Colture transgeniche dannose alla biodiversità
>Il rapporto GEO 2003 del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (PNUMA) avverte che le colture transgeniche possono essere dannose per la biodiversità e la salute umana e raccomanda ad America
>Il rapporto GEO 2003 del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (PNUMA) avverte che le colture transgeniche possono essere dannose per la biodiversità e la salute umana e raccomanda ad America Latina e Caraibi di muoversi con cautela prima di adottarli. La posizione del PNUMA sulla ricerca e lo sviluppo di organismi geneticamente modificati è stata espressa nel suo rapporto GEO 2003, presentato il 3 marzo a Città del Messico tra l’acclamazione entusiasta degli ambientalisti - riporta Ips News. Questa posizione capovolge, in parte, quella sostenuta nel 2001 da un'altra agenzia dell’Onu, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), che ha giudicato i transgenici una valida alternativa per combattere la fame.
"Il PNUMA ha un punto di vista alquanto sorprendente e noi lo condividiamo" - ha dichiarato all'IPS Silvia Ribeiro dell'organizzazione non governativa (Ong) Action Group on Erosion, Technology and Concentration (ETC), con sede in Canada. Anche Maria Colín, di Greenpeace Messico, ha segnalato che "bisognerebbe celebrare" il pronunciamento dell'agenzia Onu, giacché rappresenta una "importante presa di posizione".
Secondo il rapporto GEO, preparato dall’ufficio del PNUMA per America Latina e Carabi, l’uso della biotecnologia per l’incrocio dei geni di diverse specie animali e vegetali può mettere a rischio la diversità naturale.
“La possibilità che i geni modificati passino in modo incontrollato da una specie all’altra è un rischio reale” che metterebbe in pericolo la “biodiversità, fondamentale per la sicurezza alimentare dell’umanità” - avverte GEO. IL PNUMA segnala che nel dibattito sui transgenici “si sovrappongono posizioni polarizzate e grandi interessi commerciali, per cui bisognerebbe applicare come regola fondamentale un principio precauzionale, finché non ci sia un consenso scientifico sul tema”.
Il principio precauzionale è consacrato nel Protocollo di Cartagena, il primo accordo internazionale che regola il trasferimento, la manipolazione e l’uso di organismi viventi modificati, entrato in vigore l’11 settembre 2003. Tale principio stabilisce che i governi hanno il diritto di effettuare una valutazione del rischio di tutti gli organismi geneticamente modificati, prima di adottare decisioni sulla loro importazione o di stabilire norme per il loro utilizzo all’interno della propria giurisdizione.
L’area seminata con semi transgenici in tutto il mondo ha raggiunto i 67,7 milioni di ettari nel 2003, nove milioni in più rispetto al 2002, secondo i dati del Servizio Internazionale per l’Acquisizione di Applicazioni Agrobiotecnologiche, una Ong che promuove l’uso dei transgenici. Le varietà agricole commerciali di soia, mais, cotone e colza, sono controllate da appena cinque imprese multinazionali del Nord industriale, proprietarie dei brevetti, e più del 90 per cento dell’area seminata si trova in Argentina, Canada e Stati Uniti, sebbene cominci ad avanzare verso altri paesi. Monsanto, Dupont, Syngenta, Aventis e Dow, leader in materia e con un’importante presenza nell’industria farmaceutica e degli investimenti agrochimici, rispondono che i transgenici non comportano alcun rischio e che il loro unico interesse è combattere la fame. Secondo la politica delle multinazionali, ai contadini che fanno uso di semi modificati viene impedito per contratto a riutilizzare parte dei semi che ricavano dai raccolti, e questo costringerebbe a interrompere la selezione di sementi che tradizionalmente compiono i contadini di tutto il mondo, e che è la pratica più antica di ottimizzazione delle colture.
Fonte: (14/04/2004)
Pubblicato in Ecologia e Ambiente
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