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GLORIA STELLA
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Inserito il - 01 maggio 2007 : 16:50:14
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vorrei sapere se qualcuno di voi ha mai sentito parlare del dicloroacetato nella cura dei tumori e cosa ne pensa in merito
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GLORIA STELLA
Utente
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Inserito il - 21 maggio 2007 : 14:31:00
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gloria stella 2007-05-07 10:16 curiosità
Innanzitutto buon giorno. Vorrei renderla a conoscenza del seguente articolo trovato sul Messaggero di aprile 2007. Inizia così: la molecola che può guarire il cancro. Si sostiene che tale molecola, il dicloroacetato, sarebbe la cura miracolosa contro il cancro, ma le case farmaceutiche non ne sono interessate in quanto non è brevettabile e quindi non ne trarrebbero alcun profitto perché non si puo più brevettare né ottenere l'esclusiva, in altre parole non può trasformarsi in un affare. Perciò occorrerebbe che i governi, le università le fondazioni senza scopo di lucro si accontentassero della gloria che potrebbero ricavare finanziando studi clinici su questo farmaco, già sul mercato da parecchi anni e del quale si conoscono gli effetti collaterali. Domanda: ma i soldi che il governo, le fondazioni e i vari enti volontari donano alla ricerca dove finiscono? Tutte le varie azalee, uova, bonsai ecc. che puntualmente ci vengono tutti gli anni offerti per finanziare la ricerca, dove finiscono? Dove vanno i fondi? So che non mi risponderà. Buona giornata comunue Veronesi 2007-05-07 10:16 Re: curiosità
Cara Stella, premesso che non esistono cure miracolose contro il cancro e premesso che i soldi raccolti per la ricerca vanno effettivamente alla ricerca (i bilanci degli enti che fanno raccolta fondi sono pubblici, e spesso pubblicizzati, così come lo sono gli stanziamenti governativi), il vero problema è un altro: il costo della ricerca scientifica. Se è vero che sta nel DNA la chiave per salvare le 400 persone che ogni giorno muoiono per tumore, è altrettanto vero che per trovare questa chiave occorrono investimenti di ordini di grandezza decisamente superiori a quelli attuali. L’industria privata ha inevitabilmente interessi commerciali, e investe necessariamente solo dove può trarne profitto. Occorre dunque ricorrere alle risorse dello Stato. Oggi in Italia la ricerca oncologica è finanziata globalmente con 200 milioni di euro all’anno: è un cifra risibile se pensiamo alla tragedia delle 250.000 persone che ogni anno si ammalano di tumore e alle 150.000 che ne muoiono nel nostro Paese; oppure se la confrontiamo, ad esempio, con le cifre del calcio mercato (pensi a quanto costa a una squadra un calciatore di serie A) o con quelle impiegate per gli armamenti. Un altro urgente problema è il costo delle terapie. I nuovi farmaci cosiddetti intelligenti, cioè quelli che intervengono sui bersagli molecolari invece che su tutto l’organismo, hanno costi di produzione altissimi, che l’industria farmaceutica non è disposta a ridurre, poiché opera in una logica di mercato. Per evitare che questi farmaci diventino il privilegio di pochi abbienti, è necessaria quindi una fonte di finanziamento pubblico che introduca l’equilibrio necessario fra mercato e assistenza sanitaria. Certo non è questo un impegno che un Paese si può assumere da solo: credo occorra su questo tema una larga intesa a livello europeo, che faccia sì che i 25 governi adottino misure congiunte per rendere questi farmaci accessibili ai vari sistemi sanitari
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salto_bis
Nuovo Arrivato
Prov.: Parma
Città: Fidenza
5 Messaggi |
Inserito il - 21 maggio 2007 : 21:52:38
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Le cellule tumorali presentano una glicolisi di tipo anaerobico. Le cellule tumorali generano energie nello stesso modo utilizzato da cellule sotto stress. Bloccando la glicolisi anaerobica si blocca anche l'attività del mitocondrio e quindi l'apoptosi cellulare. E’ normale che in condizioni di stress venga chiesto alle cellule di sopravvivere, bloccando l'apoptosi, bloccando l’azione autoimmune e richiedendo alle cellule di utilizzare meno energia.
Il DCA blocca la glicolisi anaerobica a favore di quella aerobica. In particolare il DCA incrementa l'enzima PDA(piruvato deidrogenase complesso) L'incremento dell'enzima PDA è ottenuto neutralizzando il PDA-K (piruvato deidrogenase complesso kinase).
Il DCA sperimentato su topi, ha mostrato di ridurre diversi tipi di tumore, in modo significativo.
Attualmente è in corso una "sperimentazione" fai da te da parte di alcune persone affette da tumore.
Nonostante il meccanismo di azione si uguale nei topi e nelle persone, l'effetto è inevitabilmente maggiore nei topi. Nei topi il tumore è stato indotto in un organismo sano, nelle persone è sorto spontaneamente in quanto l'organismo è nel suo complesso indebolito. Le cellule tumorali si sono sviluppate in seguito a stati fisiologici alterati. In molti casi in seguito a livelli ormonali "sballati" e in seguito all'esaurimento di sostanze fondamentali quali le vitamine e oligoelementi. L'età avanzata e stati emozionali negativi portano molto spesso in queste condizioni di "esaurimento" e anomalia "ormonale".
In definitiva, nelle persone l'azione del DCA si trova ostacolato dagli stessi fattori che hanno indotto il tumore. Non basta il solo DCA, occorre correggere anche i livelli ormonali e vitaminici come fatto con MDB.
Ciao
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GLORIA STELLA
Utente
1107 Messaggi |
Inserito il - 22 maggio 2007 : 11:10:12
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ti ringrazio per la risposta che mi hai dato, sei l unico che qui dentro sè degnato di farlo grazie infinite. |
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GLORIA STELLA
Utente
1107 Messaggi |
Inserito il - 16 settembre 2007 : 13:29:04
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junior.galileonet.it/primo-piano/8099/non-conventional-trial - 19k di Antonino Michienzi Dca, Dicloroacetato. È il nome della molecola che sta facendo emergere le contraddizioni della medicina e della farmacologia contemporanee. A gennaio, uno studio condotto all’Università di Alberta, Canada, e pubblicato su Cancer Cell, ha evidenziato che il Dca è un potente proapoptotico, è cioè in grado di ricondurre le cellule tumorali sulla strada della morte programmata, la sorte cui sarebbero destinate se non sviluppassero strategie di elusione che le rendono praticamente immortali.
Questa piccola molecola agisce inibendo un enzima nei mitocondri (il Pdk, pyruvate dehydrogenase kinase) che, innescando un meccanismo a cascata, porta all’apoptosi delle cellule tumorali (ma non di quelle sane). Risultato: si osserva una drastica riduzione della loro capacità proliferativa e di crescita, con la conseguente riduzione della massa tumorale. Il tutto senza alcun effetto collaterale apparente.
Ma si tratta solo di sperimentazioni su modelli animali. Il passaggio alla sperimentazione sull’essere umano è cosa lunga e difficile. Come al solito. Più del solito, in realtà. Perché il dicloroacetato è una molecola già in uso da decenni, soprattutto nella potabilizzazione e disinfezione delle acque, e nel trattamento di alcune sindromi metaboliche. Dunque non è brevettabile, e chiunque svolgesse trial clinici non potrebbe godere degli eventuali guadagni esclusivi derivanti dalla sua commercializzazione. È a tutti gli effetti un’ “orphan product”, per dirlo dell’americana Fda (Food and Drug Administration), che col patrocinio del dipartimento della salute, a tali prodotti, in particolare a quelli destinati alla cura di malattie rare, dal 1982, ha dedicato un ufficio competente l’Office of Orphan Product Development (OOPD).
Per aggirare gli ostacoli e velocizzare i tempi, il responsabile della ricerca, Evangelos Michelakis, chiede un finanziamento al Ministero della Salute canadese. Ma la procedura di approvazione del piano di ricerca richiederà settimane, forse mesi. Così nel frattempo, con una lettera pubblicata sul sito dell’Università di Alberta, Michelakis lancia una sottoscrizione per finanziare i suoi studi suq questa promettente molecola. Occorrono almeno 1,5 milioni di dollari per cominciare; al momento si è fermi a 100 mila.
Intanto i pazienti non stanno a guardare. Avidi di informazioni sugli esperimenti che potrebbero salvare loro la vita, ci mettono poco a scovare quelli sul Dca, a confrontarsi in rete, a mettere su una community di malati e loro parenti, esperti e non esperti. E ci mettono un attimo a reperire, anzi a produrre, e autosomministrarsi il dicloroacetato.
Thedcasite.com (il sito di riferimento, insieme a buydca.com) diviene in breve un ingorgo di informazioni mediche e storie, consigli sulle dosi e sulle interazioni della molecola con altri farmaci. “Se c’è soltanto una piccola possibilità che il Dca faccia regredire o uccida il cancro, molti di noi si affretteranno ad usarlo”, dice MarkW. E lo stanno facendo.
Molti comunicano i risultati delle analisi a intervalli regolari, un vero e proprio follow up; altri sono sfiduciati per l’inefficacia del trattamento. I temporanei miglioramenti di qualcuno sono additati allo straordinario potere del Dca. O a un miracolo. Tuttavia, la comunità scientifica è molto cauta. Al momento “si conoscono degli effetti di Dca a livello cellulare e preclinico, ma gli studi eseguiti non consentono di stabilire se il suo meccanismo d'azione abbia un interesse per la terapia dei tumori umani”, sostiene Maurizio D’Incalci, direttore del dipartimento di Oncologia all’Istituto Mario Negri di Milano. Inoltre, “sostanze con meccanismi d'azione analoghi non si sono rivelate efficaci quando sperimentate in modo rigoroso a livello clinico”.
Cautela, dunque, anche perché “se si utilizzano preparazioni 'artigianali' vi sono dei rischi connessi alla mancanza di controllo di qualità del prodotto”. Quanto al metodo, continua D’Incalci, “credo che quel tipo di sperimentazione non consenta di ottenere delle valutazioni credibili dei risultati” anche se ritengo che “i pazienti e le loro associazioni debbano avere una parte attiva nella ricerca di nuove terapie e non subire quanto deciso dall’industria del farmaco. Ma attraverso una collaborazione ed uno stimolo costruttivo della comunità scientifica, che possiede gli strumenti scientifici e metodologici per condurre le sperimentazioni in modo appropriato”.
Vista da uno storico e filosofo della medicina quale Gilberto Corbellini, professore ordinario di Storia della Medicina presso l’Università “La Sapienza” di Roma, la vicenda non ha molto rilievo per il “fatto che i malati si organizzino per cercare di bypassare o accelerare alcune fasi della sperimentazione clinica”. Questo, dice, “era già accaduto per la sperimentazione di alcuni farmaci antiAids”. Il caso diclororacetato, piuttosto, mette in luce “che sta crescendo l'insofferenza sia da parte dei pazienti sia da parte dei medici per i vincoli procedurali, di natura economica ma anche etico-politica, che condizionano le opportunità di cura. Verosimilmente sono soprattutto i controlli e i vincoli imposti dalla bioetica negli ultimi decenni che hanno determinato un aumento ingente dei costi della sperimentazione, al punto che oggi solo le imprese farmaceutiche possono sostenerli”. A tal punto, continua, “sarà inevitabile una crescente ribellione dei malati, che sono più disposti a correre rischi di quanto non ritengano i bioeticisti e i politici”.
Ma Corbellini ci tiene a essere chiaro: “Nonostante l’eccesso di proceduralismo e di tutele che alla fine stanno mettendo la ricerca clinica nelle mani dei privati, la sperimentazione clinica è indispensabile per stabilire in modo obiettivo l'efficacia di un farmaco. E l'esperienza dei pazienti, a meno che venga organizzata nella forma di un trial clinico, non può appurare nulla. I pazienti devono capire che la sperimentazione clinica deve essere fatta in un certo modo per dare una risposta accettabile. In tal senso, dovrebbero comunque seguire le procedure, altrimenti rischiano di ritardare l'accertamento invece che accelerarlo”.
Intanto, la molecola dei miracoli o della discordia, continua ad essere assunta. “Sono centinaia, ormai” sostiene Jim Tessano, il biologo creatore del sito su cui è possibile acquistare Dca. E tra essi comincia a serpeggiare la delusione per l’assenza di finanziamenti privati al «loro studio». “Perché la Bill & Melinda Gates Foundation non sta dando ciò che ha promesso?”, si chiede Steve in una delle stanze del forum.
“Dobbiamo lavorare duro per immettere questo farmaco sul mercato” sostiene Jimmi a meno di una settimana dalla scomparsa della moglie, “speravo che il Dca funzionasse, non vorrei vedere più nessuno soffrire come ha fatto lei negli ultimi otto mesi”. Così, mentre le morti si succedono inesorabilmente, l’esperienza individuale cerca di trasformarsi in impegno sociale. Ed Internet si conferma essere il luogo di elezione di queste dinamiche, conferendo nuova pubblicità a fatti, eventi, persone e rendendo possibile quella che più di dieci anni or sono, un filosofo e antropologo canadese, Pierre Levy, ha definito intelligenza collettiva. Una capacità di conoscenza potenziata grazie all’interazione su scala globale di singole intelligenze ed esperienze.
Sì, in effetti si tratta di un esempio di intelligenza collettiva”, conferma, seppure con cautela, Levy, “anche se Internet di per sé non crea alcuna conoscenza. Solo le comunità umane creano conoscenza, eventualmente attraverso l’uso di Internet”. Nel caso specifico, conclude lo studioso, “i pazienti e gli animatori delle comunità dovrebbero organizzarsi nello stesso modo della comunità scientifica per testare il Dca e riportare i risultati dei test. Questo è l’unico modo per trasferire conoscenza alle generazioni future”. Home Primo piano News Recensioni web site by exelab
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GLORIA STELLA
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duchè
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GLORIA STELLA
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Inserito il - 17 settembre 2007 : 17:58:21
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grazie per averlo fatto |
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duchè
Utente Attivo
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1487 Messaggi |
Inserito il - 17 settembre 2007 : 21:05:50
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Citazione: Messaggio inserito da GLORIA STELLA
grazie per averlo fatto
...avevo piacere, oltre che curiosità! |
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mariasteiner
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Inserito il - 24 maggio 2010 : 18:45:47
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il DCA o dicloroacetato è tornato a far parlare di sè parallelamente ad un nuovo farmaco orfano il GC MAF. Il GC MAF è stato testato oltre che per il cancro anche per i sieropositivi. Il tutto grazie ad un ricercatore giapponese, Nobuto Yamamoto il cui PR è Jim Tessano. Centri per la produzione di gc maf ssi stanno moltiplicando in Europa per sfuggire alla logica perversa delle case farmaceutiche. http://www.thedcasite.com/Yamamoto_file/Yamamoto.html Qualcuno qui ne ha già sentito parlare?
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chick80
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