Betabloccanti nuovi candidati per combattere l'osteoporosi
I farmaci betabloccanti, usati finora nella cura dellipertensione e nella prevenzione degli infarti, potrebbero rivelarsi efficaci anche per combattere losteoporosi. Uno studio internazionale, pubbl
I farmaci betabloccanti, usati finora nella cura dell'ipertensione e nella prevenzione degli infarti, potrebbero rivelarsi efficaci anche per combattere l'osteoporosi. Uno studio internazionale, pubblicato sulla rivista Nature, rivela che inibiscono la reazione molecolare da cui dipende il riassorbimento delle ossa durante l'invecchiamento. La ricerca, condotta sui topi, ha mostrato che la perdita di densita' ossea dovuta alla diminuzione di ormoni sessuali è mediata dalla leptina, in quanto questo ormone, noto per la sua azione 'anti-fame', aumenta anche la produzione di 'osteoclasti', le cellule che 'rosicchiano' le ossa. I risultati hanno inoltre indicato che questo effetto della leptina è mediato dai recettori beta-adrenergici. ''Quindi - secondo l'autore Gerard Karsenty, del Baylor College of Medicine (Houston) - l'identificazione di composti con azione betabloccante che possano agire, solo, a livello delle ossa, senza influenzare il funzionamento del sistema cardiocircolatorio, potrebbe rivelarsi utile per prevenire e curare l'osteoporosi''. ''Intanto - aggiunge il ricercatore - è gia' in corso uno studio per determinare se gli uomini che hanno subito l'asportazione della prostata e sono in cura con betabloccanti siano protetti dall'osteoporosi''. Recentemente, Karsentyn ha dimostrato, sempre in uno studio sui topi, che il riassorbimento osseo che si verifica dopo la menopausa dipende dal fatto che il sistema nervoso ortosimpatico produce leptina per accelerare la maturazione degli osteoclasti.
Poichè questo tipo di fibre nervose agisce normalmente sui recettori adrenergici, i ricercatori, in collaborazione con l'Inserm Avenir team dell'Universita' di Parigi 6 e la Tokyo Medical and Dental University, hanno osservato cosa succedeva se una particolare 'sottoclasse' di questi recettori, i 'beta adrenergici 2' (Adrb2), veniva eliminata grazie ad una modifica genetica. Le analisi, condotte su topoline in cui era stata indotta la menopausa tramite asportazione delle ovaie, hanno rivelato che effettivamente questi recettori erano responsabili dell'induzione di perdita di sostanza ossea, in quanto la loro eliminazione preveniva l'osteoporosi. E, come concludono i ricercatori ''l'inattivazione di questi recettori permetterebbe, dunque, di esaudire quello che è il desiderio di ogni donna in menopausa, cioè, mantenere ossa solide e forti malgrado il calo di ormoni''.
Muscoli piu' grandi con la proteina di 'Braccio di ferro'. Un gruppo di ricercatori franco-canadesi hanno scoperto un enzima - la S6 chinasi 1 o S6K1 - che permette di ingrandire i muscoli semplicemente aumentando le dimensioni delle cellule che li costituiscono. La ricerca, pubblicata su 'Nature Cell Biology', apre la strada alla possibilita' di rafforzare i muscoli atrofizzati dall'invecchiamento, o da malattie debilitanti come l'Aids, senza correre il rischio di scatenare un tumore. ''Le terapie tentate finora - spiega infatti Mario Pende dell'Inserm dell'universite' Paris 5 - mirano a incrementare il numero delle cellule muscolari e possono percio' indurre una proliferazione incontrollata''. La S6K1, invece, ''agisce solo sul volume cellulare e non ha effetti sulla velocita' di replicazione''. Per questo lo scienziato suggerisce che ''l'attivazione della proteina S6K1 potrebbe rivelarsi efficace per restituire il tono muscolare ai pazienti indeboliti dal virus Hiv o costretti a lunghe degenze''. Normalmente la crescita dei muscoli viene stimolata dai cosiddetti fattori di crescita simili all'insulina (IGFs), che agiscono su un recettore chiamato bersaglio della rapamicina nei mammiferi (mTOR). E precedenti studi hanno rivelato inoltre che il mTOR attiva a sua volta altre proteine, tra cui la S6K1. Cosi', in collaborazione con la McGill University di Montreal, Canada, i ricercatori hanno studiato i muscoli di topi modificati geneticamente in modo da eliminare il gene per la S6K1. Le osservazioni hanno rivelato che la modifica riduceva le dimensioni delle cellule muscolari, ma non alterava il numero o la velocita' di replicazione. Un dato che dimostra come la S6K1 controlli esclusivamente le dimensioni delle cellule e non abbia effetti sui processi che regolano il 'ritmo' con cui avviene la moltiplicazione cellulare.
Fonte: (22/02/2005)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
Tag:
Adrb2,
osteoporosi,
betabloccanti,
S6,
mTOR,
IGFs
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