Staminali adulte e deludenti
Gli esperimenti di transdifferenziazione delle staminali non hanno mantenuto le promesse.
La campagna referendaria è stata segnata dalla contrapposizione fra difensori delle staminali embrionali e crociati delle staminali adulte. Di fatto, oggi in Italia l'orientamento è di sperimentare solo sulle seconde, e i 7,5 milioni di euro destinati dalla Commissione nazionale sulle staminali riguardano essenzialmente le 'adulte' e quelle derivate dal cordone ombelicale. Ma quanto è davvero fertile questo terreno di ricerca? E fino a che punto lo studio di queste può evitare il 'sacrificio' delle blastocisti? Il punto d'avvio dell'epopea delle staminali adulte va fatto risalire al 1999, quando viene pubblicato su Science un articolo dal titolo promettente per la ricerca sulle cellule staminali: 'Trasformare il cervello in sangue: un destino ematopoietico per le cellule staminali neuronali adulte in vivo'. Autore di riferimento: Angelo Vescovi, del San Raffaele di Milano, e testimonial pro astensione nella campagna referendaria. Il lavoro racconta di un esperimento effettuato sui topi: cellule staminali del cervello trapiantate in un topo irradiato (per ucciderne le cellule del sangue e favorire l'attecchimento di nuove cellule) si trasformano in linfociti B, linfociti T e cellule mieloidi in grande quantità, anche fino al 30%. La capacità di 'ripopolare' il tessuto danneggiato è simile a quella ottenuta dopo trapianto con cellule del midollo. Questo risultato suggerisce che cellule staminali adulte (del cervello) hanno la capacità di transdifferenziare, in altre parole di produrre cellule d'altri tessuti (del sangue). Una notizia rivoluzionaria perché smentisce un dogma fondamentale dell'embriologia: durante lo sviluppo dell'embrione si formano tre foglietti, da ciascuno dei quali poi si produrranno cellule con destini molto diversi. Non era mai accaduto che una cellula prodotta da un foglietto 'saltasse' il confine embrionale, per produrne una di un tessuto d'origine diversa. Diversi laboratori tentano, senza successo, di ripetere l'esperimento e nel febbraio 2002 su Nature Medicine il gruppo di Derek van der Kooy lo smentisce sostenendo che la transdifferenziazione, se esiste, è una proprietà assai rara.
Infatti nel ripetere gli esperimenti pubblicati su Science non si ottengono i risultati di Vescovi. Le ipotesi sono che il lavoro fosse inficiato da artefatti tecnici, oppure da caratteristiche particolari acquisite dalle cellule usate nel primo esperimento e non presenti in quelle usate dal gruppo di van der Kooy. Infatti i due gruppi, come molti altri, definiscono 'cellule staminali del cervello' quella che in realtà è una neurosfera, una massa eterogenea di cellule nella quale non è chiaro se e quante staminali vi siano, né quale sia la loro reale natura. È chiaro solo che queste cellule sono instabili nel tempo, spesso finiscono con produrre soprattutto glia (le cellule di supporto a quelle nervose) e non neuroni quando sottoposte a protocolli di differenziamento verso il tessuto nervoso. Tra i due gruppi si sviluppa una polemica sulle tecniche, pubblicata su Nature Medicine nel giugno del 2002. Su una cosa alla fine i due gruppi sembrano concordare: il fenomeno della transdifferenziazione, se esiste, è un evento raro, non si presenta con il 30% d'efficienza di conversione. Nel frattempo un altro articolo autorevole (Clarke et al., Science 2000) afferma che le stesse cellule proliferanti, estratte da cervello e trapiantate in una blastocisti di topo, contribuiscono a creare tutti i tessuti, a eccezione di uno: il sangue. Proprio il tessuto che invece sarebbe stato prodotto nell'esperimento del 1999. Su queste smentite al suo esperimento, Angelo Vescovi risponde sostenendo che vi sono almeno due lavori che lo confermano. Nel periodo tra il 2000 e il 2002 sono pubblicati altri lavori, in cui si propongono risultati d'impatto ancora maggiore per le potenzialità terapeutiche: da cellule staminali del sangue si sarebbero ottenute cellule del cervello (Mezey et al. , Brazelton et al. Science VOL 290, 2000) e del cuore. Orlic et al. su Nature (VOL 410, 2001) affermano addirittura che cellule del midollo osseo rigenerano l'attività cardiaca e possono quindi riparare un cuore infartuato. Ma nel 2002 Wagers et al. su Science sferrano il primo colpo contro queste speranze: smentiscono la possibilità di produrre neuroni con cellule staminali del sangue. Nel lavoro si afferma che solo una rara cellula staminale donatrice sarebbe diventata un neurone del cervelletto. Tuttavia questo si dimostrerà poi il risultato di una fusione cellulare e non il prodotto di una transdifferenziazione. E nel 2004 si concretizzano i dubbi sulla validità degli esperimenti di produzione di cellule cardiache: due gruppi di ricerca pubblicano lavori su Nature in cui si afferma che cellule staminali del sangue impiantate in un cuore infartuato non sono in grado di produrre cellule del muscolo cardiaco, ma solo cellule del sangue (Balsam et al., Murry et al. Nature VOL 428, 2004). Insomma, un vero ginepraio della scienza che costringe più volte gli esperti mondiali di cellule staminali a prendere carta e penna per fare il punto della situazione. Cosa si deduce leggendo queste review (per esempio Wagers et Weissman, Cell VOL 116, 2004)? Quello che inizialmente era parso una transdifferenziazione si è poi dimostrato alla riprova dei fatti o un artefatto tecnico, o un fenomeno di fusione tra cellule staminali trapiantate e cellule dell'individuo adulto già differenziate o un'incapacità di identificare in modo inequivocabile le cellule donatrici. In tutti i casi si ammette che le differenziazioni riscontrate sono poco convincenti. Se gli scienziati hanno il diritto di riporre tutte le loro speranze nelle potenzialità della ricerca hanno anche la responsabilità di un controllo più rigoroso sia sulle cellule da trapiantare sia sulle procedure da attuare, prima di promettere sogni clinici remoti, se non irrealizzabili. Autore dell'articolo: Anna Piseri
Fonte: (26/06/2005)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
Tag:
staminali adulte,
Vescovi
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