Sangue cordonale ad alto contenuto di staminali
Uno studio evidenzia come si possono abbassare le barriere di selezione dei campioni di sangue cordonale da conservare per aumentare la raccolta nelle strutture pubbliche
Nel corso del convegno "PUBBLICO E PRIVATO nelle Terapie Innovative e nel BIOBANKING: Evidenze scientifiche e sostenibilità", svoltosi alla LUISS Business School Guido Carli, sono stati presentati i risultati di uno studio che evidenzia come si possono abbassare le barriere di selezione dei campioni di sangue cordonale da conservare se applicate oggi nelle strutture pubbliche per aumentare la raccolta. In pratica si sono individuati nuovi parametri da utilizzare nella valutazione dei campioni di sangue cordonale, basati sul numero di TNC (cellule nucleate totali), i quali mostrano subito la qualità cellulare e quindi il loro potenziale, evitando scarti o conservazioni inutili. Con questi risultati si può pensare di concretizzare un modello di collaborazione tra biobanche pubbliche e private ai fini dell'efficienza di risorse e strutture, garantendo al contempo un'alta qualità del servizio da rendere agli utenti finali, pazienti e famiglie, nell'eventualità di un trattamento con cellule staminali. Lo Studio è stato promosso dalla Fondazione InScientiaFides in collaborazione con l'Università La Sapienza e l'Università Luiss di Roma. Nel corso del convegno, in particolare, Daniele Mazzocchetti Dottore in Biotecnologie di InScientiaFides, illustrando lo studio è partito dalla constatazione che a oggi le unità di sangue cordonali raccolte, tra strutture pubbliche e private, si ferma al 5% delle disponibilità, il resto, il 95%, viene gettato. A causare questa situazione sono la scarsa sensibilizzazione culturale sul tema, la mancata informazione, la mancanza di una rete capillare di raccolta e anche le elevate barriere di selezione basate sul numero di cellule nucleate totali (TNC). Lo Studio della Fondazione InScientiaFides mostra, attraverso l'analisi di 1309 campioni, come si possano abbassare le barriere d'ingresso dei campioni di sangue cordonale, individuando un parametro cellulare che stabilisca subito il campione con un elevato numero di cellule staminali (CD34+).
Si dimostra, su base oggettiva, che è possibile ottenere ottimi campioni anche al di sotto dei limiti imposti dalle strutture pubbliche e che i limiti possono essere abbassati senza compromettere la qualità delle unità conservate. Per aumentare l'efficienza del servizio di conservazione del sangue cordonale, oggi troppo bassa perché buttati, non raccolti né conservati, o perché non superano la selezione d'ingresso, è stata quindi proposta un'ipotesi di modello di collaborazione pubblico/privato tra biobanche in cui il sangue cordonale, secondo le sue caratteristiche possa essere destinato: alla donazione e inserito nei registri internazionali, oppure possa essere destinato alla conservazione privata, autologa o autologa famigliare. In definitiva: lo studio ha voluto dimostrare che è possibile, in linea con quanto l'Unione Europea ha auspicato nel suo pronunciamento del settembre scorso, ossia "fornire informazioni complete, oggettive e precise dei vantaggi e gli svantaggi delle banche di sangue cordonale" invitando gli Stati Membri "a migliorare…la tutela dei diritti dei genitori…alla libertà di scelta per quanto concerne le pratiche di conservazione delle cellule da sangue cordonale" immaginare un modello di collaborazione pubblico-privato in ossequio a quanto richiesto dall'Europa. Matteo Caroli, Ordinario Gestione delle Imprese – Dipartimento Impresa e Management LUISS Guido Carli, ha sottolineato come i risultati della ricerca permettono di distinguere subito le potenzialità del sangue cordonale. Dati oggettivi che permettono un modello di collaborazione pubblico/privato con l'obiettivo di massimizzare il numero di campioni disponibili presso il sistema delle biobanche, di svilupparne con elevati standard di eccellenza riconosciuti a livello internazionale, mandando fuori mercato soggetti inefficienti; ma anche di ridurre la spesa pubblica e di aumentare il numero di donatori. La collaborazione tra pubblico privato si deve basare però sul superamento dell'antagonismo che vede il pubblico contro il privato, sulla garanzia della piena libertà di scelta delle persone verso l'autologa o l'allogenica, e su una conservazione di qualità. Un modello di collaborazione a doppia azione potrebbe essere: il Pubblico raccoglie adesioni, il Privato si occupa dello screening dei campioni, ne gestisce le acquisizioni e la conservazione; il Pubblico rende visibile il campione nella rete internazionale e ne gestisce lo scambio con il richiedente. I vantaggi della collaborazione sono il mantenimento di strutture efficaci, l'aumento del materiale a disposizione per le donazioni, la riduzione delle strutture inefficienti, la riduzione dei costi pubblici mantenendo opportunità di ricavo, il potenziale aumento del sangue cordonale, il rafforzamento del processo selettivo basato sulla qualità delle biobanche, attivato dal mercato. Il modello è valido però se le biobanche private saranno di eccellenza per garantire qualità assoluta nell'interesse generale. Alla giornata hanno portato il loro contributo anche Franco Fontana direttore LUISS Business School, Luca Pierelli Professore Associato Università La Sapienza di Roma e Direttore Dipartimento Medicina Trasfusionale del San "Camillo Forlanini", Giuseppe Ragusa Assistente Professore di Economia presso LUISS Guido Carli, Francesco Zinno Professore aggregato di Immunoematologia Università Tor Vergata e Direttore Medico di Cryolab, Giovanna Lucchetti Dottore in Biotecnologie e Direttore Ricerca Scientifica di InScientiaFides.
Fonte: (05/02/2013)
Pubblicato in Medicina e Salute
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