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Polizia del seme e contadini hacker


La polizia del seme combatte gli agricoltori che mettono da parte i semi di un raccolto per lannata successiva, accusandoli di pirateria tecnologica. I nuovi eroi della libertà digitale devono camb

Sono dei semplici agricoltori, ed eseguono da anni le stesse pratiche di buona coltura tramandate loro dai padri e dai padri dei loro padri. Solo che, ora, queste pratiche violano i contratti sottoscritti con il loro fornitore di sementi. Quindi, sono trascinati di fronte ad un giudice che li sbatte in galera ed impone loro di pagare centinaia di migliaia di dollari per la loro presunta pirateria tecnologica.

Il loro delitto? Mettere da parte i semi di un raccolto per la risemina della stagione seguente, una pratica agricola antichissima. "Mio padre metteva da parte i semi raccolti. Io metto da parte i semi raccolti" ha detto Homan McFarling, 62 anni, coltivatore di soia, famoso per essere stato portato in tribunale dalla Monsanto.

Mettere da parte i semi, modificati geneticamente dalla Monsanto per resistere agli insetticidi e ai diserbanti, viola le norme dei contratti della multinazionale con i contadini. Come vedete, la guerra della proprietà intellettuale si combatte anche lontano dall'industria del software e dell'intrattenimento (musica, film e videogiochi).

Dal 1997, la Monsanto ha intentato cause simili 90 volte negli USA contro 147 contadini e 39 società, secondo una relazione di giovedì scorso del Center for Food Safety, organizzazione che da anni lotta contro gli la diffusione degli organismi geneticamente modificati (OGM).

Un anno fa, in Tennessee, in un caso simile, il contadino Kem Ralph è stato condannato a otto mesi di prigione per aver nascosto un carico di semi di cotone per un amico, ed aver mentito su di esso. Il caso di Ralph è accreditato come la prima condanna penale in seguito alla campagna repressiva della Monsanto. Ralph, per la cronaca, è stato anche condannato a pagare alla Monsanto più un milione e mezzo di dollari.

La Monsanto ed i suoi pochi concorrenti hanno coperto il territorio nordamericano con le loro coltivazioni OGM. Assieme alle colture vengono stipulati ferrei contratti, immaginiamo proposti agli agricoltori in maniera non troppo amichevole. Circa 80 milioni di ettari in tutto il mondo sono stati coltivati a OGM l'anno scorso, con un aumento del 20 % rispetto al 2003.

Circa l'85 % della soia raccolta negli USA è geneticamente modificata per resistere al Roundup, l'erbicida della Monsanto, un fatto che facilita le pratiche di coltura estensiva, e quindi ne abbatte i costi, ma non tiene conto della presenza di residui nel raccolto.

Come da noi, gli agricoltori non hanno dismestichezza con contratti e avvocati, così non sono informati dei loro obblighi.
La Monsanto, dal canto suo, ha creato una sorta di polizia del seme, una task force di detective, spioni e delatori su tutto il territorio USA, per investigare sulle violazioni dei propri contratti, rovinando rapporti di affari, vicinato ed amicizia anche nelle città più piccole.

La pratica è assolutamente la stessa utilizzata dai signori del copyright in alti campi: non si rivolge contro chi eventualmente commercia queste sementi, ma contro chi le utilizza, instillando nelle comunità agricole paura, incertezza e dubbio. Vi ricorda qualcosa?

Le motivazioni della società sono le solite: la tecnologia costa e chi viola le regole danneggia i contadini diligenti, che si assumono in toto l'onere dei brevetti. "Chi vuole mettere da parte le sementi per l'anno successivo, deve usare la vecchia tecnologia" sostiene il presidente dell'American Soybean Association.

Ma è proprio così facile tornare alla vecchia tecnologia? Pare proprio di no. Pressioni economiche, scarsa disponibilità e costi di sementi, pesticidi e diserbi, trasformano la vita del coltivatore indipendente in un calvario. Come se non bastasse, la Monsanto è decisa a perseguire non solo chi ha usato le sue sementi in maniera tradizionale, ma anche chi è stato accidentalmente contaminato dagli OGM (e quindi ha prodotto alimenti trangenici inconsapevolmente).

Il caso del contadino canadese Percy Schmeiser è emblematico: non ha mai piantato colza resistente al Roundup nella sua fattoria, ma le sue piante sono state impollinate dai campi circostanti, coltivati a colza transgenica. È stato condannato ad un risarcimento alla Monsanto, anche se non ha mai usato il diserbante Roundup, e quindi non ha tratto alcun beneficio dalla colza modificata.

La battaglia dei contadini prosegue, ma contro la legge non ci sono santi. "È triste. Sono disilluso," dice Rodney Nelson, un altro contadino portato in tribunale dalla Monsanto, "È una battaglia dannatamente in salita che non penso potremo vincere."

Nelson ha ragione: la disobbedienza civile non ha possibilità quando si accetta preventivamente il modello economico e tecnologico del nemico. Rubare la tecnologia Monsanto per produrre soia OGM a sbafo assomiglia tanto alla pratica del p2p dei ragazzi di Urbani: è sterile e senza futuro.

Continueremo a difendere i contadini accusati ingiustamente, ma questa non è la tattica vincente. Come al solito, la via per l'altro mondo possibile è simile a quella del free software.

Il contadino hacker coltivi derrate non OGM. Solo in questo modo ha qualche possibilità di liberarsi della schiavitù delle multinazionali, che impongono i propri rimedi chimici e biotecnologici, quasi sempre ad alto impatto ambientale. Ma, soprattutto, Monsanto e simili impongono il loro modo di fare agricoltura: piani di concimazione, metodi per il controllo delle infestanti e delle pesti.

L'ingegneria genetica non è pericolosa per l'ecosistema direttamente, ma per l'attentato alla bio-diversità che essa favorisce. Parafrasando, potremmo dire che non sono le scoperte della Monsanto ad essere pericolose, ma la diffusione della Monsanto stessa (e della sua politica commerciale). Anche questo, vi ricorda qualcosa?

Da parte sua, l'hackumer (il consumatore hacker) deve sostenere la scelta della coltura non OGM. In questo modo tutela la salute propria e quella dei propri figli (a nessuno piace mangiare la soia condita col Roundup), ma anche la qualità e la diversità dei prodotti. Ma soprattutto, è bene ricordare che la terribile battaglia della proprietà intellettuale si combatte anche con una scelta di alimentazione e stile di vita ecosostenibile.


Fonte: AdnKronos (19/01/2005)
Pubblicato in Ecologia e Ambiente
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