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L'interferone diminuisce il rischio di ricadute per cancro al fegato

Intestino


La ricerca italiana dimostra che a quattro anni il rischio di recidive diminuisce del 30%

Uno studio italiano coordinato dalla Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori (Int) di Milano e sostenuto da fondi pubblici dà una nuova speranze contro il tumore al fegato nei pazienti affetti da epatite C: somministrando interferone ai malati già operati di cancro al fegato si diminuisce il rischio di ricadute. Solo in Italia, ci sono circa due milioni di portatori di epatite C ed è questa malattia la causa del 40% delle cirrosi gravi, del 70% delle epatiti croniche, e del 60% dei carcinomi epatici.
Il cancro al fegato, nel mondo, è al settimo posto nella classifica delle neoplasie maligne. E' il tumore maligno più comune nel sesso maschile ed è in continua crescita sia in Europa che negli Usa probabilmente a causa dell'aumento dell'infezione cronica da virus dell'epatite C, che anche in Italia cresce da Nord a Sud dove arriva a colpire il 10-12% della popolazione. La terapia standard per l'epatite C è a base di interferone (o interferone peghilato) più ribavirina, che è efficace anche nel prevenire le tipiche complicanze quali cirrosi,cancro e recidive.
Secondo studi giapponesi le probabilità di recidive del tumore a seguito dell'intervento segnano un picco massimo a due anni dall'intervanto e un secondo picco a quattro anni.
A capo del team autore della ricerca vi è Vincenzo Mazzaferro, che all'Irccs di via Venezian guida il centro chirurgico in assoluto più all'avanguardia in Italia nella lotta a tutti i tumori epatici.
La sperimentazione clinica è durata oltre otto anni ed ha coinvolto 150 pazienti tra l'Int e altri tre ospedali italiani (Torino, Genova e Napoli). L'età media dei pazienti era di 65 anni e per l'80% erano uomini. Tutti erano già stati sottoposti all'intervento di rimozione chirurgica di un epatocarcinoma, e circa il 25% dei pazienti era già stato trattato in altre strutture ma senza successo. Un programma computerizzato ha assegnato la terapia con interferone a metà dei pazienti e nessun trattamento all'altra metà, quindi sono eseguiti controlli periodici sui pazienti sulle eventuali recidive della neoplasia. Questi i risultati: per quanto riguarda il gruppo trattato con interferone, a quattro anni, in media, dalla prima operazione di asportazione del tumore il rischio di ricaduta era inferiore del 30% rispetto al gruppo di controllo. Quindi "il picco "tardivo" di recidiva può essere in gran parte spianato", assicurano gli esperti. Per quando riguarda il picco di ricadute corrispondente ai primi due anni la differenza tra il gruppo trattato e il gruppo controllo non è significativa.
L'int sottolinea che il progetto è stato programmato e condotto interamente in Italia dai ricercatori che l'hanno proposto, e non ha ottenuto finanziamenti economici da parte delle aziende produttrici del farmaco impiegato nella sperimentazione. La ricerca è stata possibile grazie alla collaborazione con i medici di famiglia e al contributo dell'Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro).
Vincenzo Mazzaferro a tal proposito ringrazia i medici di famiglia che hanno seguito le cure a domicilio dei loro pazienti su indicazione degli esperti dell'Int, e il Sistema sanitario nazionale che ha supportato i costi della prescrizione dell'interferone, "come parte di una strategia volta alla prevenzione delle complicanze dell'epatite C". "I risultati ottenuti - evidenzia Mazzaferro - dimostrano che è ancora possibile fare ricerca clinica di avanguardia in Italia pur rimanendo nel sistema pubblico, grazie alla collaborazione degli organi di gestione sanitaria regionali e nazionali".
Il team di ricercatori che si è occupato di questa ricerca è già nota per aver in passato ottenuto importanti traguardi nella ricerca oncologica applicata all'apparato digerente: "ad esempio per l'impiego sperimentale della vaccinoterapia dopo resezione delle metastasi epatiche colorettali e l'elaborazione dei 'Criteri di Milano', adottati a livello mondiale per il trapianto di fegato in caso di tumore".
Proprio per questi importanti risultati ottenuti il gruppo di Mazzaferro si è vista assegnare l'"Ambrogino d'oro", la massima onorificenza civica della città di Milano.
La ricerca è stata pubblicata sull'ultimo numero della rivista 'Hepatology', organo ufficiale dell'Aasld (American Association for the Study of Liver Diseases).

Redazione MolecularLab.it (13/02/2007)
Pubblicato in Cancro & tumori
Tag: interferone, fegato, ribavirina, epatocarcinoma
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