Per curare malati gravi con gli embrioni congelati
Una missione terapeutica reale: guarire patologie come Parkinson, Alzheimer e diabete giovanile
Ho chiaramente espresso il mio sì ai quattro quesiti referendari in più di un’occasione e non è una scelta solo da scienziato; è anche come cittadino che considero inumana e ingiusta la legge varata dal nostro Parlamento, con l’intento, a parole, di favorire la procreazione delle coppie infertili. In realtà ne è scaturita una serie di divieti unica nel mondo occidentale, che penalizzano le coppie, le donne, i medici, i ricercatori, gli embrioni. Sì, anche quegli embrioni che i legislatori hanno posto al centro della loro attenzione riconoscendo loro più diritti che al feto (dopo l’impianto si può abortire). Ed è proprio nel primo quesito che balza evidente la contraddizione sugli embrioni. La legge 40 vieta la soppressione di embrioni durante la fecondazione assistita (articolo 14 comma 1), ma paradossalmente nello stesso articolo afferma la possibilità della loro soppressione in un tempo successivo, quando l’embrione si è sviluppato nell’utero materno (il riferimento è la legge 194). Ma soprattutto la legge non indica quale deve essere la sorte degli oltre 30.000 embrioni che si trovano tuttora nel nostro Paese in stato di crioconservazione, ossia «congelati». La legge contempla, inoltre, che anche in futuro sarà consentita la crioconservazione di embrioni per casi particolari (articolo 14, comma 3), ma anche per questi non dà indicazioni sul loro futuro nel caso in cui non siano trasferiti in utero.
Poiché l’abbandono di embrioni nelle celle frigorifere induce inesorabilmente alla loro morte, il silenzio della legge al riguardo equivale ad accettare questa soluzione in palese contraddizione con i principi ispiratori della legge stessa che sono proprio di tutela degli embrioni. Infatti, non specificando la legge quale deve essere l’atteggiamento concreto nei riguardi degli embrioni crioconservati e non essendo consentito il loro uso a fini terapeutici, implicitamente intende che debbano rimanere nella condizione di congelamento e quindi destinati a morire. L’alternativa che viceversa il mondo scientifico propone va proprio in senso opposto in quanto evita la morte degli embrioni che vengono trasferiti, sotto forma di cellule staminali, vive e vitali, in pazienti gravemente ammalati che grandemente si gioverebbero di queste cure. Stiamo quindi di fronte al paradosso di una legge che, così come è formulata, conduce ad una vera e propria «strage» di embrioni, mentre l’alternativa più razionale di farli vivere in una nobilissima missione terapeutica non viene concessa. Teniamo presente che uno dei settori più promettenti della ricerca biologica e medica riguarda proprio le staminali di origine embrionale, cellule molto versatili, si chiamano totipotenti, con la caratteristica davvero unica di potersi trasformare in qualunque altro tipo di cellula: in questo modo potrebbero rappresentare la soluzione ideale per quelle malattie degenerative come il morbo di Parkinson o l’Alzheimer andando a rimpiazzare le cellule danneggiate. È un filone di ricerca fondamentale: perché ignorarlo con tanta determinazione? Senza considerare il diabete giovanile: le sperimentazioni sugli animali sono terminate con successo, ora bisognerebbe applicare la terapia con cellule staminali all’uomo. Una missione terapeutica reale, e non futuribile come dicono astensionisti e fautori del no, di salvare delle vite, guarire malati, curare patologie al momento incurabili. E da subito, perché una volta avuto l’assenso nell’utilizzarli partirebbero subito studi clinici, su pazienti, con le staminali di questi embrioni, altrimenti destinati — per legge — a finire nel lavandino. Io credo quindi che questa parte della legge vada abrogata e vada riscritta in maniera giuridicamente coerente e umanamente difendibile. Umberto Veronesi direttore scientifico dell'Istituto europeo di oncologia
Fonte: (03/06/2005)
Pubblicato in Analisi e Commenti
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legge 40
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