Primi nati di embrioni congelati
In Italia circa 30mila quelli congelati
Il primo primo fiocco di neve è arrivato ieri mattina, e ha portato un certo scompiglio nelle corsie della Clinica Quirón, a Barcellona. Il suo nome è Gerard, pesa 3 chili e 340 grammi, è lungo 50 centimetri. In America li chiamano snowflakes : bimbi che vengono dal freddo, embrioni soprannumerari congelati e «adottati» da mamme e papà che non sono i loro genitori biologici. Ma nel caso spagnolo c’è una novità fondamentale: questo è il primo caso al mondo in cui l’adozione di un «fiocco di neve» è stata legalmente riconosciuta e consentita. Una cosa ben diversa da quello che succede negli Usa, dove i militanti evangelici, per «salvare» dalla distruzione gli embrioni soprannumerari, sono disposti ad acquistarli a gruppi di 10 o 20 per volta, per poi spedirli addirittura a domicilio con un corriere postale. Di Eva Tarrida, la mamma di Gerard, si sa solo che ha 41 anni. Il suo compagno era stato sottoposto a chemioterapia, le possibilità di concepire erano scarse. Ma a Barcellona c’è l’Istituto Marqués, che consente di adottare uno dei 1.700 embrioni crioconservati nei suoi laboratori. Embrioni soprannumerari, frutto di fecondazioni in vitro avvenute negli ultimi 15 anni. Quello da cui è nato Gerard ne ha passati più di 7 chiuso in un contenitore a -196 gradi centigradi.
È il 1997 quando i suoi «genitori» si sottopongono a una fecondazione assistita al Marqués: nove mesi dopo l’impianto, nascono due gemelli. Restano tre embrioni in soprannumero. A dicembre dell’anno scorso, due sono stati scongelati e trasferiti nell’utero di Eva. Uno di loro è diventato Gerard. Adesso, da qualche parte in Spagna, c’è una mamma con due bimbi di sette anni che forse si chiede se quell’esserino nato da poche ore è, in realtà, anche un po’ figlio suo. Perché in Spagna, grazie alla legge voluta dal governo Aznar nel 2003 e «ritoccata» da Zapatero, funziona così, «conserviamo gli embrioni soprannumerari e ogni anno contattiamo le coppie via lettera - spiega Raúl Olivares, direttore del programma internazionale di adozione che il Marqués ha avviato nel novembre 2004 -. Loro possono scegliere di tenerli, pagando una piccola somma, di distruggerli o di donarli alla ricerca. Se non riceviamo risposta, mandiamo una seconda lettera. Se continuano a non rispondere, li consideriamo "abbandonati"». E adottabili a norma di legge, pagando un «rimborso spese» di 2.550 euro. Successo garantito al 33%. Erano 1.700 un anno fa, ora chissà, «le richieste di adozione sono state oltre 200, ma le coppie che non rispondono sono il 60-61%, il numero non è calato». Adozione vuol dire, anche, tutela dei diritti di bimbo e genitori. E quella fuga di notizie4 sui «fratellini» di Gerard, non è una pericolosa intrusione nella privacy? «Siamo autorizzati a diffondere informazioni generali sui "donatori" - si difende Olivares -. E il fatto che siano nati due gemelli sani è una garanzia per chi adotta». Quando gli si fa notare che, indizi alla mano, Gerard potrebbe in futuro mettersi sulle tracce della sua famiglia biologica, Olivares ammette che «la possibilità esiste, ma le chances sono scarse: noi cerchiamo di "distribuire" gli embrioni in modo che vadano a coppie di altre regioni, o straniere. Il 30% delle richieste viene da altri Paesi». Come l’Italia. Sono venti le coppie già partite per adottare uno dei 1.700 embrioni del Marqués: molte fanno parte della Comunità Papa Giovanni XXIII di don Benzi, le loro motivazioni sono simili a quelle degli evangelici Usa. In 7 casi, l’impianto ha avuto esito positivo. I «fiocchi di neve» stanno per arrivare anche nel nostro Paese. In barba a una legge che non ne prevede l’esistenza.
Fonte: (03/09/2005)
Pubblicato in Percezione e problemi biotech
Tag:
embrione
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