Una sentenza del Tribunale di Cagliari autorizza la diagnosi preimpianto
La sentenza sostiene che il diritto alla salute della futura madre prevalga sul divieto di diagnosi posto dalla legge 40
Una sentenza del Tribunale di Cagliari ha riconosciuto ad una coppia sarda il diritto alla diagnosi preimpianto. I due futuri genitori sono portatori sani di talassemia e rischiano di mettere al mondo un figlio con lo stesso difetto genetico e con una probabilità del 50% di essere malato. La diagnosi preimpianto, vietata dalla legge 40 sulla fecondazione assistita, è l'unico mezzo che consente di sapere se il bambino che nascerà sarà sano, prima che l'embrione sia trasferito nel grembo materno. Oltretutto le tecniche della provetta sono accessibili solo alle persone sterili mentre restano tagliati fuori i portatori di patologie genetiche. La nuova sentenza mette in discussione questi limiti e apre uno spiraglio per alcune modifiche. Secondo la sentenza del Tribunale di Cagliari, il diritto alla salute della futura madre e quello dell'informazione per tutelarla sono garantiti dalla Costituzione e prevalgono sul divieto di diagnosi posto dalla legge 40. La Asl e il primario di ginecologia dell'ospedale Microcitemico, dove la coppia è stata seguita, dovranno eseguire l'esame per la diagnosi sull'embrione congelato, già negato nel 2005.
Il primo ricorso presentato dal legale dei due coniugi, basato sul contrasto tra l'articolo 13 della Costituzione e il 32) era stato dichiarato inammissibile dalla Consulta. La seconda iniziativa legale si è basata invece sull'incapacità della donna a sostenere psicologicamente la nascita di un bambino malato. La donna, portatrice di beta-talassemia, aveva già abortito due volte e questa esperienza le aveva lasciato terreno fertile per la depressione. Dopo avere atteso una gravidanza naturale, la donna si era rivolta al ginecologo Giovanni Monni, del Microcitemico, per tentare la fecondazione artificiale. L'unico embrione ottenuto avrebbe dovuto essere impiantato senza nessuna diagnosi ma Simona, questo il nome della donna, non se l'è sentita di andare avanti. A questo punto, Giovanni Monni, contrario alla legge 40, lo ha congelato. Nel frattempo, Simona è andata all'estero, a Istanbul, dove è stato possibile fare la diagnosi preimpianto ed ora è in attesa di una bambina sana. Ma vuole intende avere un'altra gravidanza se l'embrione congelato nel 2005 fosse sano. La sentenza sarda è arrivata proprio nel momento giusto. Nelle prossime settimane, infatti, Livia Turco, dovrebbe rivedere e eventualmente modificare le linee guida della legge 40, anche sulla base del parere del Consiglio Superiore di Sanità. I punti della legge più contestati sono il divieto di diagnosi preimpianto e congelamento dell'embrione, l'obbligo di non fecondare più di tre ovuli e l'obbligo dell'immediato trasferimento in utero. Molti i commenti a favore e contro la sentenza. Emanuela Baio Dossi e Paola Binetti, della Margherita, hanno rivendicano la validità della sentenza della Consulta. Per Filomena Gallo, associazione Cicogna, e Rocco Berardo, associazione Coscioni, si tratta di un 'grande passo avanti'. Anche la senatrice dell'Ulivo Vittoria Franco parla positivamente della sentenza: 'Si apre una finestra, chiusa dal ministro Sirchia'. Al contrario, dall'associazione Scienza e Vita sono arrivate delle critiche feroci: 'La sentenza dice sì all'eugenetica'.
Redazione (26/09/2007)
Pubblicato in Medicina e Salute
Tag:
preimpianto,
embrioni,
legge 40,
fecondazione assistita,
procreazione
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