Le notizie e gli eventi scientifici della settimana - 22 Dicembre 2014
Newsletter del 22 Dicembre 2014 di MolecularLab.it con notizie ed eventi del mondo scientifico su Biotech, Ricerca, Biochimica, Genetica, Medicina
Eccoci all'ultima newsletter dell'anno. MolecularLab.it ha oramai raggiunto gli 11 anni e un po' tutto questo tempo se lo sente addosso. Ma dall'anno prossimo ci sono in progetto delle novità: nuove sezioni, un restyling e nuove collaborazioni. Così da dare ancora più vita alla community che oramai ha raggiunto i 28000 utenti iscritti al sito, più quelli sui social networks (solo tra Facebook e Linkedin abbiamo superato 58 mila persone!!).
Nel frattempo scaricatevi il pdf del calendario, può essere una simpatica idea regalo ed un modo per avere la scienza al proprio fianco per tutto il prossimo anno. http://www.molecularlab.it/calendario2015/it/download.asp
Buone feste e riposo per chi lo fa ed un 2015 ricco di curiosità e soddisfazioni (anche lavorative..).
A presto, Riccardo Farmaci molecolari per la cura all'autismo
18/12/2014 16:30:27 - Uno studio guidato da Giuseppe Testa, dell'IRCCS Istituto Europeo di Oncologia e dell'Università Statale di Milano, eseguito in collaborazione con il gruppo del Dott. Giuseppe Merla, dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (FG), apparso oggi su Nature Genetics, una delle più autorevoli riviste scientifiche al mondo, apre la strada all'uso di farmaci molecolari per la cura dell'autismo e, più in generale, delle malattie mentali del neurosviluppo. Il Gruppo di ricerca IEO, guidato da Giuseppe Testa - Responsabile del Laboratorio di Epigenetica delle Cellule Staminali di IEO e recentemente divenuto docente di Biologia molecolare al Dipartimento di Scienze della Salute dell'Università Statale di Milano grazie a chiamata diretta su Grant ERC - ha scoperto come la disfunzione nell'attività di alcuni geni, provocata da alterazioni del loro "dosaggio" (cioè da quante copie di quel gene siano presenti nelle cellule), alteri fin da subito lo sviluppo del cervello, del cuore, delle strutture del viso, insomma di tutti i principali organi coinvolti in malattie genetiche che associano disabilità mentale e/o autismo a varie anomalie a carico di numerosi organi. Lo studio si è avvalso della collaborazione del gruppo di ricerca diretto dal Dott. Giuseppe Merla, dell'Unità di Genetica Medica presso l'Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, che ha anche fornito un numero rilevante di campioni provenienti dalla propria Biobanca Telethon. Lo studio è stato reso possibile anche grazie al prezioso sostegno delle associazioni famiglie di pazienti con la sindrome di Williams, ed è stato finanziato dallo European Research Council, dal Ministero della Salute, dalla Fondazione Telethon e dal Consiglio Nazionale Ricerche (CNR) tramite il Progetto Bandiera Epigen. I ricercatori hanno studiato due malattie causate da alterazioni speculari nel dosaggio genico, cioè la perdita o la duplicazione di 26 geni che stanno sul cromosoma 7. La perdita di una copia di questi geni causa la sindrome di Williams, malattia particolarmente interessante perché, a fronte di un ritardo mentale risparmia però in gran parte il linguaggio e dà luogo a una forma di ipersocialità o socievolezza, quella che i primi clinici chiamavano "personalità da cocktail party". La duplicazione degli stessi geni invece è stata da pochi anni associata all'autismo che ha sintomi diametralmente opposti: socialità compromessa, fino al cosiddetto ritiro autistico, associata appunto a gravi deficit nelle capacità linguistiche. Quindi esistono due alterazioni - simmetricamente opposte - del dosaggio genico, cui corrispondono alterazioni - anche queste simmetricamente opposte - in aspetti fondativi della condizione umana quali il linguaggio e la socialità. Tra questi 26 geni, uno in particolare - chiamato GTF2I - gioca un ruolo chiave come "fattore di trascrizione", cioè come gene che a sua volta regola la funzione di molti altri geni, accendendoli o spegnendoli. "Abbiamo scoperto – spiega Giuseppe Testa - che GTF2I non agisce da solo, ma in associazione con un importante enzima, LSD1, che è coinvolto anche in molti tipi di tumore e contro il quale si sono cominciati a sviluppare, anche qui in IEO, molti nuovi farmaci. Ebbene, siamo riusciti a dimostrare che la somministrazione di farmaci contro LSD1 è in grado di ripristinare il corretto funzionamento di alcuni circuiti molecolari, anche in presenza di anomalo dosaggio di GTF2I, aprendo de facto la strada allo studio di come questi inibitori farmacologici possano essere un giorno impiegati anche nell'autismo e più in generale nelle malattie mentali del neurosviluppo. Difatti, proprio sui neuroni riprogrammati a partire dalla cute dei pazienti reclutati per il nostro studio, partirà ora lo screening farmacologico per nuovi composti". "Il nostro lavoro – continua Testa - è la più grande ricerca mai condotta finora, per qualsiasi malattia genetica, su cellule staminali riprogrammate e rappresenta un notevole avanzamento nell'intero campo del cosiddetto "disease modeling", vale a dire la creazione di modelli (o avatar) di malattie umane. E' un ambito che sta esplodendo in biomedicina, e che si basa sulla riprogrammazione di cellule della cute di pazienti affetti dalle più svariate malattie a base genetica (incluse malattie frequentissime tipo Parkinson, Alzheimer, schizofrenia, diabete, SLA etc.) in cellule staminali pluripotenti, cioè riportate ad uno stadio analogo a quello delle cellule embrionali da cui hanno origine tutti i nostri organi e tessuti. Da queste cellule è poi infatti possibile derivare – in vitro - tutti i tipi di cellule del nostro corpo, studiare i meccanismi di malattia e testare nuovi farmaci anche in tessuti umani che erano restati finora praticamente inaccessibili alla sperimentazione, come appunto i neuroni del cervello. Inoltre l'ampiezza del campione e il rigore del nostro studio, hanno permesso di concludere che il numero di pazienti coinvolti, e il numero di linee di staminali riprogrammate da ciascun paziente, sono fondamentali per scoprire i meccanismi molecolari alla base della malattia". Un'altra scoperta inaspettata è che le alterazioni del dosaggio genico provocano anomalie fin dai primissimi stadi dello sviluppo. Poi, più si va avanti nel differenziamento nei vari tessuti, più questi difetti vengono amplificati. "L'impatto è notevole – conclude Testa - non solo per le due malattie in questione, ma anche per tutto il campo del "disease modeling", perché vuol dire che già dalle cellule staminali riprogrammate dai pazienti, prima ancora di averle differenziate, potremo già capire quali sono le alterazioni più importanti di molte malattie".
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Scoperte le cause genetiche dell'infarto giovanile
19/12/2014 09:30:24 - Un altro passo in avanti nella comprensione delle cause genetiche che determinano l'infarto del miocardio. Pubblicata nei giorni scorsi sulla prestigiosa rivista scientifica "Nature" i risultati di una nuova ricerca a cui hanno partecipato attivamente alcuni ricercatori dell'Università di Verona e della locale Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata. Il nuovo studio, coordinato da Sekar Kathiresan dell'Università di Harvard e del Massachusetts Institute of Technology di Boston, si è focalizzato sui soggetti con infarto giovanile o "precoce", ovvero che insorge prima dei 50 anni negli uomini e prima dei 60 anni nelle femmine. Questi casi rappresentano un modello ideale per studiare il Dna nell'infarto, dato che in essi il ruolo dei fattori genetici è ritenuto essere massimale. Secondo i dati più recenti elaborati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, le malattie cardiovascolari rappresentano la patologia più diffusa e la principale causa di morte al mondo, sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. Nell'ambito di tale gruppo di malattie, l'infarto miocardico acuto rappresenta il "killer n.1", determinando da solo oltre 7 milioni di decessi ogni anno. Sebbene stili di vita scorretti quali fumo, diete ipercaloriche e ricche di grassi e scarsa attività fisica siano i principali determinanti dell'infarto, un ruolo importante lo giocano anche i fattori genetici, che possono spiegare circa il 40% del rischio di sviluppare l'infarto stesso. Negli ultimi anni, con il miglioramento delle tecnologie per l'analisi e lo studio del Dna, sono stati fatti enormi progressi nel riconoscimento dei fattori genetici implicati nell'infarto, sebbene la loro definizione completa sfugga ancora agli sforzi dei ricercatori. I ricercatori dell'ateneo conducono da anni ricerche sulla genetica dell'infarto nell'ambito dello studio veronese sul cuore, ormai noto in tutto il mondo come "Verona Heart Study", e reso possibile anche grazie al supporto della Fondazione CariVerona e della Regione Veneto. Dopo avere individuato negli ultimi anni diverse varianti genetiche comuni associate a un rischio moderato di sviluppo di infarto, i ricercatori si sono questa volta concentrati sulle varianti relativamente più rare, ma a rischio più elevato. "Ciò – spiegano - è stato possibile applicando metodiche di sequenziamento del Dna di ultima generazione (Next Generation Sequencing o Ngs) per lo studio degli "esoni", ossia delle regioni dell'intero Dna che controllano la produzione di tutte le proteine che compongono l'organismo umano. Grazie a queste sofisticate metodiche, in grado di studiare il Dna con una precisione e un'accuratezza impensabili fino a qualche anno fa, i ricercatori hanno individuato due geni particolarmente importanti nello sviluppo dell'infarto miocardico. Il primo è il gene che codifica per il recettore del cosiddetto colesterolo "cattivo", o colesterolo Ldl (Ldl receptor o Ldlr). Mutazioni inattivanti questo gene causano una ridotta rimozione dal sangue del colesterolo Ldl, che va così ad accumularsi nelle arterie causandone infine l'ostruzione e l'infarto". Il gene Ldlr era noto da tempo, ma si pensava che le mutazioni al suo interno fossero molto rare. "Questo studio – continuano i ricercatori - dimostra invece che esse sono presenti nel 2% della popolazione generale, e i soggetti che ne sono portatori sono a rischio elevato di sviluppare un infarto giovanile, anche a prescindere da stili di vita scorretti. Le metodiche di Ngs permettono ora di individuare tali mutazioni a un costo contenuto, che andrà ulteriormente riducendosi nei prossimi anni. Ciò risulterà particolarmente importante per effettuare in questi soggetti una diagnosi precoce, necessaria per intervenire tempestivamente e prevenire lo sviluppo dell'infarto. L'altro gene individuato è quello che controlla la sintesi di una proteina denominata apolipoproteina A5 (Apoa5), che si associa al trasporto nel sangue dei trigliceridi. "Mutazioni di Apoa5 – spiegano - impediscono la degradazione dei trigliceridi e ne aumentano la concentrazione nel sangue, favorendo anche in questo caso la formazione di placche vascolari che rappresentano la base su cui si sviluppa infine l'infarto. La scoperta di Apoa5 come gene implicato nell'infarto conferma il ruolo causale dei trigliceridi nello sviluppo della malattia, in aggiunta a quello più noto del colesterolo "cattivo", e apre prospettive terapeutiche nuove per quei malati nei quali il solo controllo dei livelli di colesterolo sembra non essere sufficiente".
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Una nuova strada contro la sclerosi laterale amiotrofica
18/12/2014 14:45:06 - Una strada da esplorare per nuove possibilità terapeutiche contro la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è stata individuata da una ricerca condotta nei laboratori di Neurofarmacologia del Dipartimento di Patologia Molecolare dell'I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS). Attraverso l'attivazione di specifici recettori cellulari, è ...
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Redazione (22/12/2014)
Pubblicato in Medicina e Salute
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