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marta

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Carcinoma colorettale


Segnalo un articolo di ricercatoridell'Universita'di Padova
(Mario Lise et al.),secondo cui ilrischio metastatico puo' essere valutato
dall'analisi del tumore primitivo
marta
Base di partenza scientifica nazionale o internazionale
ASPETTI CLINICI DEL CARCINOMA COLORETTALE
Il carcinoma colorettale rappresenta la seconda causa di morte per neoplasia nei paesi occidentali. Nonostante sia altamente curabile se asportato nelle sue fasi iniziali circa la metà dei pazienti muore per la presenza di metastasi spesso occulte al momento della diagnosi iniziale. Il fegato rappresenta la sede più frequente di disseminazione metastatica. In particolare nei pazienti con carcinoma del colon-retto, metastasi epatiche sono presenti nel 15-25% dei pazienti alla diagnosi iniziale e rappresentano il 75% delle recidive dopo asportazione del tumore primitivo (1). Il coinvolgimento metastatico del fegato rappresenta quindi il maggiore determinante della sopravvivenza. Nel gruppo di pazienti con metastasi linfonodali (III° stadio TNM) la chemioterapia adiuvante rappresenta attualmente un trattamento standard ad elevato effetto costo-beneficio ed è in grado di ridurre la mortalità di circa il 30% (2-4). Circa il 50% dei pazienti con carcinoma del colon-retto si presenta alla diagnosi con linfonodi esenti da metastasi (I° e II° stadio TNM) (5); circa il 20% di questi pazienti va incontro a recidiva e muore entro 5 anni dalla diagnosi iniziale (6). I risultati di "pooled analysis" indicano che la chemioterapia adiuvante potrebbe essere efficace anche nei pazienti con linfonodi esenti da metastasi (3;7). Questo trattamento, comunque, non è attualmente utilizzato come standard. In questo ambito, è pertanto di grande importanza identificare fattori molecolari in grado di individuare il sottogruppo di pazienti con tumori a più elevato rischio metastatico e che potrebbero quindi beneficiare del trattamento chemioterapico neoadiuvante, risparmiando invece tale trattamento con relativa tossicità e costi sanitari ai pazienti a basso rischio metastatico. Nonostante studi di biologia molecolare abbiano permesso di identificare specifiche pathways implicate nella formazione e progressione del carcinoma colorettale, nessun marker molecolare è attualmente disponibile per la valuatzione del rischio metastatico di queste neoplasie ed il giudizio prognostico viene posto esclusivamente in base ai criteri clinico-patologici tradizionali.
ASPETTI CELLULARI E MOLECOLARI DEL PROCESSO METASTATICO
La cascata metastatica è un processo a tappe multiple (8-10). Fra le proprietà che devono essere possedute dalle cellule metastatiche, vi è l'abilità di staccarsi dal tumore primitivo, entrare nel circolo sanguigno degradando la matrice extracellulare, la capacità di sopravvivere alla risposta immunitaria, la capacità di aderire alle cellule endoteliali dei vasi negli organi bersaglio. E' ovvio quindi che il successo del processo metastatico dipende dall'azione coordinata di diversi geni. Per lungo tempo si è creduto che le metastasi prendessero origine da un piccolissimo numero di cellule presenti nel tumore primitivo con fenotipo metastatico. In accordo con questa ipotesi, la potenzialità metastatica di un determinato tumore non potrebbe essere determinata sulla base dell'analisi del tumore primitivo in quanto costituito per la quasi totalità da cellule con fenotipo non metastatico. Questa ipotesi è stata recentemente rovesciata dai dati di uno studio (11) che dimostra la possibilità di identificare il rischio metastatico in tumori primitivi di diversa origine istologica mediante lo studio del profilo di espressione genica.
ANALISI DEL PROFILO DI ESPRESSIONE GENICA MEDIANTE TECNOLOGIA MICROARRAY
La tecnologia microarray tramite l'utilizzo contemporaneo di un arrayer (robot in grado di seminare con precisione un elevatissimo numero di campioni di DNA sulla superficie di un vetrino da esaminare), uno scanner (microscopio confocale in grado di leggere tramite laser la presenza dei campioni marcati con traccianti fluorescenti) e di una piattaforma di programmi informatici per la normalizzazione ed interpretazione delle informazioni acquisite, permette di analizzare contemporaneamente il profilo dell'espressione di migliaia di geni nel corso di un singolo esperimento consentendo di studiare le interazioni tra i vari geni e l'associazione tra specifici loci genetici e tratti fenotipici (12-14). La tecnologia microarray rappresenta quindi uno strumento utilissimo per decifrare i complessi meccanismi di interazione fra geni implicati nei meccanismi che stanno alla base della progressione in senso metastatico come la trasmissione del segnale, la regolazione del ciclo cellulare, l'apoptosi, il riparo del danno, la neoangiogenesi, lo scattering, l'adesione e l'attività proteinasica.
IDENTIFICAZIONE DEL RISCHIO METASTATICO MEDIANTE LO STUDIO DEL PROFILO DI ESPRESSIONE GENICA
L'analisi del profilo di espressione genica mediante tecnologia microarray in 64 tumori primitivi e e 12 metastasi di diversa origine istologica (mammella, prostata, medulloblastoma) ha permesso di identificare gruppi di geni che sono differenzialmente espressi nelle metastasi, indipendentemente dal tipo istologico di origine (11). Inoltre, alcuni tumori primitivi hanno dimostrato un profilo di espressione genica simile a quello delle metastasi. Questi tumori sono quelli che nel follow-up erano significativamente associati allo sviluppo di metastasi. I dati che emergono da questo studio sono particolarmente rilevanti in quanto indicano che il rischio metastatico può essere valutato dall'analisi del tumore primitivo e che non dipende solo dalle caratteristiche delle cellule neoplastiche ma anche da quelle dell'ospite. In questo studio intendiamo focalizzare l'analisi di espressione genica su di uno specifico tipo istologico (carcinoma colorettale) al fine di identificare la firma molecolare associata al rischio metastatico in questo tipo di neoplasie.
ANALISI DEL PROFILO DI ESPRESSIONE PROTEICA PER L'IDENTIFICAZIONE DI TUMORI UMANI
Un approccio innovativo per l'identificazione della presenza di neoplasie è rappresentato dallo studio del pattern di espressione proteica nel siero. Uno studio pubblicato dal gruppo di Lance Liotta presso il National Institutes of Health, Bethesda, USA (15) riporta che mediante l'analisi del siero utilizzando un particolare spettrofotometro "surface-enhanced laser desorption and ionization time-of-flight, SELDI-TOF" è stato possibile identificare soggetti con carcinoma dell'ovaio con una sensibilità del 100% e specificità del 95%. Questa tecnica è basata sull'identificazione attraverso strumenti bioinformatici di un pattern proteomico che caratterizza la presenza di una neoplasia. E' ipotizzabile che questa metodica possa permettere di identificare anche i soggetti a più elevato rischio metastatico. Il gruppo del Coordinatore Nazionale possiede una ampia collezione di sieri di pazienti con carcinoma colorettale con e senza metastasi epatiche ed ha stabilito una collaborazione con il gruppo di Lance Liotta per l'analisi di campioni di siero da soggetti con diversi tipi di neoplasia.
ANALISI FOSFOPROTEOMICA
Le proteinchinasi rappresentano importanti bersagli terapeutici e la loro attivazione aberrante è responsabile di diversi processi patologici ed in particolare del cancro. La fosforilazione post-traduzionale che rappresenta un marker surrogato dell'attività chinasica non può venire misurata direttamente mediante l'analisi di espressione genica con tecnica microarrray. Utilizzando la microdissezione laser ed un nuovo tipo di microarray proteico, il reverse phase arrays è possibile ottenere un profilo del livello di fosforilazione delle diverse vie che regolano i segnali cellulari (Paweletz et al. Oncogene 2001).
LE METALLOPROTEINASI DELLA MATRICE NEL CANCRO E NELLE METASTASI
Oltre agli approcci basati sullo studio di complessi profili di espressione genica o proteica, anche lo studio dei livelli di espressione di singoli geni può fornire importanti informazioni sul rischio metastatico nel cancro del colon. Tra i geni che possono svolgere un ruolo nel processo metastatico, quelli che codificano metalloproteinasi della matrice (MMP) e loro regolatori meritano una particolare considerazione. Tra le MMP, vanno annoverate la MMP-2 (o gelatinasi A), la MMP-7 (o matrilisina), la MMP-9 (o gelatinasi B). Questi enzimi provocano la degradazione di componenti della matrice extracellulare; un evento cruciale nel processo di invasione tumorale e metastatizzazione (16), facilitando la diffusione delle cellule tumorali, ma anche aumentando la biodisponibilità di fattori di crescita associati alla matrice (17). L'attività delle MMP è il risultato del bilancio tra i loro livelli di espressione e quelli dei loro inibitori, come la TIMP-2 (tissue inhibitor of metalloproteinase-2) (18). Un ulteriore livello di regolazione di queste importanti attività enzimatiche è costituito dai sistemi di attivazione delle MMP. A tutt'oggi sono stati proposti due principali candidati quali attivatori di gelatinasi: le "membrane type MMP (MT1-MMP) (19) e la cascata enzimatica attivatore del plasminogeno tipo urokinasi (uPA/plasmina) (20). I livelli relativi di espressione delle MMP e delle molecole che ne regolano l'attività possono avere valore predittivo del decorso della neoplasia.
LE GLICOSILTRASFERASI NEL CANCRO E NELLE METASTASI
La glicosilazione è una delle più frequenti modificazioni posttraduzionali delle proteine. Nel considerare "firme molecolari" associate al rischio metastatico è opportuno considerare, oltre ai pattern riguardanti l'espressione genica e proteica, anche le modificazioni posttraduzionali. Tra queste, oltre alla fosforilazione, un ruolo importante è svolto dalla glicosilazione che, nella trasformazione neoplastica subisce profondi cambiamenti. Per esempio, l'antigene tumore-associato CA19.9 (conosciuto anche come sialil Lewis a, vedere sotto) è di natura glicidica (21). Queste alterazioni tumore-associate sono spesso la causa di alterazioni fenotipiche nelle cellule neoplastiche e, tra queste, una maggiore capacità metastatica. Alla base di questo fenomeno c'è spesso una alterazione dei meccanismi di adesione cellulare. Un ruolo particolarmente rilevante nella progressione del cancro del colon è svolto dalla interazione tra E-selectina, presente sulle cellule endoteliali, e gli antigeni sialil Lewis, in particolare il sialil Lewis x (sLex), che è il principale ligando della E-selectina. Come mostrato nella Fig.1, la biosinthesi del sLex e del sialil Lewis a (sLea) iniziano rispettivamente dai disaccaridi Gal1,4GlcNAc (lattosamina) e Gal1,3GlcNAc (per le abbreviazioni vedere Fig. 1), che vengono completati dall'aggiunta di acido sialico e fucoso.
Poichè la sovraespressione di questi antigeni nei tumori non dipende da una maggiore espressione degli enzimi che li sintetizzano (22), è possibile che altre glicosiltrasferasi, anche se non direttamente coinvolte nella loro biosintesi, ne influenzino indirettamente l'espressione. Tra queste, ve ne sono almeno tre che sono espresse in maniera alterata nel cancro del colon e potrebbero indirettamente modulare la biosintesi degli antigeni sLe. La prima è una beta1,3-galattosiltrasferasi (b3Gal-T5) che monta il galattoso con legame 1,3 sulla GlcNAc, formando Gal1,3GlcNAc (23) ed è espressa a livelli molto minori nel carcinoma (24); la seconda è una 2,6 sialiltrasferasi che agisce su Gal1,4GlcNAc (ST6Gal.I) ed aumenta nel carcinoma (25) in particolare nelle forme più aggressive (26-28); la terza è una beta 1,4 N-acetylgalattosaminiltrasferasi (b4GalNAc-T) che sintetizza il determinante Sda (Fig.1). La b4GalNAc-T è espressa a livelli molto alti nella mucosa normale del colon mentre la sua espressioe è in varia misura ridotta nel carcinoma (29) ed è' molto probabile che l'attività di questo enzima blocchi completamente la biosintesi del sLex. e la sua inibizione apra la strada alla biosintesi del sLex. Diversi punti rimangono da chiarire. In primo luogo, quale è la relazione tra l'espressione degli antigeni sLea e sLex e quella di questi enzimi? Secondo, il livello di espressione di questi enzimi ha un valore predittivo del potenziale metastatico del tumore primario? Terzo, l'espressione alterata di questi enzimi che si osserva nel carcinoma dipende da specifici profili di espressione genica del tumore? Quarto, se la principale galattosiltrasferasi che sintetizza il CA19.9 (b3Gal-T5) è pochissimo espressa nel carcinoma del colon, quale è l'origine metabolica del CA19.9 presente nel siero dei pazienti?
I requisiti per raggiungere gli obiettivi delineati in questo progetto sono: 1) accesso a campioni biologici (tessuti congelati di tumori primari e di metastasi e sieri preoperatori) di casi clinici altamente selezionati (pazienti operati per tumore primario o metastasi che hanno sviluppato o non hanno sviluppato metastasi durante il follow-up). 2) Laboratori e gruppi di ricerca dedicati alla oncologia molecolare. 3) Capacità di svolgere analisi bioinformatiche di avanguardi. Le unità di ricerca (U.R.) che fanno parte di questo progetto soddisfano questi requisiti.
U.R. 1 (Dall'Olio) Questa U.R. possiede una lunga esperienza nella caratterizzazione delle glicosiltrasferasi e delle alterazioni che subiscono nella trasformazione neoplastica. Questo gruppo ha riportato per primo l'aumento di espressione della ST6Gal.I nel carcinoma del colon (25), ha identificato per la prima volta la b4GalNAc-T nei tessuti animali (30), ha riportato la ridotta espressione di questo enzima nel carcinoma colorettale (29) ed ha clonato il primo cDNA a lunghezza intera della b4GalNAc-T umana (31).
La U.R. 2 (Garbisa) ha una pubblicato contributi fondamentali nel campo delle MMP e del ruolo che esse svolgono nei fenomeni di progressione tumorale e di metastatizzazione (32-37). In particolare, ha stabilito relazioni tra l'attivazioni di MMP e progressione delle neoplasie (33;38-41), riportando che l'attività delle MMP è regolata da un complesso sitema di interazioni tra attivatori ed inibitori (20).
U.R. 3 (Lise): Questa Unità Operativa ha sviluppato una larga esperienza clinica nel trattamento delle metastasi epatiche da carcinoma colorettale. Campioni di tessuto di tumori primitivi del colon-retto e di metastasi epatiche sono attualmente conservati in una banca di tessuti congelati ed i dati clinico-patologici e di follow-up relativi ai singoli casi sono registrati su apposito data-base informatico. Questo gruppo ha inoltre intrapreso una linea di ricerca finalizzata all'identificazione di fattori molecolari con possibile significato prognostico nei carcinomi colorettali e nei tumori primari e secondari del fegato (28;42-48). Questa U.O. ha stipulato una convenzione per collaborazioni scientifiche e attivato inoltre una collaborazione scientifica con una società (Research & Innovation S.c.a.r.l. di Padova) per lo sviluppo delle biotecnologie in campo medico. Nell'ambito di questa convenzione è stato acquisito ed è funzionante uno strumento di terza generazione per l'analisi microarray. Un'altra collaborazione scientifica è attualmente in corso con il Department of Pathology del National Cancer Institute di Bethesda, USA, diretto dal Dr. Lance Liotta, dove è stata recentemente messa a punto una innovativa metodica analitica per lo studio comparativo dei profili proteici nel siero che si è dimostrata estremamente accurata nell'identificazione di pazienti con malattia neoplastica rispetto a soggetti sani ed una tecnica per lo studio dei pattern fosfoproteomici.
U.R. 4 (Trinchera) Questa U.O. ha una ottima esperienza nella biologia molecolare e nella biochimica delle glicosiltrasferasi. Questo gruppo ha identificato la b3Gal-T5 e la ridotta espressione di questo enzima nel cancro colorettale (23;24;49). Tra le competenze tecniche di questo gruppo vanno annoverate la costruzione di vettori di espressione con cDNA di glicosiltrasferasi, studi con mutanti di delezione e di sostituzione e la caratterizzazione biochimica di antigeni glicidici. <<<
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