Le notizie e gli eventi scientifici della settimana - 15 Luglio 2013
Newsletter del 15 Luglio 2013 di MolecularLab.it con notizie ed eventi del mondo scientifico su Biotech, Ricerca, Biochimica, Genetica, Medicina
Scoperta relazione tumori del polmone e inquinamento
10/07/2013 - È stato pubblicato su Lancet Oncology uno studio europeo svolto su oltre 300.000 persone residenti in 9 paesi europei che ha dimostrato che più alta è la concentrazione di inquinanti nell'aria maggiore è il rischio di sviluppare un tumore al polmone. È inoltre emerso che i centri italiani monitorati hanno la più alta presenza di inquinanti. Allo studio hanno collaborato 36 centri europei, oltre 50 ricercatori. Ha contribuito un gruppo di ricerca dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, guidato da Vittorio Krogh, responsabile della Struttura complessa di epidemiologia e prevenzione. Si tratta del primo lavoro sulla relazione tra inquinamento atmosferico e tumori al polmone che interessa un numero così elevato di persone, con un'area geografica di tale estensione e un rigoroso metodo per la misurazione dell'inquinamento. Lo studio pubblicato su Lancet Oncology fa parte del progetto europeo ESCAPE (European Study of Cohortes for Air Pollution Effects), che si propone l'obiettivo di studiare gli effetti a lungo termine dell'inquinamento atmosferico in Europa sulla salute dei cittadini. Il lavoro ha riguardato 17 coorti per un totale di 312.944 persone di età compresa tra i 43 e i 73 anni, uomini e donne provenienti dai seguenti paesi europei: Svezia, Norvegia, Danimarca, Olanda, Regno Unito, Austria, Spagna, Grecia e Italia. In Italia le città interessate sono state Torino, Roma, Varese. Le persone sono state reclutate negli anni '90 e sono state osservate per un periodo di circa 13 anni successivi al reclutamento, registrando per ciascuno gli spostamenti dal luogo di residenza iniziale. Del campione monitorato hanno sviluppato un cancro al polmone 2.095 individui. I casi di tumore sono stati poi analizzati in relazione all'esposizione all'inquinamento atmosferico nelle rispettive zone di residenza. È stato misurato in particolare l'inquinamento dovuto alle polveri sottili tossiche presenti nell'aria (particolato PM 10 e PM 2.5) dovute in gran parte alle emissioni di motori a scoppio, impianti di riscaldamento, attività industriali, ecc. Lo studio ha permesso di concludere che per ogni incremento di 10 microgrammi di PM 10 per metro cubo presenti nell'aria aumenta il rischio di tumore al polmone di circa il 22%. Tale percentuale sale al 51% per una particolare tipologia di tumore, l'adenocarcinoma. Questo è l'unico tumore che si sviluppa in un significativo numero di non fumatori lasciando quindi più spazio a cause non legate al fumo da sigaretta di espletare il loro effetto cancerogeno. Inoltre si è visto che se nell'arco del periodo di osservazione un individuo non si è mai spostato dal luogo di residenza iniziale, dove si è registrato l'elevato tasso di inquinamento, il rischio di tumore al polmone raddoppia e triplica quello di adenocarcinoma. Le attuali normative della Comunità europea in vigore dal 2010 stabiliscono che il particolato presente nell'aria deve mantenersi al di sotto dei 40 microgrammi per metro cubo per i PM 10 e al di sotto dei 20 microgrammi per i PM 2.5. Questo studio, tuttavia, dimostra che anche rimanendo al di sotto di questi limiti, non si esclude del tutto il rischio di tumore al polmone, essendo l'effetto presente anche al di sotto di tali valori. Dalla misurazione delle polveri sottili l'Italia è risultato essere tra i paesi europei più inquinati, infatti, in città come Torino e Roma sono stati rilevati in media rispettivamente 46 e 36 microgrammi al metro cubo di inquinanti PM 10 in confronto a una media europea decisamente più bassa (ad esempio a Oxford 16, a Copenaghen, 17). Il tumore del polmone rappresenta la prima causa di morte nei Paesi industrializzati. Solo in Italia nel 2010 si sono registrati 31.051 nuovi casi (fonte: www.tumori.net ). Da solo rappresenta circa il 20% di tutte le morti per tumore nel nostro Paese.
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Virus Hiv usato per terapia genetica contro malattie neurodegenerative
12/07/2013 - Il virus dell'Aids può essere utilizzato per curare due gravi patologie ereditarie. Sull'intuizione "geniale" di uno scienziato italiano, avvenuta nel 1996, che negli anni aveva dato risultati promettenti in laboratorio, arriva adesso il doppio riconoscimento ufficiale da parte di una delle più importanti riviste scientifiche internazionali. E sei bambini, provenienti da tutto il mondo, dopo tre anni di trattamento stanno bene e mostrano significativi benefici. Lo annunciano due studi pubblicati oggi su Science dai ricercatori dell'Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (Tiget) di Milano guidati da Luigi Naldini, che dimostrano che la terapia genica con vettori derivati dal virus Hiv funziona nei confronti di due gravi malattie genetiche, la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich. "A tre anni dall'inizio della sperimentazione clinica – dichiara Naldini – i risultati ottenuti sui primi sei pazienti sono davvero incoraggianti: la terapia risulta non solo sicura, ma soprattutto efficace e in grado di cambiare la storia clinica di queste gravi malattie. Dopo 15 anni di sforzi, successi in laboratorio, ma anche frustrazioni, è davvero emozionante poter dare una prima risposta concreta ai pazienti" spiega il direttore dell'Istituto San Raffaele-Telethon di Milano.
Alla base di entrambe le malattie c'è un difetto genetico che si traduce nella carenza di una proteina fondamentale per l'organismo fin dai primi anni di vita. Nel caso della leucodistrofia metacromatica, fino ad oggi incurabile, è il sistema nervoso a essere colpito: questi bambini nascono apparentemente sani, ma a un certo punto iniziano a perdere progressivamente le capacità cognitive e motorie acquisite fino a quel momento, senza alcuna possibilità di arrestare il processo neurodegenerativo. I bambini affetti da sindrome di Wiskott-Aldrich, invece, presentano un sistema immunitario difettoso che li rende molto più vulnerabili del normale allo sviluppo di infezioni, malattie autoimmuni e tumori, oltre a un difetto nelle piastrine che è causa di frequenti emorragie. Dopo i brillanti risultati ottenuti nel corso di molti anni di studio in laboratorio, i ricercatori del Tiget hanno provato a correggere il difetto genetico che provoca queste malattie con la terapia genica. La tecnica utilizzata consiste nel prelievo delle cellule staminali ematopoietiche dal midollo osseo del paziente e nell'introduzione di una copia corretta del gene altrimenti difettoso attraverso dei vettori virali derivati da Hiv (sviluppati a partire da un primo lavoro del 1996 che porta la firma proprio di Luigi Naldini). Una volta re-infuse nell'organismo, le cellule così curate sono in grado di ripristinare la proteina mancante a livello degli organi chiave. "Nella sindrome di Wiskott-Aldrich le cellule del sangue sono direttamente colpite dalla malattia e le cellule staminali corrette hanno sostituito le cellule malate, dando luogo a un sistema immunitario funzionante e a piastrine normali. Grazie alla terapia genica i bambini non vanno più incontro a emorragie e infezioni gravi e possono correre, giocare e andare a scuola" spiega Alessandro Aiuti, che ha coordinato lo studio clinico su questi pazienti ed è responsabile dell'unità di Ricerca clinica pediatrica del Tiget. "Nel caso della leucodistrofia metacromatica, invece - dice Alessandra Biffi, a capo dell'altro studio - il meccanismo terapeutico è più sofisticato: le cellule ematopoietiche corrette raggiungono il cervello attraverso il sangue e lì rilasciano la proteina corretta che viene "raccolta" dalle cellule nervose circostanti. La carta vincente è stata quella di rendere le cellule ingegnerizzate in grado di produrre una quantità di proteina molto superiore al normale, in modo contrastare efficacemente il processo neurodegenerativo". Aggiunge Eugenio Montini, che ha coordinato le analisi molecolari sulle cellule dei pazienti: "Non avevamo mai visto finora una ingegnerizzazione delle cellule staminali attraverso la terapia genica così efficace e sicura. Questi risultati aprono la strada a nuove terapie anche per altre malattie genetiche e più diffuse". Entrambi gli studi clinici, che hanno coinvolto una squadra di oltre 70 persone tra ricercatori e clinici, hanno preso il via nella primavera del 2010, prevedendo il coinvolgimento di 16 pazienti in totale, 6 affetti da sindrome di Wiskott-Aldrich e 10 da leucodistrofia metacromatica. I risultati pubblicati su Science si riferiscono soltanto ai primi 6 pazienti trattati (tre per ciascuno studio), per i quali cioè sia passato un tempo abbastanza lungo dalla somministrazione della terapia per poter trarre le prime conclusioni significative in termini di sicurezza ed efficacia. In totale la Fondazione Telethon ha investito 19 milioni di euro per le ricerche su queste due malattie (11 sulla leucodistrofia metacromatica e 8 sulla sindrome di Wiskott-Aldrich). "Questi primi risultati ci fanno ben sperare e sono la conferma dell'efficacia di un lavoro sostenuto negli anni con grande convinzione" commenta il direttore generale di Telethon Francesca Pasinelli. "Possiamo dire di aver realizzato un modello in cui la charity agisce non soltanto da ente finanziatore, ma svolge un ruolo primario nella gestione dello sviluppo della ricerca per ricondurre ogni fase del processo all'obiettivo finale, che è la terapia fruibile per i pazienti. In questo senso si colloca anche la scelta di contribuire alla creazione di un'unità di ricerca clinica dedicata e di selezionare un partner italiano come MolMed per le attività di sviluppo e produzione dei vettori". Per Maria Grazia Roncarolo, direttore scientifico dell'IRCCS Ospedale San Raffaele che aveva ideato e guidato gli studi preparatori alla sperimentazione clinica per la sindrome di Wiskott- Aldrich, "i risultati ottenuti in questi due studi clinici sono per me motivo di orgoglio, sia come direttore scientifico sia come pediatra che ha dedicato la propria vita lavorativa alla cura dei bambini con malattie genetiche. Questo traguardo è un esempio di come la ricerca condotta con rigore, determinazione e dedizione possa generare i frutti sperati e permettere di raggiungere nuove frontiere nella medicina. Il cammino della ricerca traslazionale che ha portato i risultati dal bancone del laboratorio al letto dei malati di sindrome di Wiskott-Aldrich e di leucodistrofia metacromatica non è stato privo di ostacoli e frustrazioni, sia per i ricercatori sia per i genitori dei nostri piccoli pazienti che, comprensibilmente, fanno fatica ad accettare i "tempi lunghi" della scienza. Ma i risultati che oggi illustriamo ci ripagano di tutte le fatiche e ci danno una grande speranza per il futuro di questi bambini, così come nuove prospettive di cura per altre malattie genetiche". "Quattro anni fa, quando divenni presidente di Telethon – ricorda Luca di Montezemolo – la grande sfida dei due trial clinici del nostro istituto di Milano stava per partire. Era una grande scommessa scientifica e, soprattutto, rappresentava una risposta alle aspettative di tante famiglie di bambini malati. Oggi il mio primo pensiero va proprio a loro, a tutti quei genitori che negli anni hanno partecipato ai nostri studi, pur sapendo che la ricerca non avrebbe fatto in tempo a curare i loro figli. Con loro ringrazio gli scienziati che hanno lavorato a questa straordinaria impresa e i milioni di italiani che ci hanno sostenuto, con le loro donazioni". Conclude il professor Gabriele Pelissero, vicepresidente dell'Ospedale San Raffaele: "Il nostro ospedale si conferma ancora una volta come centro di eccellenza di livello internazionale per la sanità italiana. Dobbiamo far crescere queste grandi realtà per raccogliere la sfida dell'apertura delle frontiere sanitarie in Europa, perché solo così potremo sviluppare conoscenze, tecnologie e professionalità, per continuare a curare in Italia i nostri pazienti e attrarre pazienti dagli altri Paesi, come si stanno preparando a fare i grandi ospedali europei".
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Redazione (15/07/2013)
Pubblicato in Medicina e Salute
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