La terapia antiretrovirale è adatta ai malati di HIV dei paesi in via di sviluppo?
Due nuovi studi condotti da ricercatori dell'Imperial College di Londra e dell'Università di Berna in Svizzera sollevano problematiche importanti circa l'efficacia della terapia antiretrov
Due nuovi studi condotti da ricercatori dell'Imperial College di Londra e dell'Università di Berna in Svizzera sollevano problematiche importanti circa l'efficacia della terapia antiretrovirale (ART) per prevenire che l'epidemia di HIV si diffonda in paesi con scarsità di risorse. L'ART si è dimostrata molto efficace in occidente per prolungare la vita dei pazienti malati di HIV, ridurre i tassi di contagio tra i cittadini e persino fungere da farmaco preventivo per coloro che potrebbero essere stati a contatto con persone infette. La Highly Active Anti-Retroviral Therapy (HAART, terapia antiretrovirale altamente attiva) ha consentito alle persone che in precedenza non avevano alcuna speranza di guarigione di avere un'aspettativa di vita e di condurre un'esistenza quasi normali. Lo studio svizzero, pubblicato su "The Lancet", ha esaminato i programmi HAART in 18 paesi in via di sviluppo e ha raffrontato i risultati con una rete di 12 studi in Europa e America settentrionale. I ricercatori hanno scoperto che "La terapia antiretrovirale è fattibile ed efficace in paesi a basso reddito tuttavia, rispetto alle nazioni industrializzate, la mortalità è elevata nei primi mesi. Occorrerebbe determinare prima di tutto l'idoneità alla terapia ART e l'esigenza di trattare la tubercolosi, mentre l'HAART andrebbe adottata prima dello sviluppo di patologie concomitanti gravi" ha dichiarato l'autore, il dottor Matthias Egger. Tuttavia, un secondo studio pubblicato di recente in "The Public Library of Science" suggerisce che mentre è indubbio che l'ART prolunghi la vita di coloro che la assumono, il suo impiego potrebbe di fatto incoraggiare ulteriori infezioni anziché prevenirle. Il risultato è però molto complesso. Il modello sviluppato mostra che, in assenza di un'educazione adeguata sul comportamento sessuale, i pazienti che assumeranno l'ART registreranno un miglioramento della qualità della vita, adotteranno un comportamento sessuale meno controllato e contageranno i partner. Il gruppo dell'Imperial College ha sviluppato un modello che mostra la diffusione dell'HIV dopo l'introduzione dell'ART. I modelli si sono basati sui paesi dell'Africa meridionale. Benché l'Africa ospiti solo il dieci per cento della popolazione mondiale, vi risiede più del 60 per cento dei malati di HIV. Anche se alcuni paesi, tra cui l'Uganda, hanno registrato tassi di contagio in diminuzione, il Sudafrica, il Botswana, il Lesotho, la Namibia e lo Swaziland continuano a evidenziare non meno del 30 per cento di donne incinte malate di HIV.
Lo studio ha analizzato gli effetti dell'introduzione generalizzata dell'ART in tali popolazioni, e ha scoperto che i tassi di infezione potrebbero effettivamente aumentare. Poiché l'ART è in grado di ridurre gli indici di contagio, la conclusione logica dovrebbe essere che, a fronte di una distribuzione su larga scala dei farmaci, il numero delle persone infette dovrebbe diminuire. Invece "le epidemie di HIV nell'Africa subsahariana non sono controllabili con la terapia, a prescindere dalla scala di distribuzione dell'ART, e devono essere integrate con metodi di prevenzione", si legge nella relazione. Le terapie devono essere affiancate dall'utilizzo di metodi di prevenzione - in particolar modo i profilattici. L'impiego dell'ART è stato oggetto di forti pressioni in Sudafrica, dove la Treatment Action Campaign (TAC, Campagna per un'azione di trattamento) ha sostenuto con forza l'approvazione di tale terapia da parte del governo, che ha ceduto alle pressioni, seppure con riluttanza. In Sudafrica l'ART viene ora somministrata alla popolazione sieropositiva del paese - sei milioni di persone -che può ora assistere al miglioramento della qualità della propria vita. Rebecca Baggaley dell'Imperial College è stata una degli autori del documento e ha riferito al Notiziario CORDIS. "Se il dubbio è sulla bontà della terapia ART, non posso che confermarne l'efficacia, ma che vantaggi porterà ai malati? Se la si rende più accessibile, ma non si hanno le infrastrutture, diventa una decisione etica. Che fare? La si rende pubblica e si distribuiscono i farmaci a tutti, o si restringe l'accesso e si garantiscono tassi elevati di guarigione alle persone selezionate?". Rebecca Baggaley ha inoltre specificato che non tutte le terapie ART sono uguali. I regimi HAART potrebbero rappresentare "lo standard ideale", e comprendono il conteggio dei CD4, il controllo della tubercolosi e la somministrazione di una serie di medicinali. Nelle regioni a basso reddito, tuttavia, i regimi di farmaci verranno standardizzati e la terapia potrà iniziare solo quando i sintomi dell'AIDS diventeranno evidenti: di conseguenza, il conteggio dei CD4 sarà molto basso e ciò limiterà l'efficacia dell'ART sia per prolungare la vita, sia per ridurre i tassi di contagio. Se i fondi verranno investiti nelle terapie farmacologiche, diminuiranno le risorse disponibili per altri approcci, ad esempio la consulenza per promuovere il cambiamento del comportamento sessuale. "Occorrono indagini comportamentali e il monitoraggio della situazione", afferma la dottoressa Baggaley. "La buona riuscita dipende dall'impatto sulle iniziative di prevenzione. Dobbiamo tenere sotto controllo il modo in cui cambiano i comportamenti. Le risorse che ci attendiamo per le sperimentazioni dello 'standard ideale', tra cui il monitoraggio, potrebbero venir meno". Se si dovesse optare per le terapie farmacologiche, come verrebbe stilato un elenco dei casi prioritari? "Se le risorse sono limitate, non ci possono essere garanzie - il primo e secondo ciclo di terapie potrebbero ricevere finanziamenti standard. Ma quando i casi in questione passeranno al terzo e al quarto ciclo di terapie, non potranno più essere inseriti nuovi casi nel primo ciclo di terapie?", si chiede Rebecca Baggaley. Nel medio termine, la disponibilità crescente di dati consentirà di costruire modelli migliori. "Dobbiamo studiare iniziative particolari per cambiare i comportamenti, e non appena avremo un riscontro, il modello migliorerà", osserva Rebecca Baggaley. L'ART, una volta concessa, per ragioni etiche non potrebbe più essere tolta, anche se gli effetti dovessero essere paradossali o addirittura dannosi. Il paradosso consiste nel fatto che l'ART è efficace, ma può rivelarsi controproducente in assenza di risorse sufficienti. "Mano a mano che il ritmo di distribuzione dell'ART nell'Africa meridionale accelererà, dovranno essere prese determinate decisioni concernenti lo stanziamento delle risorse limitate", si legge nello studio. L'UE finanzia la ricerca sull'HIV e l'AIDS a titolo del Programma di sperimentazioni cliniche Europa-Paesi in via di sviluppo (EDCTP). L'iniziativa integra la ricerca e l'esperienza nel campo degli interventi clinici di tutti i paesi partecipanti nell'ambito di un programma congiunto per l'attuazione di sperimentazioni cliniche su larga scala, coordinate e in situ per lo sviluppo di nuovi farmaci, vaccini, microbicidi e strumenti diagnostici per il trattamento dell'HIV/AIDS, della malaria e della tubercolosi. Il programma è a lungo termine e si prevede che durerà tra i 10 e i 20 anni.
Fonte: (17/03/2006)
Pubblicato in Analisi e Commenti
Tag:
AIDS
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