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Alzheimer e consenso informato

Anziano, soggetti a malattie neurologiche


Si apre il dibattito su una questione di natura etica

Lo sviluppo di potenziali trattamenti per il morbo di Alzheimer richiede ricerche sempre più invasive e con un maggior numero di pazienti. Ma è giusto reclutare pazienti (pur con il consenso dei loro cari) che non comprendono fino in fondo di cosa tratti lo studio? E cosa fare quando la ricerca presenta rischi reali ed è poco probabile che offra benefici ai partecipanti, anche se potrebbe condurre a sviluppi che aiuteranno altre persone in futuro? Uno studio pubblicato sul numero dell'8 novembre 2005 della rivista "Neurology", al quale hanno partecipato 229 persone ad alto rischio di Alzheimer, oltre i 70 anni e con almeno un parente prossimo con la malattia, ha fatto un po' di luce su questo argomento.
"Quando vengono sperimentati potenziali nuovi trattamenti, come vaccini, farmaci e terapie geniche, - spiega Scott Y. H. Kim dell'Università del Michigan - la necessità di svolgere la ricerca deve essere bilanciata da quella di proteggere gli individui vulnerabili.
Si tratta di una questione ancora irrisolta, e ci sono pochi dati su cui basare eventuali scelte. Non mi sembra il caso di lasciare queste importanti decisioni etiche soltanto ai politici. Il nostro studio illustra le opinioni di un importante gruppo di influenza e può fornire importanti indizi".
Ai partecipanti allo studio sono stati presentati dieci scenari di ricerca, ed è stato chiesto loro se gli studi proposti fossero accettabili nel caso coinvolgessero pazienti di Alzheimer che non erano in grado di dare il proprio consenso informato e che erano stati reclutati con il permesso di un membro della famiglia. I partecipanti dovevano fare tre tipi di valutazioni: se la ricerca fosse accettabile dal punto di vista sociale, se lo fosse dal loro punto di vista personale (ovvero se trovassero giusto che un parente prendesse questa decisione per conto loro) e da quello di un loro caro (ovvero cosa avrebbero fatto se avessero dovuto decidere per conto di un loro congiunto).
I dieci scenari spaziavano da studi a basso rischio (osservazioni o prelievi del sangue di routine) a studi ad alto rischio (sperimentazione di potenziali vaccini o interventi neurochirurgici). Oltre il 90 per cento dei partecipanti ha ritenuto che gli studi a minor rischio e i trial clinici randomizzati di nuovi farmaci dovessero essere consentiti, anche con pazienti non in grado di decidere autonomamente, purché ci fosse il permesso dei membri della famiglia. Una percentuale minore, ma sempre maggioritaria, ha ritenuto accettabili anche gli scenari con i rischi maggiori.
In generale, i partecipanti hanno maggiormente approvato la pratica del consenso dei familiari quando era riferita a loro stessi, e meno quando si sono dovuti mettere nei panni di chi decide per conto di un parente prossimo.

Fonte: Le Scienze (14/11/2005)
Pubblicato in Analisi e Commenti
Tag: Alzheimer
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