Non toccare il gene che «dorme»
Colpiti da immunodeficienza è stato la causa di leucemia linfoide acura in due neonati
COME è stato possibile che una terapia genica d'avanguardia abbia causato qualche tempo fa in Francia due casi di leucemia infantile, mettendo a soqquadro il mondo scientifico? Solo ora, dopo frenetici studi di un team internazionale, si è potuto far luce sull’accaduto. Ricordiamo anzitutto come, fra i successi iniziali della terapia genica, vada per l'appunto annoverato il trasferimento, tramite vettori retrovirali, di geni indispensabili al normale sviluppo delle cellule del sangue e degli organi emo-formatori, ma che possono risultare mancanti in varie situazioni morbose. Una di queste forme è la Immunodeficienza Combinata Grave (SCID), caratterizzata da difetti congeniti di vario tipo nelle cellule del sistema immunitario e conseguente mancanza di protezione contro ogni insidia infettiva: i portatori di questo difetto vanno quindi incontro a una serie di infezioni che invariabilmente risultano fatali. Un indirizzo terapeutico sviluppatosi da qualche tempo si basa sull'inserimento del gene mancante nelle cellule emopoietiche, opportunamente prelevate dai piccoli malati e poi restituite ai pazienti stessi: un procedimento chiamato "terapia genica somatica" che assicura un miglior risultato del semplice trapianto midollare da donatore compatibile, caso nel quale la morbilità e la mortalità sono ancora elevate.
Questo approccio fu seguito con successo anche in Italia, nell'Istituto per la Terapia Genica dell’ospedale S. Raffaele di Milano, per trattare casi di SCID nei quali risultava mancante il gene di un indispensabile enzima. Un'altra di queste forme, la SCID -X1, la più comune, è legata al sesso (colpisce soltanto i maschi) ed è dovuta alla mancanza di un gene che presiede alla formazione di una catena del recettore dell'Interleuchina 2: in assenza di questa proteina, il sistema immunitario è gravemente compromesso e i neonati vanno incontro a una serie di affezioni che risultano alla fine fatali. Undici pazienti con questo difetto furono trattati negli ultimi 4 anni all'Ospedale Infantile Necker di Parigi, mediante inserzione del gene mancante in cellule midollari dei pazienti stessi, che venivano poi reinfuse. I risultati clinici furono ottimi in 9 casi, ma in due bimbi, di 1 e 3 mesi di età, comparve una leucemia linfoide acuta, che fortunatamente si rivelò sensibile alla chemioterapia (i due pazienti sono tuttora vivi, pur con qualche cellula atipica in circolo). Questo evento provocò tuttavia la sospensione cautelativa di ogni trattamento di questo tipo, e iniziò un'affannosa ricerca per identificare la causa di tale fenomeno. Una recente comunicazione su "Science" da parte di un team internazionale ha chiarito come il gene inserito, che di per sé funziona come stimolante della emopoiesi, abbia attivato il proprio gene promotore, un "proto-oncogene" situato in vicinanza, in modo tale da scatenare l’incontrollata proliferazione dei linfociti. E' chiaro come ogni inserimento di DNA nei cromosomi comporti il rischio di mutazioni: se poi si considera che nel genoma umano sono presenti circa 100 proto-oncogeni, potenziali attivatori tumorali, si può calcolare come il rischio di una "mutagenesi da inserzione" sia così elevato da suggerire, come indubbiamente si farà, una grande cautela. In particolare si dovrà esercitare estrema cautela in soggetti di tenerissima età (come i due casi citati), nei quali le cellule del sangue hanno una speciale sensibilità agli stimoli proliferativi. [TSCOPY](*)Cnr, Milano
Fonte: (11/12/2003)
Pubblicato in Medicina e Salute
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