Uno scudo contro la Sars

Notizie incoraggianti arrivano in campo medico e in particolar modo riguardano la Sars (Sever acute respiratory syndrome). Alcuni ricercatori del Dana Faber Cancer Institute hanno infatti identificato un anticorpo capace di bloccare l’infezione, almeno momentaneamente. Certamente per ora si devono frenare i facili entusiasmi visto che gli esperimenti sull’uomo non sono ancora iniziati. «Speriamo che per il prossimo inverno sia pronto un trattamento da testare sull’uomo», conferma Jianhua Sui, uno degli autori dello studio presentato sui Proceedings of the National Academy of Sciences. «I nostri anticorpi sono di origine umana, perciò dovrebbero essere ben tollerati dai pazienti. D’altronde c’è una lunga storia che può testimoniare quanto siano innocui gli anticorpi, per cui non intravediamo alcun problema», continua la ricercatrice. Le cui parole sono confermate dall’opinione di diversi virologi, che prospettano risultati positivi soprattutto per chi lavora in ambiente medico, cioè coloro che sono esposti ai rischi maggiori. In fondo la Sars ha tempi d’incubazione lunghi, che potrebbero permettere di arrestare in tempo l’epidemia, spiegano gli esperti.

Il lavoro non è stato semplice: per identificare l’anticorpo “giusto” in meno di due mesi sono stati esaminati 27 milioni di candidati. L’enorme libreria del Cancer Institute è stata “saccheggiata” e si sono analizzate le reazioni degli anticorpi facendoli passare su colonne impregnate con una particolare proteina della Sars, quella che permette al virus di penetrare nelle cellule. Si sono poi analizzati quelli che potevano agganciarsi a tale proteina, identificando quell’unico che riusciva a inattivarla. In coltura si è così raggiunto il risultato sperato: l’anticorpo 80R impediva al virus di attaccare le cellule umane. «È stato uno di quei momenti spettacolari», commenta Wayne Marasco, un altro dei membri del gruppo che ha effettuato la ricerca. «Una cosa fantastica». E fantastici sono i primi risultati ottenuti dai test sugli animali, sui quali l’80R sembra funzionare a meraviglia.

Ora il team spera di poter iniziare presto gli esperimenti su volontari umani. Se tutto andrà come previsto la nuova cura potrebbe arginare la diffusione dell’epidemia, e potrebbe inoltre fornire un’immunità “passiva” effettiva per alcune settimane o addirittura mesi. Un traguardo importante in attesa di un vero e proprio vaccino, che gli sforzi internazionali non hanno ancora prodotto. Gli anticorpi sono infatti l’ultimo di una serie di proposte che non si sono dimostrate appropriate per l’uomo. Molti pazienti per esempio sono stati trattati con un farmaco anti-virale chiamato Ribavirin nel corso dell’epidemia scatenatasi lo scorso anno, ma il rimedio si è dimostrato solo in parte efficace. Altri studi hanno proposto l’uso del beta interferone o addirittura di un estratto della radice di liquirizia chiamato glicirrizina. Alcuni scienziati cinesi stanno pianificando test preliminari da effettuare sull’uomo, ma al momento i risultati tanto desiderati si fanno attendere. Lo studio effettuato sugli anticorpi, d’altra parte, può avere implicazioni più ampie. «Questo lavoro è una prova reale di come si possa rispondere a malattie infettive nuove. Se la comunità internazionale lavorerà insieme, può riuscire a diminuire il tempo necessario a sviluppare nuove cure», suggerisce Marasco.

Fonte: (05/02/2004)
Pubblicato in Medicina e Salute

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