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Elisabetta
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Inserito il
23/05/2005
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Re: Radioterapia
Molto tempo fa avevo scritto per il mio caso leiomiosarcoma, non ho avuto risposta perché il sito non è a contatto con i centri che di ricerca o praticano la terapia. Vedendo che non avevo nessuna risposta ora faccio sedute di ipertermia vicino a Pavia, dopo un anno e mezzo che non avevo mai avuto nessun miglioramento con le solite terapie, chemioterapia, chirurgia e radioterapia ora ci vedo chiaro la terapia funziona, nel suo caso questa terapia è indicata.
L’ipertermia è un trattamento antitumorale non tossico sul midollo osseo, non invasivo, non teratogeno e può essere associato utilmente ad altre terapie oncolgiche di cui potenzia l’effetto. E’ fuori di dubbio che il calore, a temperature superiori a 40°C, agisca sinergicamente con le radiazioni e con i farmaci antiblastici. Vediamo come la radioterapia non è in grado di agire, cioè incontra radioresistenza, quando la cellula di trova in fase S (o di duplicazione del DNA) oppure quando versa in stato di ipossia, condizioni pressoché costanti nei tumori.
In tali fasi la cellula neoplastica si è invece dimostrata particolrmente sensibile all’azione letale del calore.
Da questa considerazione scaturisce il concetto di associare radioterapia ed ipertermia in quanto il calore agisce durante le fasi in cui vi è, per le ragioni su esposte, radioresistenza fisiologica, ed inoltre esso ostacola i meccanismi del danno cellulare indotto dalla radiazioni. Il pratica la neoplasia può essere efficacemente colpita nel suo strato periferico dalle radiazioni inonizzanti e nel meno perfuso ed ossigenato centro, nella zona ipossica radioresistente, dall’ipertermia.
La combinazione radioterapia-ipertermia permette perciò di usare un numero minore di rad per ottenere lo stesso effetto citoriduttivo. Sinergismo analogo esiste anche con alcuni farmaci citotossici (adriamicina, bleomicina, ciclofosfamide, cisplatino, mitomicina C, nitrosuree). Metotrexate, 5-FU, vincristina, vinblastina non sembrano presentare invece un particolare potenziamento d’azione con il calore. Il meccanismo d’azione di tale potenziamento consisterebbe in un sinergismo degli effetti lesivi di farmaco e calore a livello delle membrane cellulari (per il cisplatino) o in una coazione lesiva del complesso farmaco-ipertermia sui processi enzimatici di riparazione del DNA. Non è quindi ancora chiaro il meccanismo d’azione dell’associazione, né è facile interpretare i risultati sperimentali poiché gli agenti antiblastici somministrati insieme al calore possono dimostrarsi più efficaci semplicemente perché l’ipertermia elimina una popolazione neoplastica normalmente chemioresistente e non proliferante.
Per associazione con i chemioterapici si intende anche l’uso contemporaneo al calore di fattori antiblastici che si dimostrano sinergici con esso in vitro e nell’animale sperimentale. L’energia necessaria alla distruzione cellulare per azione diretta del calore è di circa 140 Kcal/mole. In associazione con farmaci antiblastici questa energia di riduce a 20-37 Kcal/mole. Tra i tumori di più ampia diffusione sembra siano particolarmente sensibili al trattamento ipertermico gli epiteliali del polmone, dell’ovaio, del colon-retto, i tumori del collo e della faccia, le recidive e le metastasi da melanoma, i sarcomi dell’osso e della parti molli.
In base a risultati nostri e di altri ricercatori, possiamo affermare che la termoterapia trova già oggi una sua indicazione precisa in quei tumori nei quali non è possibile l’intervento chirurgico con ragionevoli prospettive di radicalità e nei quali i trattamenti chemio e/o radioterapici si sono rivelati insoddisfacenti. L’effetto di stimolazione immunitaria appare estremamente interessante e può essere potenziato e modulato con l’utilizzo razionale di farmaci che vengono impiegati sempre più spesso nella terapia dei tumori. Siamo oggi in grado non solo di aumentare la durata della sopravvivenza ma, soprattutto, di migliorare la qualità di questa sopravvivenza, utilizzando tecniche e sostanze meno aggressive nei confronti dei tessuti normali e selettivamente attive sui tessuti neoplastici. Stiamo cercando di operare un cambiamento da terapie basate su chemioterapici, chirurgia radicale e radiazioni (tutte pratiche distruttive sia per i tessuti neoplastici che per i tessuti sani, incluso il midollo osseo e il sistema immunitario) a terapie e metodi che rispettino l’integrità dell’organismo. In questo programma la termoterapia ha un ruolo di rilievo. Un tentativo razionale di stimolazione del sistema immune (eventualmente favorito dal riassorbimento dei prodotti di necrosi liberatisi con la termoretapia) dovrebbe cercare di interferire con la risposta immunitaria a vari livelli del suo sviluppo. Su queste basi noi oggi usiamo la chemioterapia
(con schemi e modalità di somministrazione, ad esempio via intra-arteriosa selettiva, che non siano immunodespessivi),
in aggiunta alla termoterapia e successivamente un’immunoterapia attiva specifica.
Pensiamo che i risultati ottenuti indichino già l’efficacia di questo trattamento. In futuro l’utilizzo di fattori che determino ipossia ed acidosi a livello tumorale (legature di vasi arteriosi, acidosi metaboliche) ed eventualmente farmaci termosensibilizanti potranno accrescere ulteriormente le nostre possibilità nel trattamento dei tumori localizzati. Oltre a queste associazioni farmacologiche pensiamo che un innalzamento, comunque ottenuto, della temperatura corporea possa facilitare il raggiungimento di un livello termico che sia effettivamente necrotizzante nei riguardi della cellula neoplastica.
La dimostrazione che dopo adeguato riscaldamento si ottiene una occlusione selettiva della microvascolarizzazione del tumore induce a pensare che acidosi, ipossia e calore siano sinergici nell’ottenere un danno tissutale che esita in necrosi del tumore.
Uno dei maggiori ostacoli che oggi incontriamo è infatti quello di un adeguato riscaldamento della massa sita in profondità. Per tale motivi non è assolutamente possibile, in via preventiva, determinare la sensibilità al trattamento di un determinato tumore. Alcuni autori affermano che i tumori più piccoli si riscaldano meno (a causa della loro vascolarizzazione ancora soddisfacente). Le nostre personali esperienze non confermano questo dato con buona risposta di tumori di varie dimensioni. Sommariamente possiamo affermare che un tumore profondo può essere riscaldato a sufficienza mediante alcuni artifici (refrigerazione degli elettrodi, porte d’entrata multiple, ecc.). Tuttavia in prospettiva appare insispensabile l’utilizzo di meccanismi fisici, farmacologici o metabolici di sensibilizzaione termica (compresa l’associazione con ipertermia sitemica).
Per ottenere in futuro risultati costanti e prevedibili è necessario che si approfondiscano le nostre conoscenze sui rapporti specifici tra ipertermia, radiazioni ionizzanti, chemioterapici e immunomodulatori. E’ possibile infatti che particolari sequenze terapeutiche ci consentano di migliorare in maniera sensibile l’efficacia di ognuno di questi strumenti terapeutici.
* Prof. Paolo Pontiggia Dott. Elisabetta Pontiggia CENTRO DI IPERTERMIA Via Trieste 4/F 27010 SAN GENESIO ED UNITI (PV) Tel. 0382/580185 Fax. 0382/580935 E-mail: info@ipertermia.org
Associazione Europea di Ipertermia (Assie) tel 0381.329752 – fax 0381.329758
Cordiali Saluti da Elisabetta
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