Cannabis, azione neuroprotettiva grazie ad uno specifico recettore
Stimolato può bloccare i processi neurodegenerativi nella sclerosi multipla e nell'ictus o per una lesione cerebrale
Ormai da diversi anni ricercatori e medici discutono sul possibile uso della canapa indiana (Cannabis sativa) e dei suoi derivati, come l'hashish e la marijuana, per scopi terapeutici in diverse patologie neurologiche come, ad esempio, la sclerosi multipla ed i traumi cranici e del midollo spinale. Nonostante molte evidenze cliniche, però, non sono ancora del tutto noti i meccanismi con cui i principi attivi contenuti nella Cannabis svolgono un'azione neuroprotettiva. Nuova luce sulle effettive capacità terapeutiche di questa sostanza e dei meccanismi su cui agisce arriva ora da un ulteriore studio svolto in questo campo dall'IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma in collaborazione con l'Università di Teramo. Il lavoro scientifico è stato pubblicato ieri sul Journal of Neuroscience, rivista ufficiale della Società Americana di Neuroscienze.
Lo studio ha permesso, per la prima volta, di distinguere gli effetti psicotropi della Cannabis dall'azione neuroprotettiva che essa può svolgere. Da tempo si sa che a determinare le conseguenze a livello psichico è prevalentemente uno specifico recettore presente sui neuroni: il recettore cannabico di tipo 1. In caso di danno cerebrale i neuroni sono però in grado di esprimere anche un secondo recettore, non presente in condizioni normali: il recettore cannabico di tipo 2. La ricerca della Fondazione Santa Lucia e dell'Università di Teramo ha dimostrato che proprio stimolando questo secondo recettore si induce un aumento della sopravvivenza neuronale.
E' stato così compiuto un passo avanti rispetto ai precedenti studi che hanno indagato il ricorso alla canapa indiana per il trattamento del dolore e della spasticità: le nuove informazioni scientifiche, infatti, contribuiranno ad individuare farmaci che siano in grado di stimolare l'azione neuroprotettiva evitando contemporaneamente gli effetti psicotropi e dannosi. Si aprono così interessanti prospettive in ambito clinico per il trattamento di patologie a grande diffusione, come l'ictus e la sclerosi multipla, con approcci farmacologici capaci di bloccare anche i processi degenerativi secondari ad eventi traumatici del cervello e del midollo spinale.
In particolare, i ricercatori hanno evidenziato che, dopo una lesione cerebrale, i neuroni del Sistema Nervoso Centrale che vengono danneggiati in modo diretto nella loro struttura specializzata nella trasmissione delle informazioni, denominata assone, sono in grado di esprimere un particolare recettore: il recettore cannabico di tipo 2. È proprio questo specifico recettore che è capace di riconoscere il principio attivo della Cannabis sativa: il tetraidrocannabinolo. Tale recettore non è presente in condizioni fisiologiche, motivo per cui sino ad ora era stato considerato assente o non funzionante nel Sistema Nervoso Centrale. Lo studio italiano ha fornito la prima dimostrazione che effettivamente la stimolazione selettiva di questo recettore, ad opera dei derivati della canapa indiana, permette di bloccare i processi degenerativi delle cellule neuronali innescati da una lesione cerebrale o midollare, migliorando in modo significativo il recupero neurologico. Queste importanti evidenze scientifiche sono state ottenute utilizzando avanzate tecniche di neuromorfologia funzionale in microscopia laser, test farmacologici e valutazione comportamentale del recupero nel modello animale dopo un danno al Sistema Nervoso Centrale.
Il lavoro scientifico si è svolto presso la Fondazione Santa Lucia nell'ambito delle linee di ricerca in Neuroscienze Sperimentali dirette dal prof. Giorgio Bernardi. Tutto lo studio è stato coordinato dal prof. Marco Molinari e dal prof. Mauro Maccarrone; vi hanno preso parte Maria Teresa Viscomi, Sergio Oddi, Laura Latini, Nicoletta Pasquariello e Fulvio Florenzano. Con la Fondazione di Roma ha collaborato il Dipartimento di Scienze Biomediche Comparate dell'Università di Teramo diretto dal prof. Maccarrone e di cui fanno parte il dott. Oddi e la dott.ssa Pasquariello. I risultati di questo nuovo lavoro si aggiungono a quelli dei precedenti studi svolti nel 2007 e nel 2008 dai ricercatori della Fondazione sul ruolo degli endocannabinoidi nella sclerosi multipla e nelle patologie neurologiche.
Redazione (20/04/2009)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
Tag:
cannabis,
neuroprotezione,
tetraidrocannabinolo,
sclerosi multipla,
lesion
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