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Diabete, cura di anticorpi fa sperare addio ad insulina


Le persone malate di diabete mellito di tipo 1 o giovanile forse non dovranno piu ricorrere allinsulina. Grazie ad un trattamento immunitario di breve durata, un gruppo di ricercatori francesi, belg

Le persone malate di diabete mellito di tipo 1 o giovanile forse non dovranno piu' ricorrere all'insulina. Grazie ad un trattamento immunitario di breve durata, un gruppo di ricercatori francesi, belgi e tedeschi e' riuscito a fermare, almeno in parte, il processo di distruzione del pancreas e di esaurimento della produzione di insulina nei soggetti che si trovano in uno stadio iniziale della malattia. I risultati della ricerca, coordinata da Lucienne Chatenoud dell'Inserm (Istituto nazionale di sanita' e ricerca medica) di Parigi e pubblicata sulla rivista scientifica New England Journal of medicine, confermano dunque l'origine immunulogica della malattia e aprono nuove prospettive di cura.
Il diabete di tipo 1, detto anche giovanile perche' compare il piu' delle volte al di sotto dei 20 anni, con un picco di insorgenza tra i 12 e 14 anni, e' una malattia autoimmune provocata dal fatto che il sistema immunitario dell'organismo attacca e distrugge le cellule beta del pancreas addette alla produzione di insulina, l'ormone che controlla i livelli di zucchero nel sangue. Si tratta di un processo irreversibile che porta all'assenza di produzione di insulina, che deve quindi essere sostituita con 4-5 iniezioni giornaliere. Il principio alla base del lavoro dei ricercatori e' di impedire la distruzione del pancreas attraverso i linfociti, con l'idea che, se iniziato nelle prime fasi della malattia, questo trattamento permette di conservare una parte consistente di cellule beta.
Gia' negli anni '80 un'altra equipe dell'Inserm aveva mostrato come la ciclosporina, immunosoppressore usato nei trapianti, fosse in grado di mantenere un certo livello di secrezione di insulina. Ma si trattava di una terapia che, oltre ad avere effetti collaterali, per essere efficace doveva essere prescritta a vita. A partire dal 1994 Chatenoud e' riuscito ad arrivare ad una remissione di lunga durata nei topi predisposti al diabete, con la semplice somministrazione, per cinque giorni consecutivi, di anticorpi diretti contro un complesso molecolare (chiamato CD3), che ha un ruolo fondamentale nell'attivazione dei linfociti. Il passaggio successivo e' stato quello della fase 2, cioe' della sperimentazione sugli uomini. I ricercatori dell'Inserm, insieme ad altri scienziati belgi e tedeschi, sono riusciti a testare questo protocollo di cura in Belgio su 80 persone tra i 12 e i 39 anni, cui era stato appena diagnosticato il diabete di tipo 1, e che pur avendo iniziato l'insulina da meno di quattro settimane, erano ancora in grado di produrla spontaneamente nel proprio organismo. I malati sono stati divisi in due gruppi: al primo e' stato somministrato per sei giorni un anticorpo monoclonale umanizzato, l'IgG1, anti CD3 (ChAglyCD3) mentre all'altro e' stato dato semplicemente un placebo. Alla fine, i risultati dello studio hanno fatto vedere che dopo un periodo di 6, 12 e 18 mesi, le funzioni residuali del pancreas erano migliorate nel gruppo trattato con gli anticorpi rispetto a quelli del placebo. L'effetto del trattamento, hanno spiegato i ricercatori, varia a seconda del livello di produzione spontanea iniziale di insulina nei malati. All'interno delle 40 persone curate con l'anticorpo, su 16 che avevano il livello iniziale piu' alto, 12 hanno avuto bisogno di una dose di insulina tre volte inferiore a quella necessaria ai pazienti sotto placebo. Per gli altri 24 pazienti del gruppo degli anticorpi non ci sono state invece differenze significative rispetto a quelli trattati con il placebo. La terapia anti-CD3 e' stata ben tollerata dai pazienti, ad eccezione di qualche mal di testa, fastidi digestivi, reazioni cutanee e mononucleosi. Tuttavia non mancano i dubbi da parte della comunita' scientifica, visto che per essere efficace la terapia deve essere iniziata il prima possibile, quando la secrezione di insulina e' meno alterata, e che la malattia si manifesta una volta che gran parte del pancreas e' ormai distrutta.

Fonte: Ansa (28/06/2005)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
Tag: diabete, insulina
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