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Giovanni
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Inserito il
15/05/2005
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Per vari tumori
Curare con calore
Il calore è un’arma antichissima contro il cancro. Ippocrate, il padre della medicina, ne aveva già illustrato le sue potenzialità. Il nome medico è ipertermia, ovvero la terapia del calore, diventata un’importante arma antitumorale in Italia, Giappone (esistono oltre 200 centri che praticano la terapia) e Stati Uniti. L’ipertermia è indicata per il trattamento di diversi tumori: seno, polmone, fegato, stomaco, colon-retto, cervello, tumori del capo-collo, dei genitali femminili, prostata, utero, vescica. È usata anche per ridurre le metastasi e, associata a dosi ridotte di chemio e radio, consente di ottenere il potenziamento delle terapie tradizionali, riducendone gli effetti collaterali. Non solo, è anche in grado di stimolare il sistema immunitario perché provoca la liberazione di sostanze immunoregolatrici, le citochine, che hanno un effetto protettivo per l’organismo. In Italia è mutualizzata al codice 98,95 del nomenclatore nazionale. Di recente, a convalida della serietà della metodica, è stato pubblicato uno studio sul prestigioso Cancer (luglio 2003) “Hyperthermia and its modern use in cancer treatment” di H. Richard Alexander Jr, medico oncologo del National Cancer Institute di Bethesda (Maryland). Nello studio il dottor Jones e altri autori hanno dimostrato che il trattamento con ipertermia, aggiunto a chemioterapia e radioterapia, per il trattamento di pazienti affette da carcinoma cervicale a uno stadio avanzato, primario o recidivo, ha comportato significativi benefici, in termine di tolleranza ed efficacia delle terapie. Il trattamento di ipertermia tradizionale (circa 41-43 gradi) è stato comparato con l’uso dell’ipertermia moderata (38,5 – 40 gradi), effettuato dopo la radioterapia, per cinque settimane consecutive. Siccome l’impiego dell’ipertermia nell’oncologia clinica sta aumentando in portata e complessità, gli autori giustamente riflettono sul ruolo di questa terapia e concludono l’articolo ponendosi due domande: “Come funziona l’ipertermia?” e “Come è possibile utilizzare al meglio l’ipertermia?”. Come agisce l’ipertermia L’utilizzazione sistematica nella cura dei tumori solidi dell’adulto (polmone, mammella, stomaco, pancreas, fegato, cervello ecc.) di chemio e radioterapia non sempre ha ottenuto i risultati sperati. Sono soprattutto gli effetti collaterali della terapia che condizionano pesantemente la qualità della vita delle persone affette da tumore. L’ipertermia, invece, agisce selettivamente sul tumore inibendo la respirazione cellulare senza alterare il metabolismo anaerobico della cellula. “Il calore produce la rottura del Dna delle cellule tumorali”, spiega il professor Paolo Pontiggia, uno dei massimi esperti a livello mondiale di ipertermia, ematologo e oncologo all’Università di Pavia. “Nella normale vascolarizzazione il calore produce la vasodilatazione e la conseguente rapida dispersione del calore, questo non avviene nelle cellule tumorali. Qui, infatti, la neovascolarizzazione impedisce la dispersione del calore che, intrappolato nelle cellule tumorali, le uccide. Quando riscaldiamo una parte del corpo si verifica una reazione fisiologica di vasodilatazione, con conseguente aumento del flusso sanguigno. L’organismo reagisce in modo da contrastare l’aumento di temperatura, disperdendo il calore in eccesso. Ciò non avviene nella stessa misura nell’area tumorale che, avendo una vascolarizzazione molto più disordinata, riesce a compensare meno bene e quindi si riscalda di più dei tessuti circostanti, incrementando così l’effetto dell’ipertermia. Su 100 pazienti trattati con il calore, almeno 65 ne hanno tratto benefici concreti. Infatti, in 30 casi su 100, il tumore regredisce. In altri 30, l’avanzata del tumore si arresta per qualche tempo. In 5-10 casi su 100, poi si riesce ad ottenere una guarigione duratura. Già oggi i risultati ottenuti consentono di affermare che è possibile non solo aumentare la durata della sopravvivenza, ma soprattutto migliorare la qualità della vita. Io ho dei pazienti, con metastasi, in cura da 10 anni che conducono una vita normale”. Inoltre la terapia del calore è indolore e priva di effetti collaterali. L’unico rischio è quello di somministrare temperature troppo elevate per le cellule sane, ma questo avviene solo per un errato impiego delle tecniche di ipertermia. La metodica, inoltre, potenzia tutte le altre terapie impiegate: riduce e blocca la massa tumorale e rende meno complesso un eventuale intervento chirurgico. Studi scientifici hanno dimostrato che diverse sostanze chemioterapiche hanno attività anche 10-20 volte superiore a 43 gradi rispetto all’azione che hanno a 37 gradi centigradi. Come si aziona l’ipertermia L’ipertermia è una metodica terapeutica che utilizza diverse tecnologie con lo scopo di provocare un innalzamento artificiale della temperatura a livello cellulare, a livello di tessuti e organi, o in sezioni del corpo, oppure in alcuni casi, del corpo nella sua totalità. La terapia funziona solo in presenza di due condizioni. La prima è che l’organismo abbia ancora un certo livello, pur ridotto, di risposta immunitaria. La seconda condizione è che il tumore non sia in una zona particolarmente vascolarizzata. “L’ipertermia localizzata è il trattamento più consolidato e più usato nella pratica clinica”, spiega il professor Giuseppe Maria Pigliucci, ordinario di chirurgia al Policlinico di Tor Vergata di Roma. “Produce un incremento localizzato di temperatura nelle masse profonde impiegando applicatori esterni emittenti radiofrequenze a sistema capacitivo (cioè il corpo è interposto tra due antenne in accordo tra loro). Gli applicatori sono posizionati in modo simmetrico alle due estremità opposte della porzione del corpo che si deve trattare: ad esempio, per il trattamento del tumore al polmone si collocano le antenne che emettono le radiofrequenze nell’area sternale o parasternale del torace e l’elettrodo opposto sul dorso, in prossimità della colonna vertebrale. In tale maniera il fascio di onde radio attraversa tutto il torace e occorre fare in modo che le antenne siano collocate in maniera tale da centrare la massa che si vuole scaldare. Al fine di impedire ustioni locali le due coppie di elettrodi vengono inseriti in una sottile sacca di plastica refrigerata per mezzo di una serpentina collegata a un circuito di raffreddamento. Un’altra metodica è l’ipertermia perfusionale. È stata in passato la prima tecnica di ipertermia ed è stata sviluppata per i tumori primari o metastatici degli arti e per le cavità dell’organismo (pleura, peritoneo, vescica). Al liquido di perfusione vengono solitamente aggiunti farmaci chemioterapici in modo da ottenere elevate concentrazioni di farmaco nel tessuto perfuso. La perfusione total body è uno dei metodi con cui si riesce a innalzare la temperatura del corpo. Questa pratica prevede il riscaldamento di tutta la massa corporea attorno a 42 gradi centigradi. Questa metodica è abbastanza impegnativa in quanto necessita di un’anestesia generale, o almeno di una sedazione profonda del paziente. Va però precisato che l’ipertermia total body è anche indicata nei casi di malattia estesa a tutto l’organismo o per malattie virali come l’Aids o l’epatite C”. Diversi ricercatori, però, sono ancora molto scettici sull’impiego dell’ipertermia. “È vero e questo mi stupisce. L’ipertermia non è la cura Di Bella. Questa è una terapia medica già riconosciuta dallo Stato Italiano ed è erogata dal sistema sanitario. Chi critica farebbe bene a documentarsi. Da noi, all’Università Tor Vergata, possono visionare le cartelle cliniche dei pazienti che si sottopongono alla terapia e che hanno ottenuto dei risultati molto soddisfacenti”. L’ipertermia in Italia “L’ipertemia è praticata da diverse strutture ospedaliere italiane e rimborsata dal sistema sanitario”, dice Admeto Rolando, ideatore e costruttore dell’apparecchiatura, la Syncrotherm, la macchina a radiofrequenze più avanzata esistente sul mercato per effettuare l’ipertermia oncologica. “La macchina si trova in una trentina di ospedali italiani ed europei e presso l’Istituto di ricerca per la cura del cancro di Candiolo (Torino), uno dei più importanti centri europei (Fondazione Agnelli), dove vengono organizzati periodicamente dei corsi per i medici che desiderano approfondire questa tecnica. I corsi riconosciuti dal Ministero danno diritto a 7-8 crediti ECM”. La ricerca di strade alternative nel campo del trattamento della malattia neoplastica è un’esigenza nata dal fatto che le strategie terapeutiche tradizionali (chirurgia, chemio e radioterapia) hanno pesanti effetti collaterali e in diversi casi risultano inefficaci. L’utilizzazione dell’ipertermia rappresenta un valido supporto nell’attuale processo di verifica delle strategie di aggressione della massa neoplastica. In questo programma la termoterapia può avere un ruolo di rilievo, considerando che rispetta l’integrità dell’organismo e del sistema immunitario. “L’ipertermia mi ha salvato la vita” Carla Mallegni, di Camaiore, ci racconta la sua esperienza. “Ho 52 anni e all’età di 37 anni mi è stato diagnosticato un tumore del seno destro. Me ne sono accorta toccandomi il seno, sentivo un nodulino, che poi si è rivelato, dopo i controlli diagnostici, un tumore maligno, della grandezza di cinque centimetri. Ho subìto l’intervento di mastectomia radicale, in seguito mi sono sottoposta a un ciclo di chemio e radioterapia. L’intervento era andato bene e io riuscivo a sopportare senza pesanti effetti collaterali le chemio, non perdevo i capelli e mantenevo ancora le mie forze. Purtroppo nel 1994 mi si è gonfiato un braccio in modo inspiegabile, era molto gonfio e non riuscivo più a muoverlo, mi sembrava di avere un pezzo di marmo. Si trattava di una trombosi, ho fatto la Tac e mi è stata diagnosticata una mestasi polmonare bilaterale. Mi hanno sottoposta a un ciclo di chemioterapia, questa volta molto più potenti delle precedenti. Ero distrutta, stavo molto male, non riuscivo a sopportarle. I medici mi avevano dato un mese di vita. Ero disperata, avevo un marito, due figlie e la mia vita doveva concludersi in così breve tempo. Tramite una mia carissima amica ho saputo che in un centro di Pavia si effettuavano cure particolari mediante l’ipertermia, che potevano essermi di aiuto. Mi sono aggrappata a questa speranza, non avevo altre alternative. Ho iniziato a sottopormi all’ipertermia dal professor Pontiggia, facevo una seduta al mese, della durata di un’ora e mezza. La terapia non è invasiva e appena finito la seduta me ne ritornavo a Camaiore. Ho seguito la cura per un anno, prendevo anche i medicinali che mi aveva prescritto il mio oncologo. A distanza di un anno ho ripetuto la Tac e le metastasi erano sparite, ero guarita. Poi ho cominciato la terapia di mantenimento per l’ipertermia: una seduta ogni sei mesi. Da nove anni sto bene, conduco una vita normale, sono attiva, faccio i miei controlli regolarmente, prendo sempre le medicine ed è tutto a posto. Se penso che mi avevano dato un mese di vita, devo proprio dire che l’ipertermia mi ha salvato la vita”. Un libro per saperne di più L’ipertermia è un metodo di cura basato sull’innalzamento artificiale della temperatura del corpo in maniera da “bruciare” le tossine e le cellule cancerogene in esso contenute. Per conoscere meglio questa metodica Paolo Pontiggia, uno dei massimi esperti di ipertermia, ha scritto un libro “Curare con il calore: la terapia dolce dei tumori” (Edizioni Macro). Oltre a illustrare i recenti risultati ottenuti dall’ipertermia applicata alla lotta al cancro, l’autore illustra pure le terapie biologiche: l’immunoterapia e l’uso di determinate sostanze naturali in ambito oncologico, come interferone, tossine batteriche, derivati timici. Ampio spazio viene dedicato alle raccomandazioni dietetiche e al ruolo della dieta nell’andamento della malattia. Altri capitoli riguardano l’influenza dell’ambiente sullo sviluppo dei tumori, i problemi relativi alla genetica, i rapporti tra lo sviluppo moderno della medicina e la logica industriale che orienta molte delle scelte che vengono effettuare in oncologia, ma anche in altri settori della medicina.
Saluti da Giovanni
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