Tre strategie per vincere l’attacco al cancro
Meccanismi genetici delle neoplasie, inibizione dei vasi che le alimentano, vaccini anti-tumore: com
Sono quasi duecento e costituiscono un plotone d'attacco formidabile. Armati di vetrini, pipette e microscopi combattono ogni giorno contro quello che fu il "male del XX secolo" e che, ancora oggi, è la seconda causa di morte nei paesi industrializzati: il cancro. La base operativa da cui sferrano i loro attacchi è nella più grande struttura sanitaria piemontese, l'azienda ospedaliera "San Giovanni Battista" (Molinette) di Torino. Al piano terra, i ricercatori del CERMS (Centro di Ricerca in Medicina Sperimentale) strappano i segreti alle cellule e disegnano nuove strategie d'attacco. Una rampa di scale, e si raggiunge il piano della clinica applicata, il COES (Centro Oncologico ed Ematologico Subalpino), dove i risultati di laboratorio sono tradotti in diagnosi e terapie per i malati. Un modus operandi che, in gergo tecnico, è definito "ricerca traslazionale". L'innovativa struttura oncologica delle Molinette è nata nel 2001 per iniziativa della stessa azienda ospedaliera, dell'Università, della Compagnia di San Paolo e della Fondazione CRT, che hanno stanziato oltre cinque miliardi di vecchie lire per la sistemazione dei locali e l'acquisto di strumentazione avanzata. Nel 2002 il centro ha conquistato il primo posto nel bando di concorso nazionale indetto dalla Compagnia di San Paolo a favore della ricerca oncologica, aggiudicandosi un finanziamento di tre milioni di euro. Oggi il CERMS/COES collabora con i più avanzati poli di ricerca internazionali, a partire dal vicino Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo. Gli studi si concentrano attorno a tre filoni principali: l'analisi dei meccanismi genetici responsabili delle trasformazioni neoplastiche (diagnostica molecolare) finalizzata all'identificazione di nuove terapie farmacologiche, lo studio dei vasi sanguigni attraverso cui si alimentano i tumori solidi allo scopo di inibirli o distruggerli (strategia anti-angiogenesi), la ricerca di sistemi in grado di potenziare il sistema immunitario e, in definitiva, prevenire o bloccare la crescita neoplastica (vaccini anti-tumore).
«Siamo finalmente arrivati a un punto cruciale - dice Carola Ponzetto, responsabile di uno degli studi sulla diagnostica molecolare - La chiave di volta è giunta con il sequenziamento del genoma umano nel 2001: oggi sappiamo che solo 200 dei circa trentamila geni del nostro DNA hanno un ruolo determinante nello sviluppo del cancro e che una cellula diventa cancerosa quando accumula mutazioni in almeno 7-8 di questi geni. Esistono, dunque, infinite possibilità combinatorie, corrispondenti in teoria a un numero altrettanto illimitato di forme tumorali differenti: per poterle curare in modo adeguato è indispensabile individuare quali mutazioni genetiche si sono prodotte in ogni singolo malato. Ciò è possibile grazie a tecniche di diagnostica molecolare sempre più raffinate, che consentono di stabilire con esattezza quali porzioni di gene sono difettose e, in prospettiva, mettere a punto farmaci mirati, in grado di agire solo dove serve, senza effetti collaterali. Attualmente sono in commercio venti di questi prodotti innovativi, il più famoso dei quali è il Glivec, che ha dato risultati eccezionali contro la leucemia mieloide cronica. È bene ribadire, tuttavia, che sono medicinali estremamente specifici, indicati quindi solo per particolari tipi di tumore». Sul fronte dell'angiogenesi, uno dei terreni di ricerca più battuti dai laboratori di tutto il mondo, gli studi condotti al CERMS hanno dimostrato che è possibile distinguere i vasi normali e quelli indotti dal tumore in base a determinate caratteristiche molecolari. La scoperta di queste differenze apre la strada alla possibilità di colpire in modo selettivo i vasi tumorali, lasciando intatti quelli sani. Promettenti anche le ricerche sul fronte immunologico. «Stiamo sperimentando tre diversi tipi di vaccino - dice Guido Forni, direttore scientifico del CERMS - Quello in fase più avanzata è il preparato contro il mieloma. È già stato inoculato in 70 pazienti e ha prodotto gli stessi risultati terapeutici del trattamento chemioterapico, senza dare però effetti collaterali. Anche il prodotto contro i tumori della prostata è a buon punto e passerà presto alla sperimentazione sull'uomo. Più complesso è il percorso del terzo vaccino perché, a differenza dei primi due, non è curativo ma preventivo, mira cioè a impedire l'insorgere del tumore in chi è geneticamente predisposto. Ha già dato risultati buoni sulle cavie animali, assicurando completa copertura immunologica. Tra qualche mese sarà testato su pazienti a rischio di recidiva per i tumori della testa del collo, forme neoplastiche molto aggressive per le quali sarebbe quindi particolarmente auspicabile trovare un trattamento preventivo efficace".
Fonte: (01/03/2004)
Pubblicato in Medicina e Salute
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