Nuove speranze per la fenilchetonuria
Allo studio una terapia farmacologica capace di promuovere lo sviluppo dei neuroni e capacità cognitive nel modello animale di questa ritardo mentale di origine genetico
Dieta e farmaci, un mix vincente per combattere la fenilchetonuria. Uno studio di Tiziana Pascucci – ricercatrice Telethon presso l'IRCCS Fondazione Santa Lucia e Sapienza Università di Roma – suggerisce una terapia farmacologica capace di promuovere lo sviluppo dei neuroni e quindi delle capacità cognitive nel modello animale di questa grave forma di ritardo mentale di origine genetica. L'articolo è stato pubblicato su International Journal of Neuropsycopharmacology* e propone un approccio integrato tra dieta e farmaco nel trattamento della malattia.
La fenilchetonuria è una disfunzione metabolica caratterizzata da ritardo motorio e mentale. La causa è l'inattivazione di un enzima che converte la fenilalanina (una componente essenziale delle proteine) in un altro aminoacido, la tirosina. L'accumulo di questa sostanza porta a un deficit di un messaggero del cervello, la serotonina, inibendo lo sviluppo del sistema nervoso centrale. Se identificata alla nascita, la malattia può essere tenuta sotto controllo evitando l'apporto di fenilalanina con uno stretto regime alimentare che tende a eliminare le proteine.
Purtroppo i cibi permessi sono talmente pochi che i giovani pazienti spesso non riescono a seguire la dieta, con conseguenze neuropsicologiche rilevanti.
La ricerca di Tiziana Pascucci ha identificato un'alternativa per questi pazienti, per sollevarli, almeno in parte, dal peso della dieta quotidiana. Gli scienziati hanno valutato gli effetti di un farmaco sul meccanismo di sviluppo del cervello in modelli animali portatori di un difetto genetico equivalente a quello presente nei pazienti affetti da fenilchetonuria. Questi esemplari presentano, come gli uomini, un eccesso di fenilalanina nel plasma e gravi deficit cognitivi e locomotori. In laboratorio è stato somministrato il precursore della serotonina, il 5-idrossitriptofano (5-HTP), già in commercio e utilizzato nel trattamento di alcuni disturbi psichici.
Questa molecola è risultata non solo ben tollerata e priva di effetti collaterali, ma anche capace di penetrare facilmente nel cervello, fornendo la base per la produzione della serotonina. I test clinici effettuati dopo il trattamento hanno evidenziato effetti positivi sia sulle capacità cognitive sia sulla morfologia dei neuroni. Gli esemplari, infatti, hanno dimostrato un netto miglioramento nei test comportamentali, nonché un aumento della densità neuronale al pari degli esemplari sani. Invece le capacità motorie non risultano implementate, perché causate probabilmente da deficit di un altro neurotrasmettitore, la dopamina.
"Ora siamo di fronte alla sfida più importante", spiega Pascucci. "Speriamo di poter avviare presto il trial clinico sull'uomo. Parallelamente, stiamo studiando sul modello di laboratorio anche un trattamento di tipo dopaminergico, per arrivare anche al miglioramento delle capacità locomotorie".
L'articolo: D. Andolina, D. Conversi, S. Cabib, Antonio Trabalza, R. Ventura, S. Puglisi-Allegra, T. Pascucci, "5-Hydroxytryptophan during critical postnatal period improves cognitive performances and promotes dendritic spine maturation in genetic mouse model of phenylketonuria". International Journal of Neuropsycopharmacology, 2010.
Redazione (08/11/2010)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
Tag:
fenilchetonuria,
fenilalanina,
tirosina,
serotonina,
neuroni
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