Milano si candida a polo scientifico

La città delle sette università è già una città della scienza, con centri di teoria e di sperimentazione. La ricerca non è una nuova arrivata se negli anni settanta il Politecnico aveva già dato alle prime generazioni degli elaboratori elettronici pensatori dell'intelligenza artificiale e strateghi di «Computer Science» come Dadda, come Somalvico, come Bara, e sul terreno della salute aveva occupato la prima fila nella decifrazione del cancro con la scuola di Umberto Veronesi e aveva acquistato fama di eccellenza nella cardiologia con i più bei nomi come Rovelli e De Gasperis. Per non dire della chimica che qui aveva conosciuto Premi Nobel come Natta. Ma la differenza d'epoca è che oggi questa parte dell'esperienza milanese non è più un fiore all'occhiello, rappresenta un aspetto centrale nelle caratteristiche della metropoli. Prendiamo proprio lo spunto che la cronaca ci porge, le cellule staminali, uno degli snodi di molto futuro scientifico, carico di promesse per andare oltre nelle più diverse terapie.

Le aspettative sono tante nel mondo, la strada da percorrere per passare dalle ipotesi alle cure non è breve e non è omogenea. Ma rassicura constatare che a Milano sono molti a lavorarci, così al Policlinico come all'Istituto oncologico europeo come al San Raffaele. Ci sono progetti per riportare in Italia, offrendo loro laboratori di eccellenza a Milano, studiosi che oggi sono altrove, come Piero Anversa, il famoso ricercatore che Francesco Donatelli progetta di coinvolgere in un avveniristico programma di postcardiochirurgia, con l'idea di un cuore che si rigenera e guarisce proprio grazie a queste cellule. Gli esempi finiscono, nella loro involontaria brevità, per far torto alla vasta geografia della ricerca, dispiegata nei campi meno simili. E la tuttologia irrita giustamente gli specialisti. Ma l'osservatore estraneo coglie un dato di fatto che proprio gli specialisti hanno interesse sia messo in risalto: la lontananza persistente fra l'avanguardia scientifica e i normali piani cittadini. La politica e l'economia di Milano non hanno ancora messo i loro orologi in sincronia con il passaggio d'epoca. Non tutti hanno inteso che l'esistenza di un maturo distretto tecnico-scientifico impone un riconoscimento della nuova centralità, finanziaria e logistica, di questa realtà che è in senso concreto produttiva oltre che culturale. L'innovazione scientifica offre con le sue scoperte e con le sue applicazioni tecnologiche e terapeutiche valore aggiunto alla fatica di Milano, accumula una ricchezza iscrivibile nel bilancio metropolitano dei prossimi decenni. La città della scienza ha soprattutto un dovere, rendersi più vivibile ai suoi scienziati, ai suoi ricercatori.

Fonte: (02/02/2004)
Pubblicato in Analisi e Commenti

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