Il difficile rapporto tra pubblico e privato nel biotech
Difficile collaborazione fra pubblico e privato nel biotech: piu del 50% dei centri di ricerca pubblici italiani collabora con il settore privato ma i rapporti non filano lisci da entrambe le parti.
Difficile collaborazione fra pubblico e privato nel biotech: piu' del 50% dei centri di ricerca pubblici italiani collabora con il settore privato ma i rapporti non filano lisci da entrambe le parti. E' quanto risulta dallo studio di Farmindustria sulle biotecnologie nell'industria farmaceutica, presentato oggi, studio patrocinato dal Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e presieduto dal Professor Leonardo Santi. Il settore privato e' per la maggioranza soddisfatto delle collaborazioni con il mondo accademico, mentre il 60% del settore pubblico ne lamenta le difficolta'. Le aziende riconoscono in modo pressoche' unanime (90%) una competenza al settore universitario, anche se rilevano una mancanza di supporto al technology transfer (70%), di visione di sviluppo (65%) e di snellezza burocratica (65%). L'Accademia invece, non riconosce altrettanta competenza (60%) al settore privato e contesta uno scarso coinvolgimento dei ricercatori nello sfruttamento dei risultati, dal supporto a start up (70%), alla proprieta' intellettuale (60%), oltre una scarsita' di investimenti nel settore accademico (60%) .
Questi riscontri suggeriscono, secondo lo studio, la necessita' di ridisegnare l'interazione fra Aziende ed Accademia, cercando di trasformare in vere e proprie partnership le attuali collaborazioni che non possono piu' essere vissute come semplici commesse. Lo studio poi, analizzando la distribuzione dell'attivita' industriale nella biotecnologia sanitaria, sottolinea la presenza di due distretti principali impegnati in ricerca a Milano e Roma e la presenza di almeno altri tre emergenti in Friuli, in Emilia ed in Toscana. I distretti sono fortemente legati a presenze Accademiche di livello e testimoniano quindi come questa integrazione possa essere gia' in atto, se non altro in alcune realta'. In Italia, in tutto, sono 23 le aziende coinvolte nella ricerca biotecnologica farmaceutica. La maggior parte delle industrie impegnate in attivita' biotech, focalizza i propri interessi su anticorpi monoclonali (60%) e farmacogenomica (35%). Minore e' l'attenzione per la terapia genica (10%) e per la terapia cellulare somatica (10%), mentre cresce l'interesse per le tecnologie di bioingegneria (30%). L'oncologia e' l'area terapeutica di maggiore interesse e l'80% delle aziende biotech in Italia operano nelle diverse aree terapeutiche: il 45% si occupa di oncologia, il 40% di malattie del Sistema Nervoso Centrale, il 30% di immunologia, il 28% di malattie cardiovascolari e il 15% di malattie infettive. Il settore di ricerca accademica impegnato in biotech e', in questo studio, costituito da 51 Centri, che rappresentano il 54% dei 95 Centri contattati. L'impegno maggiore riguarda le attivita' di ricerca di base (anche se un 20% ha dichiarato un interesse per la ricerca di processo). L'oncologia emerge anche in questo caso come l'area di maggiore interesse (50%), seguita in maniera uniforme (30%) dal cardiovascolare, sistema nervoso centrale, immunologia e malattie infettive. Terapia e diagnosi sono equamente rappresentate fra gli interessi dell'accademia.
Fonte: (18/02/2004)
Pubblicato in Analisi e Commenti
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