Dalla Germania a Milano per sconfiggere i tumori
Thomas Schneider, esperto di biologia molecolare, è all’Ifom «Il vostro Paese è complicato, ma ci so
MILANO - A fine 2003, dopo qualche settimana di ambientamento, ha scelto Pavia come sede della quattordicesima abitazione della sua vita. A Milano, dove spera di fermarsi molto a lungo, dopo tanto girovagare per l’Europa, la sua postazione di lavoro è in una serie di palazzine grigie e blu di ferrocemento che sorgono nella periferia sud della città. Il suo computer è sempre acceso, e le schermate che si susseguono, inintelligibili per il 99,9% degli esseri umani, contengono i risultati del suo lavoro, il cui sviluppo quotidiano, per quanto complesso da spiegare alla gente comune, a quella stessa gente, cioè a noi, potrebbe e dovrebbe trasmettere un’idea di solida speranza. Lui è tedesco e si chiama Thomas Schneider, ha 38 anni e si occupa di biologia molecolare: all’Ifom, l’istituto milanese creato dalla Fondazione italiana per la ricerca sul cancro, lo considerano uno dei cervelli di punta nella ricerca anti-tumori. Nota bene: cervello straniero in terra italiana, in netta controtendenza rispetto al flusso conosciuto. Herr Schneider è alla guida di uno dei 14 programmi di ricerca in corso all’Ifom: il suo compito è studiare il cancro da molto, molto vicino, penetrando i misteri delle proteine e delle loro molecole.
Biocristallografia e bioinformatica strutturale sono il territorio scientifico delle sue quotidiane incursioni: «In pratica - dice - individuo e classifico la struttura e la forma delle proteine coinvolte nei meccanismi tumorali, attraverso lo sviluppo dei metodi di calcolo e la messa a punto di software che consentono di analizzare la grande mole di informazioni provenienti dagli esperimenti di laboratorio. E’ un immenso puzzle che cerchiamo di completare. L’obiettivo è arrivare a scoprire i punti deboli delle molecole, per poterle bersagliare con farmaci sempre più efficaci».
Thomas Schneider non arriva dal nulla: giovane talento dell’Università di Munster, si è laureato in fisica generale a Monaco di Baviera, prima di intraprendere una serie di studi e di esperienze che lo hanno portato a Yale, negli Stati Uniti, e al Max Planck Institute di Dortmund. L’incontro con l’Ifom è avvenuto per naturale convergenza di interessi comuni: in poco meno di un anno di strutturata esistenza (ma il progetto è nato nel ’98), l’Istituto di oncologia molecolare ha creato un gruppo di circa 120 ricercatori, il 25 dei quali sono stranieri e il 60 per cento donne, età media 40 anni e stipendio che può arrivare a tremila euro netti al mese. «Qui ho trovato una situazione ideale - sostiene Schneider -: chiarezza nei programmi, burocrazia zero, possibilità di crescita professionale. Un’isola felice? Certo, la vita in Italia è un’altra cosa: meglio di quanto dicano i luoghi comuni, ma poco organizzata, complicata, a cominciare dagli uffici pubblici per arrivare ai trasporti».
All’Ifom, in tre anni, il numero dei ricercatori arriverà a 300, con la prospettiva di alzare almeno al 50 per cento la quota-stranieri: «La nostra politica di reclutamento - conferma il direttore scientifico Pier Paolo Di Fiore - va in due direzioni: puntiamo ad ingaggiare talenti stranieri, ma anche a richiamare cervelli italiani che oggi sono costretti a lavorare all’estero. Il problema della fuga, che esiste ed è drammatico, si esaurisce spesso nella sua discussione. Noi preferiamo agire: investiamo sulle persone, offriamo risorse, premiamo il talento mettendo le idee a confronto: dagli approcci diversi nascono sempre buone soluzioni». E Schneider conferma che il lavoro oscuro di oggi si trasformerà, entro vent’anni, in qualcosa di pratico e decisivo: nuovi farmaci, mirati e potenti, per sconfiggere il maggior numero possibile di tumori.
Fonte: (28/01/2004)
Pubblicato in Analisi e Commenti
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