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Cervello operato a paziente sveglio


Udine, una tecnica per asportare tumori benigni senza danni a linguaggio o movimenti

«Che oggetti vede sul monitor?». Oppure: «Conti fino a 100». E il paziente elenca ciò che vede o risponde alle domande mentre il neurochirurgo gli «entra» nel cervello con il microbisturi. Non è la descrizione di una sofisticata e crudele tortura ma di una tecnica per eliminare tumori benigni al cervello altrimenti inoperabili per il rischio di danni maggiori. Al movimento o alla parola. Il «trucco» è far parlare o muovere il paziente proprio mentre il microbisturi taglia via il corpo estraneo collocato vicino alle aree «pericolose». E senza nessun dolore per chi si trova sotto i ferri. Di solito un giovane tra i 20 e i 35 anni: la fascia di età più colpita da queste forme tumorali benigne. Normalmente si evita di intervenire, lasciando alto il rischio che negli anni il «benigno» diventi «maligno». In Italia, presso l’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, lavora il neurochirurgo che via via ha reso sempre più sicura e precisa questa tecnica, partendo dai primi interventi analoghi effettuati in Canada negli anni ’30 per curare l’epilessia. Si chiama Miran Skrap, è triestino. Sei anni fa ha cominciato a sperimentare il metodo, apportando via via dei miglioramenti: oggi vanta oltre 110 interventi al cervello con il paziente sveglio e collaborante. «Fondamentale è l’équipe - ripete -: dai neurofisiologi ai neuropsicologi, dai tecnici agli infermieri». E a Udine arrivano pazienti anche dall’estero, Stati Uniti compresi. Dove peraltro questa tecnica è stata provata sui tumori maligni (un episodio della serie medici in prima linea è centrato su un intervento del genere), senza però divenire di routine.
Perché? Soprattutto per la difficoltà a garantire una precisione millimetrica e quindi senza rischi.
Skrap, invece, sembra aver raggiunto l’obiettivo e ora ne parla ai congressi di neurochirurgia italiani ed internazionali (l’ultimo a Lisbona, lo scorso settembre).
Ma come si riesce a operare al cervello un paziente sveglio. Che non sente dolore, ma che deve parlare o muoversi mentre il bisturi taglia all’interno del suo cranio?
«Prima va fatta una premessa - spiega il neurochirurgo di Udine -. Il salto di qualità viene dall’utilizzo di diverse tecniche neuroradiologiche, in particolare la risonanza magnetica nucleare, oggi disponibili per fare una diagnosi precisa della lesione al cervello. Il chirurgo dispone di informazioni dettagliate in merito a sede, dimensione, estensione e limiti della lesione. Questo però non basta. Purtroppo non esiste mezzo diagnostico in grado di stabilire con esattezza le funzioni specifiche delle singole aree in cui si interviene, quali quelle del linguaggio (zona temporale e frontale del cervello) o del movimento e della sensibilità degli arti (zona frontale e parietale). Ecco allora l’importanza del paziente sveglio e messo nelle condizioni di collaborare con il chirurgo durante l’intervento: è l’unica possibilità per evitare errori e quindi per operare senza conseguenze un paziente che altrimenti sarebbe rimandato a casa».
Durante l’intervento, e prima di usare il microbisturi, viene effettuato il «mappaggio corticale» tramite uno strumento che invia impulsi elettrici, adeguatamente dosati, al cervello. Impulsi che possono interferire con la funzione nervosa dell’area eccitata. «Il paziente - spiega Skrap - parla ed esegue alcuni test specifici (contare, nominare oggetti che vede sullo schermo di un computer, leggere o scrivere frasi...). Se l’impulso va a bloccare la parola, impedisce l’esecuzione di un test, non consente un certo movimento, sappiamo che lo stimolo elettrico ha colpito un’area che va assolutamente preservata. Così definiamo in "diretta" la mappa della zona che non va toccata e di quella da eliminare senza rischi. L’intervento dura 6-7 ore. La degenza postoperatoria è al massimo di 3 giorni. Il chirurgo, inoltre, lavora con l’aiuto di un "neuronavigatore", un computer che tramite la risonanza magnetica, fa vedere dove si trova il microbisturi in qualsiasi momento».
In questo modo a Udine si asportano lesioni situate in aree critiche con ottimi risultati. Il numero di operazioni finora effettuato è da primato, a livello internazionale: nessun centro di neurochirurgia in Europa e negli Stati Uniti vanta la casistica di Udine. E in Italia, soltanto a Milano, presso l’Istituto nazionale neurologico «Carlo Besta», si è cominciato da poco ad operare in questo modo.
«Stiamo inoltre - conclude Skrap - portando avanti studi per testare con precisione la funzione di altre aree del cervello oggi non operabili proprio per il rischio di errori irreversibili».

Fonte: Corriere della Sera (01/12/2003)
Pubblicato in Medicina e Salute
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