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Primo test per individuare prioni nel sangue


Per la prima volta sono state individuate direttamente nel sangue le proteine alterate (prioni) responsabili della malattia della mucca pazza.
Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature Medici

Per la prima volta sono state individuate direttamente nel sangue le proteine alterate (prioni) responsabili della malattia della mucca pazza.
Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature Medicine e ottenuto negli Stati Uniti in esperimenti condotti su animali, apre la strada alla possibilita' di diagnosticare l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE) negli animali vivi, cosa fino ad oggi impossibile. La diagnosi si e' infatti basata finora solo sull'esame del tessuto cerebrale e poteva quindi essere condotta solo dopo la morte.
In futuro potrebbero essere messi a punto anche test analoghi per la diagnosi nell'uomo di malattie da prioni come la Creutzfeldt-Jakob (CJD) o la sua variante (vCJD), legata all'ingestione di carne bovina infetta.
I primi test per la diagnosi negli animali vivi sono stati condotti nell'universita' del Texas a Galveston, con il coordinamento di Claudio Soto, un ricercatore di origine cilena che da anni sta concentrando i suoi sforzi in questo ambito.
I test permetteranno di migliorare i controlli sul bestiame evitando il rischio che le carni di bovini apparentemente sani, ma con la malattia in incubazione, finiscano nei nostri piatti. Nell'uomo il test permettera' di avere finalmente una prima stima delle persone che hanno contratto la malattia ma che non mostrano ancora i sintomi.
La malattia della mucca pazza e il suo analogo nell'uomo (vCJD), sono causate dall'alterazione di una proteina normalmente presente nelle cellule dei mammiferi, il prione.
Quando la struttura tridimensionale della proteina si altera, si attiva una reazione a catena che trasforma a sua volta altre proteine sane.
E' un processo che puo' durare molti anni prima che i prioni accumulati siano in quantita' tale da indurre i segni clinici della malattia. Per questo motivo la malattia ha una lunga incubazione e on e' possibile sapere effettivamente quante siano le persone contagiate dalla carne infetta passata sulle tavole prima che la Bse uscisse allo scoperto.
Il test messo a punto da Soto, e gia' sperimentato mesi fa con successo su materiale neurologico insieme ai ricercatori dell'Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano guidati da Fabrizio Tagliavini, si profila essere il test giusto per rilevare la presenza di prioni anche quando sono ancora in quantita' ridotta nell'animale. Si tratta di un processo di amplificazione, teso cioe' ad aumentare il numero di prioni inizialmente presente nel campione. Si chiama metodo di amplificazione ciclica delle proteine dalla forma alterata (PMCA) e si basa su processi ciclici di incubazione/sonicazione.
La sonicazione e' un processo di bombardamento di molecole nel quale gli ultrasuoni smontano le catene di molecole (polimeri) negli elementi che li costituiscono. Nel caso dei prioni il processo serve amplificare il numero delle proteine alterate che danno il via alla reazione a catena che porta alla trasformazione di altre proteine sane. In pratica il campione viene messo in incubazione con un eccesso di proteina prionica sana sottoponendolo al processo di sonicazione. Se il campione contiene anche piccole quantita' di prioni, la sonicazione accelera il processo di trasformazione delle proteine sane e in un breve periodo amplifica il numero dei prioni in quantita' tale da renderli rilevabili con le normali tecnologie.
Gli esperti hanno usato la PMCA sul sangue di 18 criceti ammalati di una forma simile alla BSE ottenendo un test positivo in 16 su 18 casi (ossia con una sensibilita' dell'89%). Per confronto i ricercatori hanno anche ripetuto il test su un gruppo di criceti sani ottenendo sempre un esito negativo, dimostrando che la PMCA ha una specificita' del 100%.
Dopo questo traguardo, ha dichiarato Soto, ''il nostro obiettivo e' riuscire ad individuare la presenza di prioni prima che si manifesti la malattia''.
''Abbiamo gia' risultati promettenti sul fatto che si possa rilevare la presenza di prioni nel sangue di animali anche molto precocemente durante il periodo di incubazione, ovvero nel tempo che intercorre tra l'infezione e la comparsa di segni clinici'', ha aggiunto. ''Oltre alla rilevazione dei casi pre-sintomatici l'obiettivo e' di adattare la tecnologia all'esame del sangue umano, cosa che non dovrebbe essere difficile perche' i principi sono esattamente gli stessi'', ha detto ancora il ricercatore.
''Non appena avremo questa possibilita' - ha concluso Soto - useremo la tecnica per valutare quanto e' esteso il contagio della forma atipica della nuova variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob analizzando il sangue di persone sane''.

Fonte: Ansa (29/08/2005)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
Tag: PMCA, BSE, CJD, prioni, mucca pazza
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