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Limiti e confini della coltazione ogm


Nei terreni argillosi italiani la presenza di geni modificati permane per sette anni: anche con le rotazioni cè il rischi di ibridazione: "Da non-scienziato mi sono permesso di evocare spesso pr

Nei terreni argillosi italiani la presenza di geni modificati permane per sette anni: anche con le rotazioni c'è il rischi di ibridazione: "Da non-scienziato mi sono permesso di evocare spesso proprio questo problema: la coesistenza tra le coltivazioni Ogm e quelle convenzionali. E mi sono preso le maledizioni dei vari Veronesi... Invece si è dimostrato, anche dalle nostre ricerche, che il cuore del problema è quello delle contaminazioni".
Il ministro delle Politiche agricole Gianni Alemanno commenta in un'intervista alla Stampa la ricerca inglese secondo la quale una pianta modificata dall'uomo può contaminare un'altra specie vegetale
"Da due anni - continua il ministro di An - stiamo lavorando su una indagine dedicata agli Ogm e risulta che nei terreni argillosi italiani la presenza di geni modificati permane per sette anni: i rischi di ibridazione rimangono, anche se si ruotano le colture".
Adesso cosa succederà?
"Il comitato di valutazione aveva terminato la sua indagine. Ora si riapre l'esame in base all'acquisizione dei dati inglesi, che abbiamo richiesto. Soltanto a questo punto - conclude Alemanno -, di concerto con le Regioni, potremo stabilire con quali norme fissare la coesistenza tra coltivazioni tradizionali e non".

Nel frattepo il comitato del ministero delle politiche agricole, incaricato di definire le regole di coesistenza tra colture transgeniche e non, ha praticamente ultimato i suoi lavori.
Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, dopo la riunione tecnica di mercoledì scorso, il comitato terrà una nuova riunione nella prossima settimana, con lo scopo di approvare formalmente il progetto concordato.
Il provvedimento, che ha assunto forma di articolato, con allegata una relazione tecnica, verrà presentato al tavolo agroalimentare di settembre.
Per quanto riguarda le distanze tra coltivazioni transgeniche e tradizionali, il comitato ha ridotto la distanza minima inizialmente prevista nella prima bozza, portandola a 200 metri per il mais e a circa 50 metri per la soia.
Tali distanze, però, non saranno considerate vincoli assoluti.
Infatti, per quanto riguarda il mais la fascia territoriale di sicurezza compresa tra il campo coltivato con metodo transgenico e le vicine aziende agricole potrebbe salire fino a 1.000 metri in caso di prossimità di coltivazioni biologiche, e scendere anche fino a zero quando ci si trovi dinanzi a file di sbarramento, in grado di assorbire senza contaminazione il polline delle culture transgeniche.
Dunque, il ministero ha, di fatto, messo a punto una sorta di sistema flessibile che necessiterà di valutazioni caso per caso sulla possibilità di coltivare ogm; le distanze indicate nel provvedimento sarebbero quindi orientative.
Sul tavolo del comitato resta, comunque, ancora un nodo da risolvere, legato all'utilizzo dei macchinari per la semina e la raccolta.
La bozza del provvedimento, attualmente, prevede l'obbligo di utilizzare macchinari dedicati esclusivamente alla semina e alla raccolta di transgenico e non utilizzabili per lavorare le colture tradizionali.
Di conseguenza, si aprirà un nuovo mercato di mezzi agricoli ogm-dedicati, che condizionerà la scelta delle aziende a investire in transgenico, limitando inizialmente tale investimento alle sole imprese medio-grandi, che hanno i mezzi economici necessari a sostenere la spesa.
Il provvedimento, infine, prevede un sistema di monitoraggio successivo sulla coesistenza e, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, non prevede nulla in merito alla disciplina delle aree confinanti tra regioni e regioni, su cui si attende un probabile provvedimento del ministero delle politiche agricole, concertato con le regioni.


Fonte: Ansa (01/08/2005)
Pubblicato in Ecologia e Ambiente
Tag: mais, colture, coltivazioni, ogm
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