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«Sì al testamento biologico ma prima tutelare la vita»


Sirchia: bene il testo del Comitato di bioetica

ROMA - «Sì alle direttive anticipate, ma bisogna escludere ogni forma di eutanasia». Sirchia apprezza il documento del Comitato nazionale di bioetica (Cnb) che apre la porta per la prima volta a uno strumento già utilizzato in diversi Paesi. Il ministro della Salute aveva chiesto ai bioetici un parere che costituisse, eventualmente, la base per una legge parlamentare. E ora che il testo è in dirittura d’arrivo dopo un anno e mezzo di elaborazione, si dice soddisfatto. Però mette le mani avanti: «Una proposta ben fatta, molto chiara che lascia in sospeso, giustamente, alcune tematiche. Una la ritengo fondamentale. Che valore attribuire all’idratazione e all’alimentazione. Io credo che debbano essere posti dei limiti a quello che il paziente può rifiutare, altrimenti si rischia di scivolare verso pratiche eutanasiche». Il documento verrà definitivamente votato il 18 dicembre. Già nell’ultima riunione gli esperti coordinati dal presidente Francesco D’Agostino, che ha tessuto il compromesso scrivendolo di suo pugno, hanno espresso un accordo di massima. Le direttive vengono ribattezzate con un’espressione addolcita, «dichiarazioni anticipate di trattamento», perché non suonino come un imperativo. Nelle conclusioni si suggerisce al legislatore che siano redatte in forma scritta, ma non con moduli o formulazioni prestabilite. Il medico non è vincolato alle dichiarazioni, ma le deve prendere in considerazione spiegando formalmente, per iscritto, specie se se ne discosta, le ragioni della sua scelta finale, magari sulla cartella clinica.
Quali sono secondo lei i confini che vanno rispettati , fino a dove è giusto spingersi nel dettare le volontà?
«Possiamo disporre di non essere resuscitati, il do no resuscitate americano, cioè di non applicare pratiche invasive che possono restituire la vita in presenza di infarto, ictus o un male incurabile che non può più essere contrastato da interventi efficaci.
Ogni individuo ha diritto a non essere curato».
Quando questo diritto decade?
«È un diritto rifiutare di essere sostenuti da terapie e indagini diagnostiche che prolungano forzosamente la vita. Diverso invece è sospendere idratazione e alimentazione. Non sono atti medici, per me. Negarli a un paziente significa farlo morire. Non puoi negare acqua e alimenti. Questo intervento equivarrebbe all’eutanasia. Non è un’iniezione di curaro, ma vengono tolti comunque elementi essenziali alla sopravvivenza. Una forma di eutanasia passiva».
Che valore ha il documento del Comitato?
«Il documento è importante perché riconosce per la prima volta da noi il testamento biologico inteso come diritto della persona in piena capacità di esprimere i suoi desideri sui trattamenti che desiderebbe ricevere se, durante una malattia, non fosse più in grado di farlo in prima persona. Un passo avanti notevole. È un tema maturo per andare in Parlamento. Il Cnb ha dato un’indicazione forte».
In questa proposta il medico non è però vincolato a rispettare le volontà contenute nel testamento, come avrebbero voluto i laici, ma nel caso se ne discosti deve giustificarsi per iscritto. Che ne pensa?
«È una giusta soluzione. Il vincolo alle direttive anticipate non può essere assoluto perché il medico può ritenere che in quel momento non esistano i presupposti per sospendere le cure. Ma nel caso questi fossero presenti, viene sollevato dalle responsabilità. Il nostro codice penale oggi prevede invece che debba fare tutto il possibile per salvare la vita al malato».
D’Agos tino ha formulato un testo che riuscisse a mediare le posizioni di laici e cattolici. Chi ha dovuto secondo lei fare le rinunce più dolorose?
«Credo che sia un documento dove gli uni e gli altri si poss ono riconoscere, senza troppi sacrifici. Osservo tuttavia che secondo me è uno sbaglio ritenere che questo sia un problema di laici e di cattolici. È, al contrario, un problema della società a prescindere da fede o non fede. La difesa della vita è un pilastro della società che in questo modo fissa dei limiti etici e stabilisce che la vita non può essere toccata. Purtroppo altrove esistono la pena di morte e l’eutanasia».
Sul «testamento biologico», che pure sembrava un argomento tabù, dove appariva impossibile trovare un dialogo, si è arrivati a un documento di compromesso. Sulla legge per la fecondazione artificiale ora in votazione al Senato, invece, le posizioni di laici e cattolici sono inconciliabili. È d’accordo?
«Anche qui tutto ruota attorno allo stesso punto. La difesa della vita. Non voglio esprimere giudizi prima che il Parlamento abbia terminato il lavoro, sarebbe un’interferenza. Mi limito ad osservare, in linea generale e senza riferimento alle norme in discussione, che esiste il diritto di una coppia a volere un figlio, ma questo diritto non deve prescindere dai diritti del nascituro. È un mio pensiero personale, non parlo come rappresentante di governo. Il governo si è tenuto fuori dal dibattito e continuerà a farlo».
Eppure l’opposizione ha accusato il governo di essere intervenuto attraverso il sottosegretario alla Salute, Cesare Cursi, An, che si è espresso a favore della legge.
«Sono sicuro che Cursi ha parlato a nome suo, non del governo. Come sto facendo io adesso».

Fonte: Corriere della Sera (09/12/2003)
Pubblicato in Percezione e problemi biotech
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