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Le notizie e gli eventi scientifici della settimana - 20 Ottobre 2014

La posta di MolecularLab


Newsletter del 20 Ottobre 2014 di MolecularLab.it con notizie ed eventi del mondo scientifico su Biotech, Ricerca, Biochimica, Genetica, Medicina

Sviluppate nanoparticelle contro Alzheimer
17/10/2014 17:30:11 - Particelle che entrano nel cervello e rimuovono le placche della proteina, nota come ?-Amiloide, che si formano nella malattia di Alzheimer. Le hanno chiamate Amyposomes e sono state letteralmente costruite (ingegnerizzate, per la precisione) e brevettate dai ricercatori dell'Università di Milano-Bicocca. Per il momento sono state testate con successo nel modello animale, quindi non ci sono ancora applicazioni per l'uomo. La riduzione delle placche di ?-Amiloide è stata confermata dalla tomografia a emissione di positroni (PET, Positron emission tomography), una tecnica di bioimaging, alla quale sono stati sottoposti i topi trattati con le nanoparticelle.
Lo studio, che è la parte conclusiva del progetto Europeo NAD (Nanoparticles for therapy and diagnosis of Alzheimer Disease), è stato pubblicato su "The Journal of Neuroscience". Il lavoro è frutto di una collaborazione tra l'Università di Milano-Bicocca e l'IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche 'Mario Negri' di Milano a cui ha contribuito, per le analisi PET, anche l'Università di Turku, in Finlandia.
Il bersaglio terapeutico delle nanoparticelle disegnate dai ricercatori dell'Università di Milano-Bicocca è la proteina ?-Amiloide. Le nanoparticelle somministrate ai topi, che costituiscono un modello animale di Alzheimer, dopo tre settimane di trattamento, non solo hanno rimosso le placche di ?-Amiloide dall'encefalo, ma hanno anche favorito lo smaltimento dei frammenti di ?-Amiloide tossica attraverso il circolo, da parte del fegato e della milza. L'eliminazione dei depositi di ?-Amiloide a livello cerebrale è stata associata ad un recupero delle funzioni cognitive misurato con uno specifico test di riconoscimento degli oggetti.
"La terapia – spiega Massimo Masserini, ordinario di Biochimica dell'Università di Milano-Bicocca e coordinatore del progetto europeo NAD - è basata su una strategia, impossibile da realizzare con un farmaco convenzionale, che utilizza uno strumento nanotecnologico, cioè particelle di dimensioni di un miliardesimo di metro. Nella ricerca pubblicata su The Journal of Neuroscience il trattamento è riuscito a frenare la progressione della malattia, ma stiamo anche valutando, per ora sempre sul modello animale, la possibilità di prevenirne l'insorgenza, intervenendo quando le capacità cognitive e la memoria sono solo minimamente compromesse. Se in futuro questi risultati saranno verificati nell'uomo, il trattamento, abbinato ad una diagnosi precoce permetterebbe ai malati di Alzheimer di condurre una vita pressoché normale".
"In realtà - commenta Gianluigi Forloni, capo del Dipartimento di Neuroscienze dell'IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche 'Mario Negri' di Milano - i risultati ottenuti nei modelli animali sono promettenti e arrivano a conclusione di un lavoro complesso che ha coinvolto molti ricercatori. Tuttavia rappresentano solo un primo passo, anche se fondamentale, nella direzione di poter considerare queste nanoparticelle uno strumento adeguato all'intervento terapeutico nell'uomo".
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Nuovo fattore di diagnosi per l'Alzheimer
17/10/2014 14:30:12 - Un'équipe di medici e ricercatori dell'Istituto di Neurologia Sperimentale diretto dal prof. Giancarlo Comi presso l'IRCCS Ospedale San Raffaele, parte del Gruppo Ospedaliero San Donato, ha individuato un nuovo fattore per la diagnosi e la prognosi della malattia di Alzheimer.
Condotto dal dott. Roberto Furlan, responsabile dell'Unità di Neuroimmunologia clinica e dalla dott.ssa Federica Agosta, Unità di Neuroimaging Quantitativo, diretta dal prof. Massimo Filippi, il lavoro è stato recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Annals of Neurology e ripreso tra gli highlights di Nature Reviews Neurology.
La malattia di Alzheimer è la causa più comune di demenza e si caratterizza per un processo degenerativo che colpisce in modo progressivo le strutture cerebrali. Più frequentemente, i primi sintomi sono rappresentati dalla perdita di memoria e dell'orientamento spaziale e temporale. Le attuali stime indicano che le persone affette da questa malattia siano oltre 35 milioni nel mondo e 700.000 in Italia. Questi numeri sono però destinati ad aumentare drammaticamente nei prossimi anni a causa del rapido invecchiamento della popolazione. Si stima perciò che nel 2050 i pazienti affetti da malattia di Alzheimer nel mondo diventeranno più di 100 milioni.
La malattia inizialmente colpisce l'ippocampo, sede della memoria a breve termine, per poi diffondere al resto del cervello. Come avvenga questa progressione non è del tutto noto. I ricercatori del San Raffaele hanno scoperto che tale diffusione potrebbe avvenire attraverso le fibre nervose che connettono le aree inizialmente colpite alle altre regioni cerebrali.
Lo studio ha coinvolto 106 pazienti affetti da malattia di Alzhemeir in stadio già avanzato e 51 pazienti che presentavano i primi sintomi della malattia (Mild Cognitive Impairment). Nel liquido cerebrospinale di questi pazienti è stato riscontrato un alto livello di un nuovo marcatore infiammatorio, cioè particolari microvescicole che derivano dalle cellule microgliali. In particolare, il maggior incremento di microvescicole microgliali è stato evidenziato non solo nei pazienti affetti da demenza conclamata, ma anche in quei soggetti con Mild Cognitive Impairment che, nei tre anni successivi, sviluppavano la malattia di Alzheimer, suggerendo quindi un possibile valore diagnostico e prognostico di tale marcatore.
Spiega Federica Agosta, prima autrice dello studio: "Abbiamo inoltre sottoposto un gruppo di pazienti a Risonanza Magnetica con tensore di diffusione (3 Tesla), tecnica che permette di valutare il danno microstrutturale a carico dei fasci di sostanza bianca cerebrale, e mediante l'utilizzo di queste tecniche avanzate di neuroimaging, è stato possibile evidenziare come la presenza delle microvescicole sia correlata al danno delle connessioni cerebrali strutturali. Questo dato potrebbe quindi sostenere il ruolo attivo della microglia nel processo di diffusione delle alterazioni patologiche della malattia di Alzheimer che, come suggerito da recenti studi sperimentali, sembrerebbe avvenire proprio tramite una propagazione lungo i fasci di sostanza bianca".
Aggiunge Roberto Furlan, responsabile dell'Unità di Neuroimmunologia: "Questo fenomeno è risultato particolarmente evidente nei pazienti nelle fasi precoci di malattia. Le microvescicole del liquido cerebrospinale e le tecniche di imaging avanzato potrebbero perciò contribuire alla diagnosi precoce e alla definizione di fattori predittivi nelle persone affette da malattia di Alzheimer."
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I geni dell'altezza
13/10/2014 12:34:55 - Sono circa 400 i geni che determinano l'altezza degli esseri umani adulti. La ricerca è il frutto del lavoro di quasi 300 enti di ricerca riuniti nel consorzio "Giant" che insieme hanno contribuito alla scannerizzazione dell'intero genoma (genome-wide scan) di circa 250.000 individui di origine europea. Fra i partner dello studio, che ...
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Il movimento degli elettroni in un aminoacido
17/10/2014 10:04:34 - Un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano, grazie all'impiego di impulsi di luce estremamente brevi, ha osservato per la prima volta il moto degli elettroni in un amino acido, la fenilalanina.
Il lavoro "Ultrafast electron dynamics in phenylalanine initiated by attosecond pulses", svolto in collaborazione con scienziati dell' Universidad ...
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Redazione MolecularLab.it (20/10/2014)
Pubblicato in Medicina e Salute
Tag: newsletter, molecularlab
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