno e ci vuole sempre più tempo perché un farmaco arrivi sul mercato. Bisogna cambiare le regole - afferma l’Oms - e uscire dalle logiche di mercato, brevetti e prezzi protetti (serve all’industria - dice il documento Oms - ma non agli ammalati). È venuto il momento che industria, agenzie regolatorie (quella dell’Europa è l’Emea), ricercatori, medici, ministri dei vari governi e, perfino, il pubblico lavorino insieme per trovare le soluzioni più eque e meno care, per risolvere i problemi di salute (o almeno che ci provino). Il settimo programma quadro potrebbe essere lo strumento pratico. Viene da chiedersi: chi leggerà questo rapporto? Il Parlamento e la Commissione europea e, speriamo, i ministri della Salute dei governi degli Stati membri e tutti quelli (politici e tecnici) che decidono di medicina e salute. Ma lo dovrebbero leggere anche i ricercatori (per sapere dove è meglio indirizzare i propri sforzi nei prossimi anni) e le associazioni degli ammalati. Insomma, «Priorità in medicina» è una vera novità per l’Europa e per il mondo: è «research driven» (è la ricerca a dettare le regole) e affronta anche i problemi dei Paesi poveri. Di cui è giusto occuparsi, anche perché immigrazione e aerei portano da noi malattie che una volta consideravamo lontane; e per le quali non ci sono né ricerca, né farmaci. Resta un dubbio: l’Unione Europea avrà abbastanza lungimiranza per recepire questo documento? E il coraggio di mettere in pratica quanto vi è scritto? (O sarà come quando a Lisbona, nel 2000, si decise di portare gli investimenti per la ricerca dall’1.9% al 3%?) .
Fonte: (20/12/2004)
Pubblicato in Medicina e Salute
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